La prima volta in cui sono apparsi una descrizione chiara e la citazione del titolo di Marketing technologist sull’Harvard Business Review risale al 2014, in un articolo dal titolo “The rise of the chief marketing technologist” di Scott Brinker e Laura McLellan.
Questo nuovo ruolo ibrido è emerso come risposta alla complessità crescente dei punti di contatto tra clienti e aziende, dato che ormai la tecnologia è diventata parte integrante dell’esperienza, e non è più “dietro le quinte” come in passato.
Le ragioni di un ruolo: la crescita del peso della tecnologia nel marketing
Ormai la tecnologia è un elemento fondamentale della customer experience e una componente cruciale del lavoro del marketer. Il “tecnicismo”, un tempo snobbato, è diventato parte del lavoro di chi è responsabile della customer experience (CX), con un legame molto più marcato con la user experience (UX) che è storicamente è invece sempre stata un dominio dello sviluppo e del software design. Le persone che si occupano di marketing e di comunicazione devono ora diventare più aperte alla sperimentazione e alla lettura dei dati, pronte a cambiare le proprie scelte in corso d’opera, a fronte di informazioni che giungono dal cliente e dagli strumenti analitici.
Nel frattempo, la marketing technology (o martech) oggi è diventata una vera e propria industria informatica e cresce enormemente nel numero di tipi di soluzioni e nell’ampiezza dell’offerta.
La sua accresciuta rilevanza è particolarmente tangibile se si va ad analizzare l’evoluzione del mercato, sia come numero di soluzioni in commercio sia come investimenti da parte delle aziende utilizzatrici. Si stima che valga 90 miliardi di dollari in USA, con una previsione di crescita per il 2022 fino ai $122 miliardi, e ci si aspettano grandi sviluppi e un aumento di acquisizioni da parte dei principali vendor di tecnologia.
In un contesto come questo, la tecnologia deve essere punto di arrivo, e non di partenza, ma allo stesso tempo acquista un peso crescente trasversale, che richiede alle organizzazioni una governance dei budget e delle scelte tecnologiche: dato che oggi l’accesso all’acquisto delle soluzioni as a service è potenzialmente aperto a tutte le aree aziendali, occorre coordinarsi per evitare duplicazioni.
Per questo il marketing e l’IT hanno ricevuto una forte spinta a trovare nuovi punti di contatto, dato che nessuno dei due, nella propria tradizionale accezione, è più in grado di coprire a pieno le nuove necessità. La Martec’s Law dello stesso Scott Brinker afferma che la tecnologia cambia in modo esponenziale, e quindi estremamente veloce, mentre l’organizzazione cambia in modo logaritmico, molto più lentamente.
Fonte: Scott Brinker, https://chiefmartec.com
Chi è e cosa fa il Marketing Technologist
La figura del marketing technologist, al di là della sua possibile collocazione organizzativa, deve essere una persona in grado di facilitare e abilitare il raggiungimento della promessa della tecnologia per il marketing, che è quella di “realizzare esperienze, valore e utilità contestualmente rilevanti, nel momento più appropriato nel ciclo di vita del cliente, attraverso il punto di contatto preferito” (Forrester Research). Una promessa impossibile da realizzare senza tecnologia e altrettanto impossibile da raggiungere solo con la tecnologia.
Quello del responsabile della martech è dunque un ruolo trasversale, coinvolto in processi che, in linea con l’evoluzione del business, devono mixare competenze che prima erano divise in dipartimenti diversi.
E’ richiesta dunque un’importante capacità di relazione, una sorta di intelligenza organizzativa volta a non dare l’idea di voler invadere gli ambiti dei colleghi.
L’obiettivo è favorire l’avvicinamento di due mondi per molto tempo lontani come il marketing e l’information technology, con il rischio di diventare impopolari presso uno di questi due dipartimenti piuttosto che addirittura entrambi: quando viene creata per l’occasione un’entità organizzativa a parte, questa può essere vista come corpo estraneo.
Si tratta di un delicato equilibrio: il marketing technologist dovrà dimostrare ogni giorno di essere un facilitatore, un supporto al dialogo e uno stimolo al miglioramento che rispetta però le competenze degli altri, e non un guru che vuole imporre la propria visione.
E’ altrettanto importante restare agganciati al resto dell’organizzazione: per fortuna e purtroppo la marketing technology ormai va oltre i confini della classica attività di marketing e non è nemmeno solo un’attività di tecnologia, è invece un modo per garantire che la customer experience sia sempre coerente, anche attraverso gli strumenti di ingaggio con il cliente che l’organizzazione ha messo in pista. Dal momento però che la customer experience è frutto di tutti gli ingranaggi dell’impresa, dal primo all’ultimo, è fondamentale che il marketing technologist sia costantemente al corrente delle evoluzioni di tutti i processi, compresi quelli che apparentemente sono lontani dal proprio scopo.
Per questo, deve fare in modo di dialogare quanto più possibile con tutti i diversi interlocutori, che possono essere fonte di ispirazione e di correzione per il proprio lavoro, e aiutarli a leggere la loro quotidianità attraverso le lenti della prospettiva del cliente.
Le relazioni saranno importanti anche per garantirsi di avere forze e mezzi, propri e del resto dell’organizzazione, per dare seguito ai pensieri strategici e anche all’operatività. Le suite di marketing technology non hanno costi banali né in termini di prezzo né per quanto riguarda la mole di lavoro da svolgere che comportano. Gestirle in modo troppo artigianale e con soldi e competenze insufficienti significa creare una spirale di mancati ritorni e di costi sempre crescenti. In particolare, non va mai sottovalutato nel disegno e nel monitoraggio l’effort di gestione ordinaria che viene dopo lo startup iniziale.
L’importanza di avere un metodo
Sul piano metodologico, le persone sono il punto di partenza di tutti i ragionamenti, non bisogna mai iniziare le scelte dalle tecnologie. Una volta individuato il target, prima di arrivare ad una scelta tecnologica è fondamentale capire quali sono gli obiettivi da raggiungere e la strategia che porterà lì. In realtà, tutta l’organizzazione si deve muovere verso una visione cliente-centrica; per questo il marketing technologist è un evangelista di tale cambiamento e ne deve padroneggiare perfettamente le metodologie operative, innovando all’intersezione di esperienze e operazioni, lanciando rapidamente nuove offerte e quindi migliorandole al volo.
Tra le varie metodologie da conoscere in modo solido c’è sicuramente il customer journey mapping, che permette di vedere davvero come il cliente vive il brand durante tutte le diverse fasi della sua interazione con l’azienda e il suo prodotto. Questa metodologia inoltre favorisce l’individuazione di tutte le aree coinvolte e delle priorità aziendali, mettendo come chiave di lettura l’importanza per il cliente, da incrociare con lo sforzo richiesto all’organizzazione.
L’azienda che vuole essere competitiva oggi deve andare poi verso un modello di insight-driven company, in cui non solo c’è sensibilità per il dato ma dove quest’ultimo deve essere anche un motore verso l’azione, sfruttando tutti i tool disponibili oggi per l’engagement. C’è molta tecnologia di marketing in questo disegno e questo rende cruciale il ruolo del marketing technologist, che deve essere pienamente padrone di tutti questi concetti per potersi orientare in un contesto di scelte tecnologiche molto vasto, di richieste che arrivano in tempi sempre più brevi e nello stesso tempo della necessità di mantenere una direzione strategica coerente.
Ancora, adottare un modo di lavorare agile è di fatto un passaggio imprescindibile nella martech ma è anche qualcosa che si presta a molti equivoci, soprattutto perché di queste metodologie tutti parlano e pochi invece hanno reale conoscenza. Senza essere dei puristi del metodo, si devono trovare un insieme di buone pratiche che permettano di lavorare su intervalli temporali non troppo lunghi, pensando in grande ma scomponendo il disegno in fasi più piccole coerenti con la velocità del mercato di oggi. Inoltre, è fondamentale nella martech sperimentare molto, per capire che cosa funziona e che cosa no e in questo un metodo per sprint e iterazioni è vincente, ma chiede un cambio di mentalità, con una tolleranza al rischio ed essere disposti a fallire in fretta e imparare dai fallimenti.
Oltre alle capacità relazionali, quali skill servono?
Sul piano delle skill, la professione del marketing technologist necessariamente sta a cavallo tra due mondi, quello del marketing e quello tecnologico. Le due anime devono convivere in questo profilo e nessuna delle due competenze deve essere eccessivamente prevalente, pena la non efficacia di ruolo. Inoltre, troppa polarizzazione rende difficile parlare con una delle due parti marketing e IT in causa, mentre, soprattutto oggi che la situazione organizzativa è in divenire, chi fa martech deve essere un “traduttore ed interprete” a suo agio nella comprensione tanto del cliente che della tecnologia.
Molto importanti sono le capacità di comunicazione con persone diverse riuscendo con scioltezza a cambiare registro e terminologie a seconda del tipo di interlocutore, quella che in sociolinguistica si chiama variazione diafasica della lingua e che sarà utilissima nei progetti e nei gruppi di lavoro cross-funzionali.
In combinazione tra le capacità di comunicazione e quelle di analisi dei dati al Marketing Technologist viene chiesto passaggio in più, quello di avere la capacità di comunicare efficacemente il concetto che c’è dietro il numero, che si realizza attraverso la nuova competenza del data storytelling. Raccontare delle valide storie per trasmettere il significato dei dati è molto più memorabile, persuasivo e ingaggiante rispetto ad un’esposizione tradizionale e rende più facile muovere poi le persone all’azione di cambiamento, che è il motivo per cui si usano i dati in un’organizzazione insight driven.
Per quanto possa sembrare scontato va coltivato al meglio anche il project management, che nel caso della martech deve essere sicuramente agile ma al contempo anche adeguato e personalizzato per il contesto rispetto alla teoria canonica, in modo da essere in grado di dialogare con tutto il contesto organizzativo.
Il presente e il futuro di un ruolo emergente
La marketing technology è un ambito professionale che racchiude in sé molti tratti del mondo del lavoro del prossimo futuro.
Lo è perché abbina ad un modo di lavorare che nasce lontano dall’informatica tutta la forza di trasformazione che le tecnologie web e mobile hanno portato nella vita di tutti i giorni, senza poi contare il ruolo del cloud, dell’intelligenza artificiale, degli oggetti connessi.
Lo è perché questo cambiamento passa anche per una maggiore collaborazione fra le funzioni e un modo diverso di gestire i rapporti all’interno dell’organigramma aziendale, che richiede un ripensamento e una estensione delle skill necessarie, a partire dalla capacità di lavorare in team e di comunicare efficacemente anche tra professionisti di aree differenti.
Fino ad oggi non ci sono stati molti percorsi formativi o piani di carriera che hanno potuto preparare questa tipologia di professionisti per affrontare questo genere di sfide ma per chi saprà cogliere le occasioni con competenza e motivazione si aprono grandi opportunità.
Quale potrà essere l’evoluzione futura di questa professione? Si tratta di un ruolo destinato a restare nel tempo oppure è una figura che ha senso in un momento di transizione e cambiamento, come spesso si dice anche dei Chief Digital Officer, e poi verrà riassorbita in altre funzioni più classiche che diventeranno mature per la trasformazione digitale?
Questo genere di previsioni onestamente sono sempre più difficili da fare in un contesto mutevole e veloce come quello dei nostri giorni. Mi sento di azzardare però che la necessità di un professionista in grado di governare la tecnologia rivolta al cliente finale difficilmente potrà venire meno per un lungo periodo di tempo.
Certo, potrebbe cambiare la sua collocazione organizzativa come risultato di un processo di convergenza tra diverse funzioni e si potrà assistere ad una maggiore maturazione della cultura e delle competenze interne, riducendo molti ambiti in cui un marketing technologist oggi si fa carico anche di dare una spinta di cambiamenti anche a parte del lavoro altrui.
Non mi aspetto però che la velocità e la complessità di evoluzione di questo mondo possano diminuire: la tecnologia risolve i problemi se viene usata per affrontare le giuste questioni e se c’è l’organizzazione interna e le condizioni adatte a supporto. Viceversa, più sono sofisticati gli strumenti e più essi tireranno fuori in modo impietoso i limiti sui dati disponibili, sulle difficoltà operative, sull’inadeguatezza delle infrastrutture tecnologiche preesistenti e sulla mancanza di obiettivi chiari. Questo succede in tutti gli ambiti tecnologici, ma nella martech tale situazione diventa ancora più esplosiva e veloce a manifestarsi, dato che si parla di clienti finali e che il cambio culturale (ed organizzativo) che si porta dietro è più forte che in altri settori aziendali.