La Cina è più che mai l’occasione da non perdere per le aziende italiane del retail. Dopo il difficile 2020 della pandemia, i brand spingono per ritrovare la via della competitività e la strada passa anche per il Paese del Grande Drago. L’economia cinese sembra aver sofferto meno degli effetti della pandemia ed è stata più veloce a rimettersi in pista, con un tasso di crescita per il 2021 che gli analisti stimano intorno all’8%. È uno scenario che apre le porte a un rimbalzo dell’export italiano verso la Cina, ma andare a fare affari nel gigante asiatico non è un’operazione che si improvvisa: occorrono una strategia basata sull’analisi dei dati e un consulente che conosca il mercato locale, come Digital Retex (Gruppo Retex). La società si pone come partner per accompagnare le aziende del retail nel percorso di affermazione in Cina grazie alla focalizzazione sull’innovazione digitale e alla specializzazione sul mercato cinese.
Ovviamente diverse aziende del Made in Italy sono già da anni presenti in Cina e stanno ora beneficiando del recupero del mercato locale, con tassi di crescita anche a doppia cifra. «Questo avviene perché si erano preparate per cogliere l’opportunità», sottolinea Nicola Canzian, Managing Partner di Digital Retex.
Who's Who
Nicola Canzian
Managing partner di Digital Retex
«Altre aziende, specialmente se piccole, hanno invece aspettato a entrare in Cina proprio per la loro dimensione. Anche queste possono trarre beneficio dalla vivacità del mercato cinese, ma non possono pensare di lanciarsi in maniera improvvisata. Essere competitivi in Cina richiede un lavoro di preparazione, analisi, verifica dei prodotti e dei concorrenti e decisioni sui canali attraverso i quali fare promozione e vendita».
La Cina è già oltre l’omnichannel
Due gli aspetti principali di cui tenere conto per un mercato come la Cina, che ha dinamiche del tutto specifiche: la digitalizzazione spinta dei consumatori e la percezione di ciò che è “attraente” molto diversa da quella occidentale.
«Sulla digitalizzazione basti tenere conto di un aspetto: la Cina è così omnicanale che di fatto la parola omnicanale non esiste», evidenzia Canzian: «un consumatore cinese può toccare 11 touch point diversi prima della decisione d’acquisto». Quali sono i consumatori potenzialmente interessati al Made in Italy in Cina? In un colosso da 1,4 miliardi di abitanti parliamo di una middle-class di circa 400 milioni di persone. Un mercato ricco ma «estremamente competitivo. Se il Made in Italy, da un lato, può trovare un vantaggio nella forte awareness che esiste per i suoi tanti prodotti B2C, dal lusso al design all’agroalimentare, dall’altro può spingere molti brand a dare per scontato che bastino il prodotto e il lifestyle italiano per avere successo. I consumatori cinesi, invece, hanno differenze culturali enormi rispetto a quelli occidentali e i prodotti italiani vanno raccontati, costruendo con umiltà la narrativa e lo storytelling. Il brand italiano non vende in Cina solo con la forza del Made in Italy: si deve adeguare alle caratteristiche del mercato cinese».
La strategia digitale che costruisce il successo del Made in Italy in Cina
Digital Retex suggerisce ai brand del retail di partire con un progetto ragionato di approccio al mercato cinese. «Bisogna essere pronti a gestire progetti in cui la componente digitale è preponderante: le piattaforme locali come TMall e Wechat vanno conosciute, capite e gestite con persone competenti. E con capitali non indifferenti», afferma Canzian.
Per esempio, l’apertura di un canale su TMall (il marketplace di Alibaba) può costare nel primo anno cifre che arrivano a cinque zeri. La competizione è serrata: sia TMall che i suoi partner – i cosiddetti TP – che gestiscono gli store dei brand lavorano sul modello del revenue-sharing e sono di conseguenza molto selettivi. «Le aziende italiane devono sapersi presentare bene tanto a Tmall quanto a questi partner», sottolinea Canzian.
Le piattaforme e i trend: è il momento del live streaming eCommerce
Ma non ci sono solo TMall (dove i brand aprono i loro store e cedono una commissione a TMall e ai suoi partner) e Wechat (la app mobile di Tencent). I canali retail in Cina sono molteplici, da Taobao (mercato rivolto soprattutto a piccoli commercianti e privati), JD.com (in cinese Jīngdōng, funziona come un maxi supermercato dell’online, compra prodotti e li rivende), RED (Xiaohongshu) e altri ancora. «Ciascuna piattaforma funziona con caratteristiche e logiche diverse; per esempio, Wechat è quasi un must, mentre canali social come RED sono importanti per generare awareness, lanciare capsule collection e fare storytelling. Questi canali non dialogano tra loro, ma si potenziano a vicenda in ottica di promozione e vendita per un brand. Va anche tenuto conto», prosegue Canzian, «che per il consumatore cinese non c’è grande differenza tra piattaforme eCommerce e piattaforme social. Noi le percepiamo come due mondi divisi ma per i cinesi comprare su Wechat o TMall è più o meno lo stesso».
Accanto a questi canali da circa un anno si è aperta in Cina una nuova occasione per i marchi, il live streaming eCommerce. Si tratta di individui, spesso influencer, che pubblicizzano e vendono prodotti in diretta su canali social o sulle loro stesse pagine ospitate nelle piattaforme dello shopping online. In Cina gli influencer hanno un peso enorme nel sostenere o lanciare un brand e indirizzare le vendite, ma il live streaming eCommerce fa un salto in avanti creando un format che è a metà strada tra l’infomercial (informazione e vendita) e lo show televisivo. Taobao Live di Alibaba è il canale più attivo in questo segmento con circa l’80% del live streaming dell’eCommerce in Cina a fine 2020. Ma sono presenti nell’arena anche Baidu, JD.com, Douyin (il nome cinese di Tik Tok) e la sua app rivale Kuaishou (alleata di JD.com). Stime di eMarketer indicano che il live streaming eCommerce in Cina vale 60 miliardi di dollari l’anno con una crescita del 100% nel 2020 rispetto al 2019 e uno share del 9% su tutte le vendite retail online.
Vademecum per entrare in Cina. Anche per le PMI
Un sintetico vademecum proposto da Digital Retex alle aziende che vogliono vendere in Cina può essere descritto da una strategia in tre passaggi. Si parte col progetto di consulenza in cui capire come funzionano i propri prodotti, come si stanno muovendo i competitor e come fare go to market. Si prosegue con un programma per farsi conoscere in Cina: ciò include gli strumenti del digital marketing, perché i brand occidentali non possono acquisire notorietà in Cina senza una pubblicità adeguata anche sull’online. Terzo passaggio: aprire e gestire punti di vendita solo dopo aver deciso attentamente quali canali utilizzare, ovvero se solo digitali o anche fisici e, tra i canali digitali, quali esattamente.
Entrare sul mercato cinese richiede un investimento importante (in media qualche centinaio di migliaia euro in tre anni), ma anche per le piccole e medie imprese esistono opportunità. Si possono condurre analisi e piccoli test, in attesa di una crescita ulteriore. Oppure ci sono aziende piccole ma che puntano tutto sul mercato cinese e possono quindi indirizzare le risorse interamente su questo progetto. Qualunque sia l’obiettivo, Digital Retex ha costruito insieme all’ICE il marketplace Pavilion Italia che affianca le PMI e permette loro di proporsi al mercato della Cina tramite Wechat con budget alla loro portata. E anche questa un’occasione da non perdere.