La piramide di Maslow, un ricordo universitario sepolto sotto strati di polvere e ritrovata qualche settimana fa in un documento di Google, era parcheggiata in un angolo della mia mente. Improvvisamente ha fatto capolino e, nel corso dei giorni, è diventata una riflessione.
Abraham Maslow ci ha spiegato che gli esseri umani, per poter percepire i bisogni complessi, devono prima soddisfare i bisogni primari: cibo e sicurezza anzitutto. Poi emergono i bisogni di relazione, autostima e riconoscimento sociale.
Gli italiani, nella pandemia, hanno seguito la piramide di Maslow
È quello che è successo all’inizio della pandemia. Assalto ai supermercati: cibo. E poi? Tanto tempo passato a leggere news sulla pandemia, ovvero capire come proteggerci: sicurezza.
Usciti dalla fase 1, la situazione è cambiata: i dati hanno dimostrato, infatti, che il primo desiderio degli italiani è stato rivedere parenti e amici: relazione. Ecco che la piramide di Maslow continua a essere valida.
La pandemia ci ha riportati al gradino più basso nella scala di questa gerarchia dei bisogni.
I brand e l’individuazione dei nuovi bisogni
Con l’inizio della fase 2 stiamo uscendo dalla base della piramide, quella a cui corrisponde la necessità di soddisfare i bisogni fisici che, se non appagati, impediscono di salire verso il soddisfacimento dei bisogni più alti. Per i brand, che oggi cercano di mantenere il contatto con il proprio pubblico, adesso inizia la parte più difficile.
Abbiamo visto come la pandemia ha riportato le persone a dover affrontare, per primi, i bisogni di base e questo ci ha costretti a fare pulizia nelle nostre menti, riassegnando dei punteggi di priorità e importanza ad attività e valori.
D’altra parte, i brand sono stati obbligati a fermarsi e hanno avuto l’opportunità di rallentare e riflettere su chi sono, su quali sono i loro punti di forza, su cosa puntare per fare la differenza, cosa lasciare andare e cosa tenere di ciò che erano prima. Non solo: hanno compreso anche quanto sia importante rimanere in sintonia con il proprio pubblico, rispetto alla soddisfazione dei bisogni di base.
Prendiamo il settore food, quello che meglio rappresenta la base delle necessità primarie: Esselunga ha dimostrato la sua gratitudine verso i suoi dipendenti ma anche verso i suoi clienti con un video, Tesco con #foodlovestories li ha direttamente coinvolti per realizzare uno spot, Paluani ha continuato la sua strategia su instagram usando l’ironia anche in un momento difficile come il lockdown, mentre la Nutella con l’hashtag #vasettochallenge ha coinvolto la sua community nel riutilizzare il vasetto nelle forme più creative, mentre il Paese era costretto a restare a casa. Coca-Cola ha, invece, fatto una scelta diversa sospendendo, ma comunicandolo, tutta la pubblicità e donando in Italia 1,3 milioni di euro a Croce Rossa Italiana assieme a Cesare Cremonini toccando il “bisogno di sicurezza”.
Già prima della pandemia emergeva una forte esigenza di autenticità da parte degli utenti, soprattutto i più giovani. La pandemia ha accelerato questa esigenza.
I brand si trovano a dover scavare più a fondo nei propri valori e nel proprio DNA per trovare una sintonia con i clienti incentrata sul fornire una visione: sul valore delle relazioni del domani e di come sarà l’autorealizzazione in futuro.
E non è affatto banale perché molti, durante il lockdown, hanno scoperto nuovi lati di se stessi: i sociali hanno capito che possono trovare autorealizzazione anche in attività solitarie; gli shopping addicted si stanno chiedendo cosa sarà lo shopping domani; gli introversi hanno scoperto il desiderio di socializzare e di abbracciare le persone.
Le nuove strategie dei brand: “Riguadagnare una dimensione più umana”
Che ne siano consapevoli o no, i brand fanno cultura e non possono chiamarsi fuori dalla conversazione. Devono soddisfare i desideri senza dimenticare che il modo in cui consumiamo ha un impatto etico e filosofico, azione che va molto oltre il mero gesto di acquisto. Corepla, il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica, ha usato l’ironia per continuare a veicolare il suo messaggio sull’importanza del riciclo mentre Giorgio Armani ha scritto la lettera in cui ammette che, questo periodo è un’occasione per “riguadagnare una dimensione più umana” e rallentare il ritmo insostenibile della moda. Infatti, ciò che sta emergendo da questo periodo eccezionale, è una riflessione che il mondo della moda sta facendo su se stesso, sul concetto di lusso e di eleganza, sulla velocità che è stata imposta alla creatività e su come questa abbia, alla fine, “svalutato” il concetto stesso di lusso.
Ci si è resi conto che mentre gli utenti parlavano di slow down, sostenibilità ed eticità nella moda, il treno in corsa cavalcava superficialmente questi trend ma restava legato al ritmo forsennato imposto dalle fashion week e dalle capsule collection – le collezioni di moda in edizioni limitate. Ritmi dettati anche dalla velocità con cui i social media hanno obbligato i brand a produrre tanto, tantissimo materiale di comunicazione e quindi tante, tantissime idee e collezioni. Ora si riflette su cosa è la moda, su cosa sia il lusso e su come ripensare la stagionalità delle collezioni. Non è affatto banale anche perché non è possibile non considerare le implicazioni economiche di questo slow down.
Ora stiamo risalendo la “piramide di Maslow”, questa gerarchia dei bisogni, e i brand possono aiutarci non solo a soddisfare le nostre esigenze, che pian piano torneranno a essere sofisticate, ma a elevare i nostri sogni.
Quello che resta da capire, forse da scoprire, è se davvero andiamo verso un mondo in cui l’autorealizzazione e il bene comune possano coesistere e dove la creatività possa portare quella bellezza che ci era stata promessa per salvare il mondo, come ha suggerito Giorgio Armani. Oppure se, una volta usciti dal lock down, la forza che ci rapisce nella spirale del fare, ci farà mettere di nuovo in secondo piano il pensare e ci condurrà ad applicare di nuovo le logiche e le dinamiche a cui eravamo abituati.
Di certo abbiamo compreso che è cambiato il mondo attorno a noi, siamo cambiati noi e questo ci dà l’opportunità di costruire un futuro diverso.