Largo consumo e grande distribuzione: si chiamano così perché “ce n’è per tutti”, lo dicono i termini stessi. Mentre da marzo del 2020 è accaduto proprio di dover riflettere sul fatto che supermercati e negozi di alimentari non erano accessibili a tutti a piacimento, tra ingressi contingentati, accessi consentiti a una sola persona per nucleo familiare, dispositivi di protezione, con il consiglio di fare in fretta e molto altro. Di pari passo abbiamo assistito alla crescita degli acquisti online anche di cibo e bevande. Valentina Lanza, Responsabile Comunicazione di FICO Eataly World Food, ne ha parlato al Web Marketing Festival 2021, raccontando anche come di conseguenza sia cambiata la strategia di food content marketing dei marchi italiani.
Who's Who
Valentina Lanza
Responsabile Comunicazione di FICO Eataly World Food
Gli assi cartesiani delle scelte d’acquisto dei consumatori in ambito food: tempo e denaro
Secondo Lanza, il rapporto con il cibo e le scelte d’acquisto alimentare sono legate a doppio filo con due variabili: il costo e il tempo.
Negli ultimi 20 anni il tempo medio passato dagli italiani in cucina per preparare i pasti da portare in tavola era calato da 1 ora a meno di 37 minuti al giorno; nel 2021, il 30% degli italiani dice che vuole continuare a passare più tempo in cucina.
Cosa è accaduto nel mezzo? Ovviamente, la pandemia da Covid-19, un vero stravolgimento di abitudini e costumi, anche a livello alimentare, sociale e… culinario.
«La pandemia ha cambiato molto anche il modo di approcciarci al cibo: Natale e Pasqua in videocall, aperitivi su Teams, accesso al supermercato contingentato, preparazione di cibi che prima compravamo pronti», afferma Lanza, che da 15 anni ricopre ruoli in ambito Marketing per aziende di food, appassionata del cibo inteso come approccio sociale, di scelta degli utenti, come vera identità culturale, soprattutto per gli italiani.
Nel 2021, Nomisma-Coop calcola che ci sarà una flessione del 2,6% della GDO fisica, a favore dell’online e dei negozi di prossimità. La spesa online è infatti incrementata, da marzo 2020 è passata dall’1% al 2%: è raddoppiata, quindi, tuttavia non è ancora diventata un fenomeno davvero massivo.
«Come utenti fatichiamo ancora a sganciarci dal fatto di acquistare in negozio il nostro cibo, di vederlo, sceglierlo, farci consigliare, manipolarlo – commenta Lanza –. Siamo passati dalla pausa pranzo con il cibo riscaldato al microonde dell’ufficio in 1 minuto, al fare il pane in casa. Basti pensare che nel corso del 2020, l’ingredientistica di base, come farina, zucchero e lievito, dal 2020 è cresciuta fino al 200%. E questo colpisce perché si tratta di prodotti normalmente nemmeno molto “esposti”, perché basilari e poco appealing, e che infatti erano in negativo sui consumi negli ultimi anni. Il fenomeno più eclatante in questo senso è quello del lievito, ovviamente, sempre secondo fonte Nomisma».
Come hanno reagito le aziende del food alla pandemia?
Di pari passo è cambiato inevitabilmente anche lo storytelling delle aziende durante e nella coda lunga della pandemia che stiamo ancora vivendo, e di conseguenza anche il food content marketing.
Sono almeno 5 i trend che le aziende hanno portato avanti per accompagnare i consumatori in un periodo fuori dall’ordinario:
- Dare certezze in uno scenario incerto: molti love-Brand del food&beverage hanno compreso ancora più quanto il cibo serva a confortare, a rassicurare, a darci un contesto noto in un momento di grande paura e instabilità. Il legame tra i prodotti del cuore e i momenti della nostra vita quotidiana/personale è stato uno dei leit-motiv di molte campagne in periodo di pandemia, come ad esempio “Piccoli momenti di felicità” targata Mulino Bianco;
- Cogliere eventi e fenomeni del momento, come lo stare sui balconi e cercare una valvola di sfogo outdoor semplicemente sui propri terrazzi. Un esempio è la “Rooftop challenge”, la sfida di tennis tra i tetti dei palazzi diventata virale online grazie a due ragazze che si sono riprese e hanno postato la scena sui social, ripresa da Barilla in una campagna che aveva persino Federer come testimonial;
- Mettere in relazione diretta consumatori e produttori, come fatto nel corso dello scorso anno dal Consorzio Parmigiano Reggiano, che ha messo in piedi durante il lockdown un eCommerce dove gli utenti potevano comprare direttamente dai piccoli caseifici del consorzio, imparando anche come si produce il formaggio e potendo “adottare” la propria forma prima di acquistarla. Un meccanismo di vicinanza e informazione che crea fiducia e relazione di prossimità;
- Sempre più attenzione alla sostenibilità durante la pandemia: secondo Osservatorio Immagino 2020, sono 24mila i pack di prodotto in GDO che parlano di responsabilità sociale e tutela ambientale. Problematica che resta a cuore nonostante la pandemia, anzi in virtù di essa, perché abbiamo capito la relazione tra il nostro benessere e quello del Pianeta;
- Ultimo trend è il mettere al centro l’Italia, l’orgoglio nazionale e le nostre eccellenze. Come Nutella, che ha creato una linea di barattoli con splendidi e riconoscibili paesaggi delle nostre montagne e coste.
Evoluzione e new normal nel settore food
Cosa accadrà al settore alimentare, quindi, se il mondo dovesse tornare alla normalità nel corso dei prossimi mesi? E come si devono porre le aziende del food nell’eterno binomio fisico-digitale?
«Ci portiamo a casa che dobbiamo essere più curiosi e attenti, osservare davvero i fenomeni: chi saprà farlo, riuscirà a fidelizzare i consumatori ed emergere. Martin Lidstrom, il guru del marketing, dice che ogni crisi cambia i comportamenti delle persone e se i cambiamenti durano abbastanza a lungo, diventano permanenti – chiosa Valentina Lanza –. Potranno perdere punti solo i grandi marketplace che spersonalizzano un po’ il contatto, ma la verità è che il digitale non rompe le relazioni, bisogna imparare a giocare con la relazione con l’utente finale, parlando di salute e di bontà, mostrando i produttori, i processi e la filiera, in tutta trasparenza».