Neuroscienze

Neuromarketing, il ruolo delle emozioni nella costruzione degli stimoli di comunicazione

Le neuroscienze aiutano a prevedere l’efficacia e i risultati di una strategia comunicativa. Metodi di analisi e strumenti scientifici per capire il perché di una decisione d’acquisto piuttosto che di un’altra. Il racconto della psicologa ed esperta della materia Carlotta Perlini

Pubblicato il 24 Nov 2022

Carlotta Perlini

Psicologa esperta di Neuromarketing

Emozioni nel neuromarketing

Nella nostra quotidianità prendiamo costantemente decisioni, ma siamo certi siano tutte frutto di un’attenta analisi della situazione? “Per vendere di più rivolgiti all’istintivo cervello rettile”. Oppure “utilizziamo solo una piccola parte del nostro cervello, circa il 10”.

A chiunque sarà capitato di imbattersi in massime simili, magari pronunciate da abili e carismatici oratori con l’intento di promuovere prodotti formativi per potenziare le capacità mentali. Bene, non c’è nulla di più falso… ed è la scienza a dirlo! Il cervello è un organo unico, estremamente complesso, caratterizzato da un’alta plasticità funzionale e un’elevata interconnessione tra aree. Ma come funzionano le emozioni nel Neuromarketing?

Emozioni nel neuromarketing, il cervello? È un avaro cognitivo

Seppur con diverso coinvolgimento tra strutture, ogni attività richiede l’intervento di tutto il nostro cervello. Ma è anche vero che questo è un risparmiatore di energia, in gergo un “avaro cognitivo”. Infatti, sebbene il peso del nostro encefalo equivalga circa al 2% del peso totale del corpo, esso utilizza il 20% di tutta la riserva energetica a disposizione. Inoltre, consuma il 90% di questa energia in condizione di calma e relax, investendone solo una piccola parte nello svolgimento di attività mentali consapevoli.

Questo significa che per la maggior parte del tempo il suo funzionamento avviene in modo automatizzato, senza richiedere un grande investimento di tempo ed energia.

Non a caso le neuroscienze cognitive hanno ampiamente dimostrato come la maggior parte dei nostri comportamenti, compresi quelli di acquisto, siano guidati da processi che avvengono senza la nostra piena coscienza. Tra questi, un ruolo determinante è giocato dalle emozioni.

Innanzitutto, cosa sono le emozioni? Possiamo descriverle come “stati mentali complessi, in interazione con il Sistema Nervoso su più fronti”. Sono infatti costituite da diverse componenti, più o meno accessibili consapevolmente, con funzioni specifiche e in reciproca influenza.

Penso-Sento-Agisco

Per secoli, lo studio del comportamento umano si è basato sulla sequenza Penso-Sento-Agisco, ovvero Decido.

In quest’ottica, gli individui agiscono spinti da principi di massimizzazione dell’utilità, guidati dalla sola razionalità verso le scelte più vantaggiose nel calcolo costi-benefici.

Si afferma la superiorità della corteccia, la porzione più recente ed evoluta del cervello, e dei processi mentali che sostiene. Al contrario, l’emozione rappresenta un elemento primitivo di ostacolo per l’ottimale presa di decisione e viene esclusa dall’ambito accademico. Una sorta di snobismo corticale, nato a partire dagli studi di Cartesio sul dualismo mente-corpo e sostenuto dai principali modelli di economia classica.

È agli inizi del ‘900, grazie allo sviluppo tecnologico che ha interessato la ricerca scientifica, che si inizia a comprendere il reale contributo delle emozioni nel processo di decisione, compresa quella di acquisto.

Sento-Agisco-Penso

Assistiamo, oggi, ad un cambio di paradigma: il comportamento umano segue dinamiche Sento-Agisco-Penso. Ovvero, “non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano”. Con il contributo del neuroscienziato Antonio Damasio, si afferma il ruolo determinante delle emozioni nel processo di scelta, tanto fondamentale che senza di esse sarebbe impossibile prendere decisioni adeguate.

Volendo semplificare: poiché alcune componenti dell’emozione sono automatiche, rapide e non volontarie, il loro intervento nel Decision Making precede i più accurati ma lenti processi di valutazione razionale.

Dunque, l’essere umano è un post-razionalizzatore: quando chiamato a spiegare il perché di una certa decisione, tende a ricostruire un percorso logico e a fornire motivazioni che poco hanno a che fare con le sue reali cause. Da qui i limiti dei metodi di analisi basati sulla sola autovalutazione, come interviste o questionari, nel prevedere i risultati di una strategia comunicativa.

Dando per assodata l’effettiva qualità del prodotto o servizio promosso, in un mercato sempre più affollato e competitivo è l’efficacia della comunicazione che lo accompagna a fare la differenza.

Garantirsi maggior opportunità di successo, andando a ridurre il margine di errore, significa tenere conto del funzionamento cerebrale e dell’influenza che le emozioni esercitano sulle preferenze dei consumatori.

Emozioni nel neuromarketing, connotare emotivamente la comunicazione

Le emozioni agiscono su funzioni cognitive come attenzione e memoria, fondamentali nella vita di tutti giorni quanto nelle comunicazioni di azienda.

Come anticipato, il nostro cervello tende al risparmio energetico e dedica all’elaborazione delle pressoché infinite informazioni che costantemente ci colpiscono una quota limitata di risorse mentali. Misurare l’attenzione, in particolare quella visiva, diventa di primaria importanza per ottimizzarla verso la giusta direzione.

Sappiamo che le emozioni catturano la nostra attenzione grazie a processi evoluti dal cervello per garantire la sopravvivenza e mantenuti senza grandi variazioni fino ad oggi.

Il nostro sguardo è spontaneamente attratto da elementi emozionali, primo fra tutti il volto umano. Connotare emotivamente la propria comunicazione garantisce una maggior opportunità di essere visti, e di conseguenza scelti. Le emozioni agiscono anche su Memoria e Apprendimento. In primis, perché è più facile ricordare stimoli ai quali abbiamo prestato attenzione. Inoltre, uno stimolo emozionale ha più probabilità di essere inserito all’interno di reti associative che il nostro cervello utilizza per interpretare la realtà. Esperienze dotate di un significato emozionale vengono ricordate più a lungo e con una più alta vividezza, influenzando il nostro comportamento futuro. Senza contare quanto i nostri ricordi sono connessi alla sfera sensoriale, anch’essa estremamente legata alle emozioni.g

Le tecniche più efficaci per misurare la risposta emotiva del consumatore

La forza del neuromarketing consiste nell’indagare le emozioni andando a quantificare aspetti non pienamente accessibili alla consapevolezza, grazie alla registrazione simultanea di parametri neurali e segnali biometrici. Effettuare test sui propri contenuti e messaggi aiuta le aziende a costruire stimoli in grado di sollecitare le risposte emotive più adatte per soddisfare i propri obiettivi. Tramite elettrodi a contatto sul cuoio capelluto registriamo la spontanea attività elettrica del cervello, per studiare la sua attivazione cognitiva.

L’elettroencefalografia (EEG) offre informazioni sullo stato mentale del soggetto durante l’esposizione ad un pack prodotto, la visione di uno spot o la navigazione su un sito web.

Similmente, elettrodi posti sulle dita della mano misurano le micro variazioni della sudorazione cutanea, quantificando la risposta galvanica della pelle (GSR) e definendo il grado di attivazione emozionale.

L’integrazione di queste due misure permette di identificare l’intensità e la tonalità (positiva-negativa) dell’emozione suscitata dallo stimolo indagato.

Il dato viene, poi, combinato con i risultati dell’Eye Tracking, ovvero l’analisi del comportamento visivo. Questa tecnica consente di tracciare con precisione lo sguardo per valutare quali elementi dello stimolo sono stati visti e attenzionati e quali invece ignorati.

Inoltre, aiuta a identificare i percorsi tipici di osservazione dello stimolo e di associare la risposta emozionale individuata tramite EEG e GSR allo specifico elemento che l’ha suscitata. In ultimo, lo studio delle micro-espressioni facciali fornisce ulteriori evidenze utili a identificare l’emozione suscitata, andando a completare e a rendere più affidabile i risultati finali.

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