Made in Italy

Cina 2020, Digital Retex: “Ecco come entrare nel mercato cinese con successo”

Il mercato cinese offre enormi opportunità di crescita, ma non ammette improvvisazioni: i consumatori locali sono esigenti e fortemente digitalizzati. Nicola Canzian, managing partner di Digital Retex, spiega come mettere a punto il piano marketing e vendite più adatto per fare business in Cina con la forza del Made in Italy

Pubblicato il 04 Dic 2019

digital retex

Omnicanalità, Made in Italy, Cina. Le imprese italiane che stanno digitalizzando i canali di vendita e guardano agli sbocchi sul mercato cinese possono trovare un partner naturale in Digital Retex (Gruppo Retex), la società focalizzata nell’innovazione del punto vendita e specialista del mercato cinese. Nicola Canzian, managing partner di Digital Retex, ci ha spiegato come le imprese di ogni dimensione possono entrare in Cina con successo.

È difficile per un’azienda italiana andare a vendere in Cina?

Il mercato cinese e quello occidentale sono profondamente diversi e questo aspetto non può essere sottovalutato. Al tempo stesso le peculiarità del Made in Italy rendono i nostri marchi e i nostri prodotti molto appetibili per i consumatori cinesi. Fare business in Cina è dunque non solo possibile ma apre grandi opportunità, sia nel segmento del lusso sia in quello che si rivolge alla nuova e crescente classe media cinese e che punta sui grandi volumi. Ma non si può pensare di andare a vendere in Cina in modo improvvisato. La Cina è un mercato complesso, culturalmente lontano e molto ambito: c’è tanta concorrenza. Per avere successo occorre un piano marketing e vendite ben strutturato.

Quale lavoro di preparazione serve?

Va svolta innanzitutto un’analisi di mercato. Occorre conoscere le normative locali e le necessarie certificazioni di settore. Va capito quale modello di accesso si vuole adottare (per esempio, cross-border o tramite una società locale), quali prodotti portare in Cina o se creare un’offerta ad hoc. Va individuata la fascia di consumatori di riferimento. Solo per evidenziare alcune differenze: nel settore alimentare, il consumo di latte in Cina è in forte crescita ma il latte è estraneo alla tradizione cinese e non può essere pubblicizzato come prodotto da colazione. Nel lusso il pubblico a cui vendere ha un’età media di 25-40 anni, non 50 e più come in Italia. Comunque parlare di media in Cina è quasi impossibile: ci sono 1,4 miliardi di persone. E 200 città con almeno 2 milioni di abitanti. I cinesi sono molto curiosi e hanno fame di brand occidentali, ma è indispensabile capire a quale fascia di pubblico parlare e attraverso quali canali: occorre capire prima come il consumatore cinese orienta le sue decisioni di acquisto. Dopo l’analisi di mercato servono il business plan e un piano marketing e di investimento coerente con gli obiettivi.

Riguardo ai canali, come funzionano l’e-commerce di Alibaba e la messaggistica di WeChat?

Per noi WeChat è un must della strategia di marketing in Cina. È una piattaforma che dichiara un miliardo di utenti: praticamente tutti gli internauti cinesi, che sono 850 milioni. Ma è molto più di una piattaforma di messaggistica. WeChat equivale ad avere Internet dentro una app sul telefono: offre una moltitudine di servizi disparati, come guardare video e ascoltare musica, ricevere le pagelle scolastiche dei figli, pagare le bollette, seguire i brand e fare acquisti. È un ecosistema che i cinesi usano in modo estensivo. Un brand in Cina non può non essere su WeChat. Ma deve capire come esserci: solo come vetrina o per vendere prodotti? Insieme o in alternativa a TMall?

TMall è la piattaforma e-commerce di Alibaba per aziende cinesi che vendono in Cina. Quindi anche per aziende italiane con una legal entity cinese?

Esatto. TMall è una delle opzioni e-commerce per la Cina. Vendere direttamente sul proprio sito è possibile ma è la modalità meno frequente. In Cina, online, si vende principalmente su TMall (o piattaforme concorrenti come JD.com) o su WeChat (che appartiene al gruppo Tencent). WeChat è ideale per creare una forte relazione con il cliente, ma di solito non esclude il canale e-commerce su Alibaba o altri marketplace. Quello che fa Digital Retex (che è partner sia di WeChat che di Alibaba) è fornire consulenza e servizi ai clienti del retail per definire il target di riferimento, il marketing mix, i canali di vendita, il budget da investire e i risultati attesi. In Cina è fondamentale che il lancio dei canali di marketing avvenga insieme ai canali di vendita per monetizzare e noi ci occupiamo sia di marketing che di abilitazione dei canali di vendita. Abbiamo chiamato il nostro programma “Road to China”: accompagniamo i brand italiani ed europei nella strada verso la Cina. Che è lontana ma raggiungibile toccando le giuste tappe.

In Cina quanto conta essere omnicanale?

Così tanto che non ha neanche senso parlare di omnicanalità. In Cina non esiste altro che l’omnicanalità, chi va in Cina pensando di usare solo il canale fisico o solo quello digitale non ha capito la Cina. Il pubblico cinese è sofisticato e digitalmente avanzato. Qui non si tratta di mandare le email con i coupon o invitare i clienti a un evento dedicato. Per fare un esempio: un brand dei profumi cinese ha lanciato una campagna online usando un mini-program di WeChat in cui ha permesso alle clienti di creare la propria fragranza personalizzata; questa veniva poi ritirata al punto vendita dopo aver scattato un selfie; il riconoscimento facciale permetteva di abbinare la cliente alla fragranza creata e di ottenere una confezione con l’etichetta personalizzata. È chiaro: la Cina non è solo questa. Ma in un paese così grande la classe media che ha accesso a opzioni del genere e con cui le imprese italiane e il Made in Italy possono dialogare include, a seconda delle stime, 280-400 milioni di persone. Questi consumatori hanno capacità di spesa e ambizione ad accedere a prodotti premium, ma vogliono un engagement digitale avanzato. È importante anche coinvolgere gli influencer, che in Cina contano moltissimo, ed è inderogabile la qualità del prodotto: il pubblico cinese è esigente.

Ma quanto costa aprire un’attività in Cina? E come rassicurare le aziende italiane sulla proprietà intellettuale?

La Cina è un mercato che richiede investimenti. Ciò detto possono farlo anche le start-up e le piccole imprese – anzi, lo hanno già fatto e continuano a farlo con successo. Ma un minimo di budget ci deve essere e qui spetta al management decidere se impegnare le risorse in questa direzione. È una scelta. Sui fake la paura è concreta, ma ci sono strumenti per proteggersi; inoltre il governo cinese e quello italiano sono molto attivi nella collaborazione per tutelare i marchi in Cina. Ma la prima e vera trappola da evitare per chi va a fare business in Cina è l’impreparazione. Il resto si supera con la conoscenza del mercato locale e con una strategia. Semplificare e improvvisare non ripaga; con un piano mirato e di lungo periodo, invece, qualunque impresa è in grado di cogliere le grandi opportunità di crescita che esistono sul mercato cinese e che premiano la qualità e l’unicità del Made in Italy.

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