L’attenzione dei consumatori sui temi della sostenibilità non è mai stata così alta: la domanda di prodotti non solo eco-friendly, ma realizzati secondo principi di equità sociale e ambientale, cresce costantemente.
Quello che ha il maggior potere di spesa oggi è un cliente sempre più consapevole dei propri comportamenti, che si sposta con modalità a impatto ambientale più contenute, che controlla la provenienza di quel che acquista, come viene prodotto e trasportato. L’influenza dei modelli di consumo sul percorso complesso verso la neutralità climatica è, dunque, non solo importante, ma cruciale.
“Se non iniziamo a consumare in modo più sostenibile, non raggiungeremo i nostri obiettivi europei del Green Deal”, dichiarava solo alcuni mesi fa il Commissario UE per la Giustizia Didier Reynders. E nei giorni scorsi da Davos 2023 è arrivata la conferma, qualora ce ne fosse bisogno, del fatto che i consumi rappresentano un elemento tra i più rilevanti del percorso di cambiamento che ci dovrebbe portare a raggiungere gli obiettivi Net Zero entro il 2050.
Davos 2023, come orientare il consumatore verso scelte più responsabili
Le aziende, e i reparti marketing in particolare, sono chiamati come mai prima d’ora a svolgere un ruolo attivo nell’indirizzare le scelte d’acquisto verso modelli più inclusivi ed etici adottando strategie, strumenti e azioni utili a influenzare positivamente il comportamento dei consumatori, spingendoli a fare scelte socialmente responsabili. Anche di questo si è parlato a Davos 2023, il meeting annuale organizzato dal World Economic Forum, che ha visto riuniti nella località svizzera 52 “big” della politica mondiale, tra capi di Stato e di Governo.
Sul sito del WEF è anche disponibile una mappa dinamica che spiega in profondità gli effetti dei diversi aspetti dei consumi (250 quelli mappati) sugli obiettivi di neutralità climatica.
I marketer? Devono diventare influencer
Da Davos 2023 arriva alle aziende il monito dei grandi della Terra: è arrivato il momento di superare le buone intenzioni sbandierate nelle pagine web aziendali dedicate alle tematiche ESG per passare a qualcosa di più concreto.
Occorre fornire ai consumatori risposte veritiere e dettagliate che soddisfino il loro bisogno di sapere esattamente quali sono le prassi e l’iter di riparabilità, riuso, riciclo dei prodotti, ma anche il loro smaltimento e l’impatto dei processi che gli stanno intorno, primi fra tutti quelli di consegna.
Ma questo forse oggi già non basta più e i marketer sono chiamati ad assumere il ruolo di veri e propri influencer, promotori e sostenitori attivi di scelte e comportamenti d’acquisto a impatto sempre più ridotto.
Una ricerca di Altroconsumo pubblicata lo scorso anno, che ha coinvolto un migliaio di persone, evidenzia come per quasi 6 consumatori su 10 (il 56%) controllare sistematicamente i requisiti di sostenibilità di quanto acquistano sia diventata un’abitudine e la metà (48%) si dice disponibile a pagare un sovrapprezzo a patto di acquistare un prodotto o un servizio realizzati con procedimenti meno inquinanti.
La comunicazione? Deve diventare azione
Per incidere sui comportamenti del consumatore, che può davvero contribuire con le proprie azioni a ridurre le emissioni inquinanti, una comunicazione aziendale efficace gioca un ruolo chiave. I nuovi paradigmi comunicativi e di marketing prevedono il coinvolgimento diretto del cliente, attraverso forme di co-creazione attiva di contenuti e messaggi.
Il consumatore non è più il destinatario dell’offerta, ma ne diventa protagonista, e questo è un passaggio chiave. La verità è che se la scelta del prodotto o del servizio migliore è anche quella più funzionale alla miglior tutela dell’ambiente, diventa anche più semplice assumere comportamenti più virtuosi ed eventualmente rinunciare a qualcosa oppure spendere di più avendo, però, la garanzia di contribuire con il proprio operato a preservare al meglio le risorse naturali del pianeta.
Ed ecco perché il consumatore è sempre più protagonista, attraverso i contenuti che produce (UCG, User Generated Content) e le sue testimonianze dirette, ma anche attraverso il passaparola.
I buoni propositi? Devono diventare best practice
Nel report rilasciato a novembre, al termine della conferenza COP27 di Sharm El-Sheik, dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, il gruppo di lavoro sul cambiamento climatico creato all’interno delle Nazioni Unite) si fa riferimento al ruolo attivo, ed essenziale, dei consumatori nell’imprimere un’accelerazione consistente alla velocità con cui raggiungeremo gli obiettivi di neutralità climatica.
Queste strategie di mitigazione sono state raggruppate in tre domini che si intersecano tra loro in ottica sistemica: norme socio-culturali, infrastruttura economica e cambiamento nei comportamenti dei singoli.
Il documento evidenzia, in particolare, il valore dell’architettura della scelte (Teoria dei nudge) come metodo per spingere i consumatori a prendere decisioni che hanno l’effetto di aiutare a ridurre le emissioni globali.
Sebbene i risultati lato domanda siano legati alla decarbonizzazione lato offerta, numerosi studi hanno dimostrato che con tecnologie e politiche innovative, e lavorando alla diffusione di nuovi modelli comportamentali, è possibile centrare l’obiettivo di ridurre di un valore variabile tra il 40 e il 70% le emissioni nell’atmosfera di gas serra (GHG).
Davos 2023: perché è importante creare un ecosistema intorno al consumatore
Le aziende hanno l’onere di “influenzare positivamente” il percorso collettivo verso la sostenibilità. La funzione marketing, in particolare, che opera come ponte tra i consumatori e l’azienda, si candida ad assumere il ruolo di principale artefice di questo cambio di rotta, guidando e dirigendo l’innovazione all’interno dell’organizzazione per garantire la coerenza dei goal di business con gli obiettivi planetari di sostenibilità superando il formalismo del Greenwashing.
Questo significa informare e diffondere buone pratiche di consumo equo e circolare attraverso lo sviluppo di contenuti, tecnologie e prodotti innovativi. Ma vuol dire anche adottare modelli di business più virtuosi, che ispirino le persone e le aiutino a realizzare un cambiamento significativo dei propri comportamenti e stili di vita.
Per raggiungere questi obiettivi ambiziosi, i professionisti del marketing dovranno cambiare il modo di lavorare e imparare a ragionare in ottica più ampia, arrivando a includere nei processi decisionali anche i partner dell’ecosistema che condividono la stessa catena del valore e che, quindi, contribuiscono a definire l’impronta carbonica complessiva del consumatore.
La verità, però, è che molti dipartimenti marketing non sono neppure coinvolti nei programmi di sostenibilità delle aziende…
I consumatori? Devono diventare attori non più spettatori
Anche i consumatori, d’altro canto, devono fare la loro parte. A loro spetta la responsabilità di informarsi meglio, prendere decisioni più consapevoli e mettere in atto comportamenti più etici e circolari.
La cultura dell’iperconsumismo e del Fast Fashion, così come la cosiddetta economia del capriccio in cui l’obsolescenza rapida, la disponibilità immediata e la convenienza dei prodotti hanno la meglio sulla tutela delle risorse naturali, ha prodotto effetti a dir poco nefasti sul clima e la salute della popolazione di intere nazioni.
Tutto questo si associa spesso a una scarsa trasparenza sulle attività di produzione, distribuzione e smaltimento, che rende il consumatore ignaro degli effetti delle sue azioni: le montagne di abiti invenduti o poco usati nel Deserto di Atacama ne sono forse l’esempio più fulgido anche se, purtroppo, non il solo.
Il marketing? Deve diventare un hub di cambiamento
Per consentire ai dipartimenti marketing di adempiere al loro ruolo di agenti di cambiamento, le aziende devono compiere un twist radicale di mindset e mettere la trasformazione sostenibile del business al cuore dei valori organizzativi.
Liberare il marketing dai KPI più restrittivi, che valutano la capacità del team di massimizzare le vendite e la marginalità, magari a scapito dell’impatto dell’attività aziendale sul pianeta o sul nostro benessere collettivo, è il punto di partenza.
Il passo successivo è attribuire a questo dipartimento il mandato di innovare, dotando la funzione marketing di competenze e strumenti adeguati a educare il consumatore per spingerlo verso le scelte più “giuste” per la collettività.
Sviluppare modelli di “innovazione partecipata”
Ragionando invece sul lungo termine, i brand potranno liberare tutto il loro potenziale se e solo se i marketer saranno in grado di collaborare con le altre divisioni, i partner di filiera e i clienti per dare spazio a modelli di innovazione partecipata che mettono non più solo il consumatore ma tutti gli abitanti della Terra al centro dei processi di trasformazione del business.
Definire e articolare un impegno interno al cambiamento di norme, stili di vita e comportamenti è necessario dal punto di vista della leadership e servirà a instillare il giusto approccio mentale in tutte le divisioni.
Accanto a questo, suggeriscono gli esperti da Davos 2023, bisognerà stabilire un obiettivo Net Zero chiaro, verificabile e basato su dati scientifici dimostrabili all’esterno dell’azienda, per garantire autenticità, sincerità e trasparenza. Tutti valori che il consumatore valuta in modo sempre più approfondito oggi, premiandoli nelle sue scelte d’acquisto.
Tradurre la promessa di sostenibilità dell’azienda in chiari obiettivi dipartimentali, inclusi ovviamente quelli per il marketing, è fondamentale. Quasi tutte le aziende si stanno già misurando su questo tema e il prossimo passo è definire nuovi KPI di marketing e soprattutto collegarli direttamente ai risultati aziendali.
Davos 2023: i programmi del WEF che puntano a creare benessere diffuso
Tornando all’idea che stiamo operando all’interno di una cultura diffusa di consumismo eccessivo, le aziende dovrebbero interrogarsi sulla loro ragion d’essere, il loro purpose, ed esaminare l’impatto del “business as usual” sulla salute del pianeta.
La traiettoria che stiamo percorrendo rispetto al riscaldamento globale, mettono in guardia da Davos 2023, ci porterà presto verso un punto di non ritorno in cui la politica o i mercati renderanno insostenibile le pratiche tradizionali. Meglio, quindi, pensare già ora a questi cambiamenti e iniziare a investire in innovazione sostenibile.
Il World Economic Forum, dal canto suo, promuove la diffusione di modelli di consumo più responsabili ed equi attraverso diverse iniziative. Vale la pena di dare un’occhiata a quelli più rilevanti:
- Consumers Beyond Waste attua una serie di progetti che aiutano ad adottare il riuso come modello di consumo su larga scala. La sua community ha ideato anche un framework e alcune linee guida per aziende e comuni, utili a definire un percorso virtuoso e valutare i progressi compiuti.
- New Frontiers of Nutrition è un’iniziativa che raggruppa esperti, ricercatori, aziende e partner pubblici del settore alimentare, e non solo, con l’intento di accelerare la disponibilità e l’accessibilità di alimenti sani.
- Future of Personalized Wellbeing è un progetto che si fonda su una community di innovatori, data expert, esponenti del mondo accademico e del settore pubblico. L’obiettivo è delineare una roadmap per l’adozione diffusa di soluzioni di cura personale e alimentazione di precisione (precision feeding).