Conoscere i clienti e soddisfare, o meglio anticipare, le loro aspettative è cruciale per creare le esperienze gratificanti che si aspettano. Da qui l’importanza per il marketing dei Customer Insights, ovvero la raccolta e l’interpretazione di dati e informazioni che consentono a un’azienda di acquisire e mantenere legati i propri clienti sviluppando una relazione di mutuo vantaggio. Si tratta in pratica di trovare l’intersezione tra gli interessi del consumatore e le caratteristiche di un marchio.
«Investire nei customer insight significa trasformare il proprio rapporto con il cliente, sfruttando machine learning e intelligenza artificiale per una sempre più spinta personalizzazione dell’esperienza e automazione delle attività» – ha affermato Federico Della Bella, Associate Partner, P4I – Partners4Innovation, Digital Customer Experience Practice.
Who's Who
Federico Della Bella
Consultant P4I, Partners4Innovation – Data Insights & Organization
Quali sono le occasioni migliori per generare Customer Insights accurati? Non c’è dubbio: sono le situazioni in cui i consumatori scelgono ed effettuano i loro acquisti, all’interno dei negozi o online. L’esperienza di acquisto è, infatti, sfaccettata, multilivello.
Non si compone solo di gesti, spostamenti, azioni sul piano della realtà fisica, ma anche di interazioni e condivisioni nel mondo online, tra social network, servizi di messaggistica e portali di comparazione dei prezzi. È una dimensione del customer journey assai più ricca di quella descrivibile dalle piattaforme tout-court di e-commerce, e che trova la sua massima espressione nelle proposizioni cross e omnicanale.
Secondo l’Osservatorio Multicanalità della School of Management del Politecnico di Milano e Nielsen, nel 2021 erano 46,1 milioni i consumatori multicanale – gli utenti che usufruiscono di servizi di eCommerce o per i quali il digitale ha un ruolo nel proprio percorso di acquisto -, pari all’88% della popolazione italiana con più di 14 anni (52,6 milioni). In sintesi, quasi tutti: lo shopping è diventato ibrido.
Di pari passo proliferano i punti di contatto digitali: come sottolinea una ricerca di Salesforce, il cliente medio utilizza in genere 10 canali diversi per comunicare con le aziende. Nonostante ciò, i clienti si aspettano un coinvolgimento su misura in tutti i canali e che le aziende comprendano non solo ciò che stanno acquistando, ma perché lo stanno facendo, oltre a come usano prodotti e servizi, e se lo aspettano velocemente. Si arriva quindi al concetto di esperienza su misura.
Bisogna dunque mettere in moto un circolo virtuoso: far sì che i clienti e i visitatori siano disposti a condividere i propri dati con il retailer, perché questi riesca a formulare una comunicazione sempre più mirata, rilevante, di valore. Un rapporto win-win, dunque, che però deve prendere le mosse dall’iniziativa dei content manager del brand. Saper accogliere i visitatori con messaggi di benvenuto, raccontare con capacità di sintesi e pertinenza il mondo valoriale racchiuso nel negozio, sfruttando lo storytelling per dare vita a una narrazione semplice e accattivante, capace di assecondare col tempo sia caratteristiche sia aspettative del consumatore, generando Customer Insights sempre più accurati.
Cosa sono e come si raccolgono i Customer Insights
Naturalmente, alla base della creazione dei Customer Insights c’è la raccolta e l’analisi dei dati scaturiti dalle interazioni dei clienti.
Qual è il modo più efficace per ottenere queste informazioni, fermo restando che la cessione dei dati, come disciplinato dal GDPR (General Data Protection Regulation), è determinata dall’espressa volontà degli utenti e dalla massima trasparenza rispetto al loro trattamento?
Alla base c’è la raccolta di informazioni che provengono spontaneamente e volontariamente dai clienti, che condividono volentieri i propri dati per accedere a servizi e prodotti migliori e senza alcun vincolo rispetto alla cessione della titolarità: i dati sono del cliente il quale può decidere liberamente se e quando modificarli. Un approccio questo, definito “zero-party data”, ovvero dati come le preferenze o le intenzioni d’acquisto, informazioni personali o su come preferiscono essere riconosciuti dal brand. Queste informazioni rappresentano il fondamento di una relazione basata sulla fiducia reciproca. La maggior parte dei clienti è disposta a condividere informazioni personali se sono utilizzate per incentivare offerte ed esperienze personalizzate. Il retailer, dal canto suo, ha tutto l’interesse a guadagnarsi proattivamente questa fiducia, dimostrando la propria affidabilità e ricompensando i clienti con una contropartita adeguata: i Customer Insights costruiti sui dati ceduti spontaneamente e non sull’inferenza di altre informazioni presenti nel database, risultano molto più efficaci per delineare strategie promozionali puntuali e personalizzate. Vediamo come.
Vantaggio reciproco per brand e clienti
I Customer Insights diventano in questo modo l’ago della bussola su cui i retailer possono orientarsi per organizzare meglio lo spazio dei negozi, attivare iniziative di cross-selling e upselling, perfezionare i programmi di loyalty, valutare con maggior precisione le dinamiche di rotazione del magazzino e, soprattutto, armonizzare le politiche di prezzo, massimizzando il valore che scaturisce dall’incontro tra domanda e offerta quasi in tempo reale.
Grazie all’arricchimento sempre aggiornato dei profili dei clienti, il marketing può seguire passo dopo passo l’evoluzione della relazione tra consumatore e brand, sviluppando la facoltà di intervenire su ciascuna fase del customer journey in maniera coerente e tempestiva, ma soprattutto contestualizzando i messaggi, offrendo ai clienti un servizio utile e mai invadente. Conoscere i propri interlocutori vuol dire, inoltre, disporre di uno strumento formidabile per studiare il posizionamento del brand e delineare le opportunità che si profilano lungo l’orizzonte competitivo.
Si parlava però di rapporto win-win: qual è il valore che i Customer Insights generano per il cliente? Una nuova customer experience, espansa a 360 gradi, con elementi di interazione sia sul piano fisico che su quello digitale. Un ecosistema di servizi più ricco, vivace e personalizzato attraverso il quale l’accesso a offerte e contenuti si traduce per il consumatore in convenienza ed elevata qualità percepita a prescindere dal canale utilizzato per informarsi, confrontare i prezzi e acquistare. In una parola, il brand diventa un alleato del cliente nella generazione della massima soddisfazione possibile durante il customer journey.
I trend 2022
Il 2021 ha fornito la prova (a tratti terrificante) che il cambiamento è costante e che il cosiddetto “new normal” è un concetto fluido. Di fronte a tanti eventi imprevisti, si è tentati di alzare le mani e rinunciare a cercare di anticipare ciò che verrà. Secondo gli analisti di Forrester, i professionisti dei Customer Insights possono dare oggi un contributo che è più importante che mai, dato che ora devono reagire e anticipare il comportamento altalenante dei consumatori.
Ecco le previsioni di Forrester per il 2022.
- Il numero di brand che raccolgono zero-party data raddoppierà. I marketer hanno tirato un sospiro di sollievo collettivo quest’estate quando Google ha posticipato l’imminente “cookiepocalypse” al 2023. Le aziende creative e proattive nel 2022 non dovranno ancora abbassare la guardia. I zero-party data, che come anticipato sono informazioni che i consumatori offrono volontariamente circa le loro preferenze e interessi, svolgeranno un ruolo fondamentale nel compiere future analisi degli insight dei clienti, purché vengano analizzati correttamente. Ma i clienti non offriranno di loro spontanea volontà informazioni personali a meno che non trovino risposta alla semplice domanda “cosa ne ottengo?”
- Il 20% delle imprese si affiderà all’Intelligenza Artificiale “trasparente”. Alcune tecniche di IA popolari nascondono il modo in cui un algoritmo fa emergere le segnalazioni. Serve fare luce su questi sistemi chiusi per scrutare all’interno di un modello e identificare insight non intuitivi che altrimenti potrebbero andare persi.
Capire come un modello fornisce raccomandazioni aiuta anche a identificare e mitigare i bias, anche quando non si pensa che ci sia la possibilità che un modello utilizzi input inappropriati. Prendiamo, ad esempio, uno studio sui raggi X dei pazienti che ha sconcertato i ricercatori: nonostante il fatto che l’etnia di un paziente fosse annotata solo nelle scansioni utilizzate come dati di allenamento, il sistema di intelligenza artificiale era in qualche modo già in grado di indovinare con precisione l’etnia dei pazienti quando le informazioni non venivano fornite.
- I Chief Data Officer (CDO) diventeranno i nuovi CIO per i CMO. Forrester prevede che i CDO avranno un ruolo decisivo nel sostenere i CMO. I dipartimenti di marketing cercano di colmare le lacune dei dati da soli, il che accentua solo lo scisma tra il marketing e l’IT. Nel 2022, i CDO aiuteranno a stabilire una strategia aziendale che governerà i dati e le capacità di analisi in modo più olistico. Da molti anni ormai, i CDO sono una risorsa importante per le imprese, e il loro ruolo sta solo crescendo. Infatti, l’analisi di LinkedIn su più di 100.000 annunci di lavoro di C-level, ha scoperto che i CDO si trovano alla decima posizione con la crescita più alta quest’anno – su 51 ruoli esecutivi analizzati.
Customer Insights nel mondo del fashion retail
Uno dei settori a maggior potenziale per i Customer Insights è quello del fashion: brand ad alto tasso di fidelizzazione, capillarità dei punti vendita, contenuti di comunicazione emozionali, rapido ricambio delle referenze. Sono questi gli elementi che favoriscono frequenti interazioni con i clienti e quindi grandi volumi di dati che possono essere raccolti e analizzati per generare Customer Insights estremamente precisi.
L’engagement dei visitatori comincia, infatti, già dalla vetrina, dove i capi d’abbigliamento dell’ultima collezione sono in grado di veicolare messaggi che possono trovare immediatamente riscontro nel portale di benvenuto, corredato di offerte e promozioni personalizzate. La possibilità, poi, di cominciare il customer journey in negozio e completarla, per esempio, online – nel caso in cui non fosse disponibile nel negozio la taglia o il colore desiderato di un determinato modello – favorisce la comprensione del comportamento del cliente tra i vari canali, alimentando il database con informazioni sempre più qualificate. Input che vengono quindi riversati sul cosiddetto MarTech stack per osservare, valutare e prevedere abitudini e preferenze della clientela nell’ottica di personalizzare sempre più la proposizione.
L’esperienza di Prada
Prada – che con oltre 600 punti vendita in circa 80 Paesi è un vero colosso del retail oltre che della moda – ha creato una soluzione che consente a tutti i clienti, in qualsiasi parte del mondo, di registrarsi con il proprio device alla rete WiFi offerta nei negozi semplicemente usando le credenziali del proprio social network preferito (scegliendo tra Facebook, Twitter, LinkedIn, Instagram, Foursquare, Pinterest, più VKontakte per i visitatori russi e Sina Weibo, Baidu, QQ e Renren per quelli cinesi).
In questo modo, il cliente, una volta che ha fatto opt-in uno dei negozi, accede automaticamente all’intero ecosistema del brand in ogni parte del mondo, usufruendo di un servizio sempre più personalizzato ai propri bisogni e desiderata. La piattaforma, integrata con i software third-party già installati nel MarTech stack di Prada, fornisce insights sul comportamento dei consumatori all’interno dei negozi.
Il risultato finale è una customer experience altamente personalizzata: il customer journey comincia nel momento stesso in cui i clienti mettono piede in negozio attraverso notifiche, e-mail, messaggi di testo che oltre a dare il benvenuto ai visitatori mettono in evidenza offerte e promozioni in linea con i loro interessi.