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Contact center e intelligenza artificiale: la sentiment analysis per un servizio d’eccellenza

Comprendere lo stato emotivo con cui un cliente si approccia al customer service aiuta l’azienda a servirlo meglio, anche attraverso ottimizzazione e automazione. Scopriamo, con l’aiuto di IFM Infomaster, il ruolo della sentiment analysis nel contact center di oggi e di domani

Pubblicato il 30 Set 2022

Immagine di Puttachat Kumkrong da Shutterstock

Nel mondo della customer experience, l’innovazione corre veloce. Le aziende sono consapevoli che il vantaggio competitivo e la retention si giochino in buona parte sulla qualità dell’esperienza, e per questo puntano sempre di più sull’integrazione di tecnologie innovative all’interno del customer journey.

Sentiment Analysis, un tema in continua evoluzione

Nel contesto della relazione con il cliente, di sentiment analysis (e di AI) si parla da anni. Il tema non è nuovo, ma oggi le manifestazioni pratiche e i benefici iniziano ad essere tangibili, stimolando quel circolo virtuoso che porta a intensificare la ricerca, da cui algoritmi migliori e clienti più soddisfatti.

Con la sentiment analysis, parliamo (principalmente) di una tecnica di automazione della relazione con i clienti. «Sul mercato c’è grande interesse per questi temi – ci spiega Andrea Bocerani, Chief Operations Officer di IFM Infomaster – poiché la capacità di rilevare in tempo reale l’approccio emotivo del cliente, ovvero un’ipotetica tensione, consente di allertare in tempo reale le strutture operative e gestire la situazione nel migliore dei modi».

La sentiment analysis, che appartiene al dominio del Natural Language Processing, è finalizzata a rilevare (e comunicare) in tempo reale l’approccio positivo, negativo o neutrale di un testo o di una conversazione vocale. Nel contact center, l’analisi del sentiment del cliente ha sostanzialmente due scopi: fornire un’indicazione sintetica (positivo, neutrale, negativo) all’agente, permettendogli di gestire meglio la persona con cui sta interagendo, oppure attivare dei processi automatizzati.

Sul mercato la curiosità è molta, soprattutto da quando l’assistenza self e automatizzata (chatbot e voicebot) ha conquistato la relazione tra l’impresa e i suoi interlocutori. Un essere umano, infatti, in genere non ha difficoltà nel rilevare lo stato d’animo del suo interlocutore, un bot sì. Integrando tale tecnica nella comunicazione automatizzata, si può migliorare il design delle conversazioni, comprendere cosa influisca sulla serenità dell’interlocutore e correggere eventuali difetti strada facendo, migliorando il sistema grazie all’analisi dei dati. Non solo: la sentiment analysis consente di automatizzare le escalation dai bot agli agenti umani e, volendo ipotizzare un caso avanzato, anche il routing delle telefonate verso gli operatori più adeguati a gestirle in funzione della situazione emotiva di chi chiama.

Alcuni ambiti di applicazione e il valore del contesto

Una caratteristica peculiare dell’analisi del sentiment è la sua versatilità: le aziende la possono impiegare nelle conversazioni testuali e vocali, applicarla ai bot e agli agenti, in tempo reale o con un’analisi ex-post delle conversazioni finalizzata al miglioramento della qualità del servizio.

Alcuni impieghi sono ormai diffusi, altri rientrano nell’ambito delle sperimentazioni. Tra i primi, ci spiega Valerio Gattero, Language engineer di IFM, un caso degno di menzione è «la classificazione automatica delle e-mail. Esaminando il testo, il sistema è in grado di assegnare a ogni e-mail un livello di priorità in funzione di diversi parametri, tra cui il sentiment rilevato».

Se dal punto di vista delle applicazioni concrete l’unico limite è la fantasia, non sempre è opportuno accelerare l’adozione delle tecnologie più avanzate. L’approccio di IFM Infomaster, che da anni si occupa di comunicazione omnichannel e ha recentemente aperto una Business Unit dedicata all’innovazione in ambito assistenti virtuali e AI, è infatti graduale e progressivo. Per un motivo: visto che le decisioni che indirizzano la relazione con il cliente sono determinanti per il successo dell’azienda, un approccio graduale significa abbattere le probabilità di errore. Nell’ambito specifico della sentiment analysis, la sfida è la contestualizzazione: «Il contesto è fondamentale per rilevare correttamente il sentiment – ci spiega Bocerani – e quindi non ci si può affidare unicamente alle parole o al tono di voce. Un tono alto, infatti, non significa per forza insofferenza: magari è il tono naturale di una persona, o semplicemente l’ambiente è rumoroso. Inoltre, il tipo di chiamata e il canale condizionano l’analisi: una telefonata è diretta, una e-mail è ragionata e rende più complesso comprendere un’alterazione emotiva. Questi algoritmi non si possono applicare in qualsiasi ambito, motivo per cui sono necessari continui investimenti in ricerca».

L’impatto sulle performance del contact center

La sentiment analysis può avere un ruolo nella valutazione delle performance degli agenti e, quindi, del contact center in senso lato. Qui, però, il tema è diverso. Vincoli tecnologici non ce ne sono: così come l’analisi del sentiment valuta la capacità del bot di rispondere con efficacia a domande e richieste, può fare lo stesso con gli agenti, eventualmente identificando opportunità di formazione e di miglioramento delle competenze del singolo o del gruppo. Con i bot, per esempio, l’analisi può seguire l’intera conversazione e monitorare l’evoluzione della customer satisfaction, rigorosamente in tempo reale.

Il tema, piuttosto, è quello del rispetto della normativa in ambito di lavoro e di privacy. Ciò che si può fare, previa anonimizzazione, è trascrivere le conversazioni con i clienti, eliminare tutti i dati sensibili e usare i dialoghi aventi un sentiment positivo come casi di successo per la formazione e, quindi, per il miglioramento delle performance degli altri agenti, sia umani che virtuali.

Dalla sentiment analysis alla emotion analysis

Infine, ma non per importanza, diamo uno sguardo ai trend attuali e al futuro della sentiment analysis, eventualmente allargando lo sguardo a tutto l’universo di AI.

Alberto Cabitto, Lead Software Engineer di IFM Infomaster, ci spiega che tra i trend del momento rientra l’emotion analysis, ovvero la capacità dell’algoritmo di rilevare il tipo di emozione del suo interlocutore, dalla felicità alla rabbia. Tutto ciò va al di là della sentiment analysis, che infatti si limita a fornire un indicatore sintetico di positività/neutralità/negatività del rapporto. «Nelle conversazioni vocali, all’analisi delle parole e della costruzione della frase si possono aggiungere elementi derivanti dall’analisi dello spettro vocale, come il tono, la concitazione e i silenzi. L’emotion analysis ci consente di sapere quale sia l’emozione che sta spingendo il nostro interlocutore ad interagire e ad avere un certo tipo di atteggiamento».

Questa rilevazione può essere estremamente utile per valutare la qualità il servizio, per comprenderne le cause (che potrebbero andare ben al di là del contact center) e per migliorarla con attività ad hoc.

Che dire del futuro della relazione tra azienda e clienti? Cabitto ritiene che la grande sfida sia quella di migliorare a tal punto l’assistenza automatizzata (bot) da rendere impossibile – per l’interlocutore – comprendere se stia interagendo con un umano o con un bot. Ci arriveremo? Sì, ma è certamente presto per fornire una data certa.

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