Consumatore connesso, anzi iperconnesso al punto da alzare a dismisura l’asticella delle sue aspettative nei confronti delle capacità digitali dei brand. Al di là dei lockdown, il Covid-19 ha imposto una dematerializzazione dei rapporti che ha cambiato profondamente la natura e le regole della relazione e della comunicazione tra i clienti e le aziende. Il tema non è solo che il 2020 è stato l’anno del sorpasso, con il 58% delle interazioni dei consumatori italiani con i brand online (rispetto al 41% del 2019). La questione è che il 61% di loro dichiara di voler spendere più tempo online anche dopo la pandemia. Questa svolta digitale dei clienti impone al business un cambio di prospettiva.
Nella relazione con i brand si utilizza ogni tipo di touchpoint
Nella quarta edizione della ricerca “The State of the Connected Customer”, condotta da Salesforce su un panel di 12mila intervistati a livello worldwide (di cui 650 italiani), gli analisti offrono la big picture del consumatore connesso. Quasi 6 consumatori su 10 (57%) affermano di aver cambiato il proprio modo di relazionarsi con le aziende. Al di là dell’innegabile crescita dell’e-commerce, quello che colpisce di più è la capacità acquisita dalle persone di gestire i più disparati touchpoint per relazionarsi coi brand: dalle e-mail alla messaggistica, dai portali online alle mobile app.
Consumatore connesso ancora più esigente
I lockdown hanno spinto le persone a capire come usare meglio le tecnologie e si aspettano che le aziende facciano altrettanto. Oltre 8 clienti su 10 (83%) quando contattano una società si aspettano di poter interagire immediatamente con qualcuno. Quasi 7 italiani su 10 (68%) chiedono alle aziende di potenziare le proprie capacità digitali e di trasformarsi più velocemente e 9 consumatori su 10 (89%) ritengono che le aziende debbano accelerare sul digitale e più della metà (54%) desidera nuovi prodotti e servizi ma anche un potenziamento delle metodologie di ingaggio utilizzate dai brand.
I clienti connessi vogliono essere capiti e riconosciuti
Il consumatore connesso alza il sipario su una nuova dimensione della customer experience digitale. L’ascolto, infatti, è solo una delle componenti di una relazione tra clienti e brand. In realtà oggi è estremamente importante dimostrare quanto la capacità di ascolto si traduca in una maggiore qualità e pertinenza della comunicazione e dei servizi. L’esperienza senza frizioni (seamless) deve riguardare sia i touchpoint utilizzati che tutti i reparti aziendali. Il 76% dei consumatori si aspetta dai vari reparti di un’azienda interazioni consistenti. Tuttavia, oltre la metà degli italiani (52%) rileva interazioni di servizio frammentate, con il 57% che ritiene che vendite, servizio clienti e marketing non condividano tra loro le informazioni. Quasi 7 clienti su 10 (65%) sottolineano come spesso abbiano dovuto ripetere e rispiegare le informazioni a differenti interlocutori, con un aumento della sua frustrazione e insoddisfazione. In questo senso è interessante l’apertura dei consumatori verso l’uso dell’Intelligenza Artificiale che i brand utilizzano per creare esperienze più rilevanti e significative.
Fare del digital engagement di necessità virtù
Quasi 7 consumatori su 10 (68%) si aspettano dai brand un’interazione empatica e coinvolgente. Ma i dati dicono che questo non avviene: solo il 37% dei clienti, infatti, ha la percezione che i brand stiano lavorando in questo senso. Solo il 34% degli intervistati sostiene che i brand sono in grado di garantire loro esperienze uniche e personalizzate. I clienti sostengono che la qualità dell’esperienza offerta da un’azienda sia importante tanto quanto la qualità dei prodotti e dei servizi, con percentuali di risposta che non hanno grandi differenze generazionali:
- 79% baby boomer
- 81% Generazione X
- 83% millenial
- 75% Generazione Zero
In un regime di continui stop & go fare del digital engagement di necessità virtù è quanto mai strategico. I vari reparti aziendali devono lavorare in modalità più integrata e condividere tutte le informazioni in loro possesso su clienti e prospect per generare dinamiche di relazione e di ingaggio digitali più coerenti ma anche più creative e complete.
Condivisione dei valori e crisi della fiducia
Durante la pandemia il consumatore connesso ha iniziato ad applicare una nuova scala di misura nella sua valutazione dei brand. In Italia il 92% degli intervistati afferma che il comportamento di un’azienda durante una crisi dimostra la sua affidabilità. Il radar dell’attenzione dei consumatori ha inquadrato non solo come le aziende li stanno trattando ma anche come stanno trattando i loro dipendenti unitamente a come gestiscono le tematiche ambientali e a come prendono posizione contro le ingiustizie razziali ed economiche. Più di 6 clienti su 10 (61%) hanno abbandonato i brand che non si sono dimostrati allineati ai loro valori e tra questi, l’85% lo ha fatto perché i brand non si sono dimostrati affidabili in questo periodo di crisi. Più della metà dei clienti (52%) afferma di non fidarsi delle aziende.
Gestire il consumatore connesso e l’economia dei consensi
Un altro capitolo importante della ricerca riguarda il tema dei consensi. Il 71% dei clienti pensa che il Covid-19 abbia portato le persone a valutare in modo diverso la gestione della privacy. Da un anno a questa parte, infatti, i consumatori riconoscono i vantaggi di condividere le proprie informazioni personali in cambio di informazioni e servizi migliori, ma quasi due terzi del campione (27%) dichiara di non avere ben chiaro come le aziende ne facciano uso. A dispetto del fatto che l’86% dei consumatori chiede maggiore trasparenza, cresce la percentuale di chi sente di aver perso il controllo sulle proprie informazioni personali: nel 2020 è salita al 61% mentre nel 2019 era il 46%. Per fornire personalizzazione, empatia e comfort le aziende devono necessariamente raccogliere più informazioni possibili, lavorando su ogni tipo di party data. Ma la mancanza di trasparenza può limitare il grande potenziale associato al digital engagement.