Per anni, la costruzione di un’audience online ha seguito una ricetta ben precisa: realizzare un buon sito web, produrre contenuti di qualità e ottimizzarli per i motori di ricerca. Un ecosistema in cui bastava saper parlare a Google e ai visitatori per intercettare traffico, generare lead e avviare relazioni commerciali. Oggi, però, quella ricetta non funziona più. L’avvento dell’Intelligenza Artificiale Generativa unito al cambiamento delle abitudini di consumo stanno riscrivendo le regole del gioco, rendendo sia la costruzione che il “mantenimento” delle community online un processo complesso e ricco di sfide.
È il quadro che emerge dallo speech di John Miller, fondatore di Scribewise e autore di “Playing It Safe Sucks: A Manifesto for Courageous Marketing”, durante una sua recente intervista.
Indice degli argomenti
Cosa si intende per community online
Le community online rappresentano spazi virtuali in cui gruppi di persone si riuniscono attorno a interessi, valori o obiettivi comuni, interagendo in maniera continuativa. A differenza dei tradizionali canali di comunicazione one-to-many, una community online si fonda su dinamiche di scambio e partecipazione attiva tra i membri. I partecipanti non sono meri spettatori, ma co-creatori di valore, contribuendo con idee, discussioni e contenuti.
Queste comunità possono svilupparsi su piattaforme social come Facebook o LinkedIn, ma anche Instagram e TikTok, oppure su strumenti più verticali e specializzati come Slack, Discord o forum tematici. Il loro punto di forza risiede nella capacità di creare senso di appartenenza e fiducia reciproca, due elementi sempre più preziosi in un contesto digitale frammentato e sovraccarico di informazioni.
Come sta cambiando l’ecosistema digitale con l’AI
Il contesto, però, come detto, sta cambiando e negli ultimi 25 anni costruire un’audience è diventato più difficile che mai. E lo spiega bene Miller: «Il fenomeno delle “zero click search”, le risposte AI direttamente nelle SERP e l’aumento degli spazi pubblicitari stanno erodendo il traffico organico che un tempo era il cuore pulsante della strategia digitale. Anche piazzarsi tra i primi risultati di Google, un tempo sinonimo di visibilità, oggi spesso significa essere relegati al di sotto di annunci, AI Ovierviews e suggerimenti di ricerca».
Un esempio concreto: stando a quanto è emerso da un recente studio condotto da Dave Cousin, SEO Specialist, e Authoritas, le AI Overviews compaiono nel 74% delle ricerche degli utenti quando cercano soluzioni a problemi specifici.
La conseguenza è immediata: anche le aziende che hanno investito massicciamente in SEO e Content Marketing vedono diminuire il traffico verso i propri siti. E non si tratta solo di un problema tecnico. A mutare è il comportamento degli utenti: «Oggi gli utenti prediligono restare all’interno della piattaforma di fruizione dei contenuti, limitando gli spostamenti verso altri siti web».
I Social Network, d’altronde, hanno un interesse diretto a trattenere gli utenti all’interno delle proprie piattaforme; i loro stessi algoritmi sono progettati per massimizzare il tempo di permanenza e scoraggiare l’uscita verso fonti esterne. Questo rende ancora più arduo il compito di chi vuole costruire e nutrire una propria community online in modo indipendente.
Community online: il modello tradizionale è ormai superato
Un caso emblematico citato da Miller è quello di HubSpot. «Fino a pochi mesi fa, il loro blog rappresentava una delle principali fonti di traffico grazie a una strategia SEO molto aggressiva, spesso spingendosi su temi tangenziali rispetto al loro core business. Tuttavia, un aggiornamento dell’algoritmo di Google ha drasticamente ridotto la visibilità dei contenuti non strettamente pertinenti, segnando un crollo significativo del traffico organico».
La lezione è chiara: Google sta premiando sempre di più l’autorità e la pertinenza tematica. E non basta più “pescare click” su argomenti popolari ma lontani dalla propria expertise. In un contesto dominato da intelligenze artificiali che offrono risposte dirette e rapide, le aziende devono ripensare il modo in cui attraggono e mantengono l’attenzione.
Nuove strategie per costruire l’audience
Se il “pull marketing” — attrarre il pubblico attraverso SEO e contenuti — sta perdendo efficacia, cresce l’importanza del “push marketing”, ovvero delle strategie che portano il contenuto direttamente all’utente. Le newsletter via e-mail sono un esempio classico, ma non l’unico; esistono soluzioni alternative per la costruzione di community online, come i gruppi su Slack o altre piattaforme di nicchia. «Non si tratta di puntare a milioni di follower, ma di concentrarsi su una base solida di ” fan entusiasti”. Una strategia che richiede tempo, pazienza e cura, ma che offre maggiori garanzie di resilienza in un mondo dove la volatilità degli algoritmi è ormai la norma».
L’evoluzione di Google e il futuro della ricerca
Se da un lato la nuova configurazione della SERP penalizza i contenuti organici, dall’altro mette sotto pressione anche Google stesso. Il suo modello di business si basa in larga parte sulla vendita di spazi pubblicitari legati alla ricerca. Tuttavia, se gli utenti ottengono risposte soddisfacenti direttamente dalle AI Overviews senza cliccare su link o annunci, il valore commerciale di quei clic diminuisce.
La sfida che Big G deve affrontare ora è duplice: da un lato, deve trovare nuovi modi per monetizzare i suoi strumenti di Intelligenza Artificiale; dall’altro, deve preservare l’equilibrio tra esperienza utente e sostenibilità economica. Le prime soluzioni potrebbero arrivare sotto forma di servizi premium o abbonamenti, ma il percorso è tutt’altro che semplice.
La Customer Experience resta (sempre) al centro
Ma c’è un aspetto importante e che non cambia: le persone gravitano sempre verso la migliore esperienza utente. Pensiamo ad Amazon ha trasformato il retail proprio grazie alla semplicità e alla velocità del suo servizio. Allo stesso modo, chiunque riesca a offrire risposte più rapide, più pertinenti e in modo più fluido conquisterà l’attenzione dell’audience.
Per i brand, questo significa dover presidiare i punti di contatto più frequentati dal pubblico, senza aspettarsi che siano gli utenti a raggiungerli spontaneamente. Sponsorizzazioni di podcast, campagne pubblicitarie sui social, collaborazioni strategiche e contenuti nativi all’interno delle piattaforme diventano strumenti essenziali per mantenere viva la Brand Awareness.