Data driven marketing

I KPI del Marketing: le metriche fondamentali per la misurazione delle performance

Guida essenziale ai principali indicatori del Marketing, fondamentali per comprendere l’andamento di una attività: ecco quali KPI (Key Performance Indicator) tenere sotto controllo, come si calcolano e quali conviene utilizzare per misurare le prestazioni e migliorare i risultati di sito Web, eCommerce, e-mail e social media

Aggiornato il 07 Giu 2023

Federico Della Bella

Partner P4I, Partners4Innovation - Data Insights & Organization

Giusi Disanto

Consultant P4I, Partners4Innovation – Data Insights & Organization

kpi marketing

I KPI del marketing sono quelle metriche, o indicatori, che servono a misurare i risultati oggettivi, ovvero l’efficacia e l’efficienza, delle iniziative di attrazione e conquista di un cliente, l’acquisizione di contatti, il livello di soddisfazione e ingaggio, la qualità dell’esperienza, il ritorno degli investimenti nella produzione e promozione dei contenuti, ed effettuare quindi un’analisi quantitativa del ROI del budget allocato.
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Cosa sono e a cosa servono i KPI (Key Performance Indicator)

In generale, le metriche (o KPI) sono degli indicatori che offrono in maniera sintetica una misura delle performance e dei risultati di un’attività, un’unità organizzativa, un’iniziativa. Le metriche sono espresse spesso in termini relativi o percentuali, per rendere comparabili tra loro fenomeni differenti, per settore, caratteristiche, dimensioni, localizzazione.

L’importanza delle metriche non nasce con il digitale. L’analisi di bilancio ha fatto da sempre uso di metriche e indicatori per inquadrare rapidamente le performance di un’azienda, valutandone redditività, liquidità, solidità patrimoniale. Chiunque abbia un po’ di familiarità con questo tipo di analisi, ha certamente incontrato alcune tra le più diffuse, dal ROE al ROS, dal rapporto debito su patrimonio netto, agli indicatori di liquidità, alla rotazione degli asset, solo per citare i più noti.

Tuttavia, anche se le metriche sono sempre esistite, le piattaforme digitali, rendendo ogni attività tracciabile, misurabile e immediatamente comparabile, ne hanno accresciuto l’importanza e la diffusione.

In particolare, nel marketing, accanto alle più consuete competenze di comunicazione, progettazione creativa e gestione del cliente, della relazione e del business, stanno diventando sempre più importanti skill di tipo fortemente analitico e tecnologico, collegate alla gestione di piattaforme digitali e all’analisi dei dati.

Si può dire che oggi uno dei pilastri fondamentali del digital marketing sia costituito dagli strumenti di web analytics, dalla marketing intelligence, dall’analisi dei dati, fino alle più recenti applicazioni nel campo dell’intelligenza artificiale e dell’automazione.

La rapida evoluzione del marketing in senso digitale e l’adozione di strumenti di MarTech sempre più avanzati fa sì che le metriche si evolvano di conseguenza, riuscendo a rilevare dimensioni sempre più granulari delle esperienze dei clienti e delle performance dei punti di contatto.

Un sondaggio condotto da Statista nel 2022 in 35 paesi mostra che l’88% degli intervistati indica le revenue come il principale indicatore che tengono in considerazione per misurare le performance; a seguire, con l’87%, troviamo le metriche di customer satisfaction e le analisi condotte sul web/mobile. Sicuramente non di minor importanza sono le metriche riguardo il costo di acquisizione del cliente (CAC) e il Customer Lifetime Value (CLV), spiegati in dettaglio di seguito.

La figura illustra i risultati del sondaggio.

Il 2023 promette di portare nuovi sviluppi e tendenze significative nel campo dei KPI di Marketing. Un trend chiave che sta emergendo, come evidenziato in precedenza, è l’accento sempre maggiore sull’analisi avanzata dei dati e sull’intelligenza artificiale. I KPI tradizionali rimangono fondamentali, ma vengono integrati con KPI più avanzati che riflettono la complessità del marketing odierno.

Le aziende che adottano un approccio basato sui dati e sulla marketing intelligence saranno in grado di ottenere un vantaggio competitivo significativo, massimizzando il rendimento delle loro iniziative di marketing.

KPI per il marketing tradizionale: il Gross Rating Point (GRP)

Nell’advertising tradizionale, ad esempio per una campagna televisiva, la metrica fondamentale per valutare la “pressione” pubblicitaria è da sempre il GRP, ovvero il Gross Rating Point, ottenuto moltiplicando la copertura (o reach) relativa (ossia misurata rispetto al target) per la frequenza dei passaggi realizzati.

In pratica, se il target di una campagna è formato da 5 milioni di persone e una trasmissione televisiva raggiunge 1 milione di persone, la copertura relativa è pari al 20%. Se all’interno della trasmissione si hanno 3 passaggi pubblicitari, il numero di impressioni totali è pari a 3 milioni, quindi la frequenza è pari 3. Pertanto, il GRP totale si ottiene moltiplicando 20 per 3, ovvero a 60 GRP.

Questo risultato si basa ovviamente sul rilevamento statistico dell’audience raggiunta. In Italia, Auditel, Audiradio e Nielsen, per citare i più noti, forniscono ogni giorno queste stime, da cui dipendono fortune e sfortune di direttori di rete, pubblicitari, inserzionisti, editori.

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I KPI per il digital marketing: le metriche dinamiche

Cosa è cambiato con il digitale? Quasi tutto. I KPI marketing hanno accresciuto la loro importanza, anzitutto, perchè ora è possibile un utilizzo molto più preciso ed estensivo delle metriche e in particolare delle metriche dinamiche. La distinzione tra metriche tradizionali e metriche dinamiche è piuttosto semplice. Le prime dipendono generalmente da un numero ampio di fattori, sono difficilmente controllabili e variano nel medio lungo periodo.

Il ROE, Return on equity, ne è un esempio perfetto: sono numerosi i fattori che ne determinano un cambiamento e complesse le loro relazioni e variazioni. Inoltre, i risultati si possono apprezzare solo nel medio – lungo periodo. Con le metriche dinamiche, all’opposto, è possibile apprezzare significative variazioni anche nel giro di qualche settimana agendo su pochi fattori, al limite uno solo.

Un esempio: cosa influenza i KPI di una newsletter di email marketing

Per fare un esempio, immaginiamo di inviare una newsletter e di non essere soddisfatti del tasso di apertura (open rate) ottenuto, pari solo al 25%, parecchio peggiore rispetto alla media del settore pari al 35%. Diversi sono i parametri della newsletter che possono essere modificati per scoprire se si possono ottenere risultati migliori. Provando a elencarne alcuni: il target, ovvero il segmento a cui si è inviata la mail, il giorno o l’orario dell’invio, l’oggetto della mail, il messaggio ovvero il suo design o layout, la call to action (ovvero l’azione richiesta al ricevente, la CTA o C2A), perfino il tone of voice o il colore dello sfondo. Ciascuna di queste modifiche, preferibilmente effettuate separatamente per valutarne il singolo effetto, potrebbe far variare, in meglio o in peggio, il tasso di apertura. Si è in pratica scoperto che anche una piccola modifica può modificare il risultato di una campagna mail.

Per questo, l’open rate è certamente una metrica dinamica fondamentale per valutare l’efficacia delle campagne email marketing e delle newsletter editoriali. Con questo approccio è possibile e largamente usato un approccio trial and error, che prevede fin dall’inizio l’invio a gruppi diversi di mail leggermente differenti, valutando l’efficacia di una specifica call to action, di un certo layout, di un messaggio. Tutte le piattaforme digitali, e in particolare i social network e gli eCommerce, effettuano continuamente test A/B, sottoponendo a gruppi distinti di utenti diverse versioni dello stesso messaggio, della stessa piattaforma, ovvero nuove e diverse funzionalità. L’approccio è dunque quello di una continua ottimizzazione.

Indicatori di marketing fondamentali

In generale, ogni singola iniziativa, piattaforma, campagna richiede un proprio set unico di metriche per misurare i risultati. Non esiste un pacchetto genericamente valido sempre e per tutti; tuttavia, si può dire che almeno due sono le metriche fondamentali per (quasi) tutte le iniziative, permettendo di valutare dalla loro comparazione, la validità e la profittabilità (ROI) di un’iniziativa o campagna di comunicazione o di un intero business. Queste due metriche sono il CAC (Customer Acquisition Cost) e il CLV (Customer Lifetime Value).

Costo di Acquisizione del cliente (CAC) e Customer Lifetime Value (CLV)

Il Customer Acquisition Cost è il costo sostenuto per conquistare un cliente. Per calcolarlo è sufficiente dividere l’investimento di marketing e comunicazione volto all’acquisizione di clienti per il numero di clienti conquistati nel periodo. Da notare che esistono benchmark di settore che aiutano a valutare le proprie performance.

Il CAC non può essere valutato in assoluto: per comprenderne la qualità occorre confrontarlo con un’altra metrica fondamentale, il Customer Lifetime Value (CLV, il valore del cliente nel suo ciclo di vita). Il CLV misura infatti il contributo medio al profitto generato dal singolo cliente. Per calcolarlo, si moltiplica il contributo marginale della singola vendita, misurato come differenza tra l’ordine medio (Average Order Value) e i costi variabili diretti, per il numero di ordini medi di ogni singolo cliente durante il periodo preso in esame.

Un’attività è economicamente profittevole solo se il CLV è molto maggiore del CAC. Particolarmente a rischio sono le attività in cui il contributo marginale della singola vendita è molto piccolo (al limite qualche euro o centesimo di euro), in quel caso occorre che il tasso di fedeltà dei clienti sia molto alto e che le vendite siano ripetute.

CLV e CAC sono un’invenzione dell’era digitale? No, teoricamente potrebbero essere calcolate per qualsiasi tipo di iniziativa. Tuttavia, la precisione e la tracciabilità rese possibili dal digitale ne ha accresciuto notevolmente l’uso e il valore.

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Il set minimo di KPI marketing da conoscere

Senza alcuna pretesa di completezza, nel seguito si riporta un campione di metriche utili a chiunque si occupi di marketing, comunicazione, customer care, specialmente in ambito digitale.

  • La reach rappresenta il numero di persone uniche che visualizzano un contenuto, che può essere un video, un post su un social network, un articolo. Per i video, in particolare, sono fondamentali le visualizzazioni. In pratica, è l’audience raggiunta.
  • Le impression invece conteggiano il numero di visualizzazioni di un contenuto. Rispetto alla reach, conta le viste multiple effettuate da uno stesso utente.
  • Il bounce rate è invece il tasso di rimbalzo, misura il numero di utenti che abbandona un sito o una pagina entro pochi secondi, senza compiere alcuna azione né attivare una sessione, in pratica, senza fare alcuna chiamata al server dopo quella di apertura della pagina. Ovviamente, più è alto e peggio è.

Nell’email marketing, il termine bounce rate indica anche il tasso di non consegna di una newsletter, in cui si distingue tra hard bounce (se l’indirizzo del destinatario è effettivamente inesistente o irraggiungibile) e soft bounce, quando ad esempio il ricevente ha la posta piena. È importante anche l’Unsubscription Rate (le disiscrizioni).

Restando al contesto newsletter, sono fondamentali come visto l’open rate, ovvero il tasso di apertura delle newsletter e il click-rate, ovvero il tasso di click delle campagne mail.

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Le metriche dei siti web, dell’eCommerce e dei social media

Passando a considerare i KPI marketing per quanto riguarda un sito web o un eCommerce, si misurano ovviamente le visite, il tempo medio di una visita, il numero di utenti unici, il numero di pagine visitate, il tempo medio in pagina, il tasso di conversione (Conversion Rate), ovvero il rapporto tra il numero di utenti che completano un’attività richiesta da una CTA (call to action), ad esempio registrarsi al sito, o acquistare un prodotto o sottoscrivere una newsletter, diviso per il numero di utenti a cui è stata sottoposta la CTA, con l’obiettivo ultimo di aumentare le vendite online.

Se la CTA richiede ai visitatori di un sito di lasciare il contatto, il visitatore si trasforma in un Lead: pertanto è possibile misurare il LAC, ovvero il Lead Acquisition Cost, o costo per lead, con l’obiettivo di far crescere la lista di contatti. Se l’azione prevista chiede all’utente di cliccare su un link, su un banner, su un post, si misura il tasso con cui questo avviene tramite il Click-Through-Rate (CTR), ovvero il rapporto tra il numero di click ottenuti e il numero di impressioni del contenuto stesso.

Per quanto riguarda la social media analytics, si considerano ovviamente i fan / follower della pagina, ovvero il numero di reazioni, like, condivisioni, commenti, recensioni, menzioni generati dai contenuti. Il numero di interazioni collegate a un contenuto diviso per il numero di follower della pagina rappresenta l’Engagement Rate, ovvero il tasso di coinvolgimento. Se si è interessati a misurare l’engagement generato dalla pagina, si calcola il valore medio tra tutti i contenuti, tramite l’Average Engagement Rate (AER).

Sono moltissime anche le metriche dell’advertising online. Il costo delle inserzioni e delle iniziative si misura, a seconda degli obiettivi della campagna, nel costo necessario a raggiungere una certa audience tramite il CPM, ovvero Cost-per-Mille, ovvero il costo promozionale da sostenere per raggiungere 1.000 utenti. Ovvero, il CPC, cost-per-click, il costo per ottenere il click su un annuncio pubblicitario. Mentre la prima metrica è utilizzata in caso di campagne di awareness, la seconda è utilizzata in campagne di conversione. In caso di video-advertising, si misura anche il CPV, cost-per-view, ovvero il costo sostenuto per ottenere una visualizzazione del video.

Strategie e obiettivi sono guidati dai KPI marketing

Abbiamo elencato solo un piccolo insieme di tutte le possibili metriche che organizzazioni e imprese tengono monitorate costantemente per verificare il tasso di interesse, il coinvolgimento, la reattività e la profittabilità di tutti noi utenti e clienti digitali. Sono argomenti tutt’altro che astratti. Quando riceviamo da operatori telefonici o altre utilities offerte, premi, sconti, senza che abbiamo richiesto nulla molto probabilmente è perché siamo finiti nel cluster dei clienti a rischio abbandono.

Il Churn Rate, ovvero il tasso di abbandono, è infatti una delle metriche più temute da chiunque si occupi di marketing e customer care. La prossima volta che riceviamo una chiamata di questo tipo, sapremo che probabilmente è colpa della meticolosità con cui l’azienda misura e cura la minimizzazione del churn rate.

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Articolo originariamente pubblicato il 11 Ott 2021

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