Formulata dagli psicologi Kahneman and Tversky, premi Nobel per l’economia, l’avversione alla perdita indica la tendenza ad attribuire un peso maggiore alla perdita di una data risorsa rispetto al suo ottenimento, con un rapporto di 2:1.
Si tratta di un bias cognitivo, un processo mentale automatico e non consapevole, sviluppato nel corso dell’evoluzione per garantire la sopravvivenza, e mantenuto fino ai giorni nostri con importanti implicazioni pratiche. La sua influenza interessa anche i comportamenti di consumo, portando a rifuggire d’istinto tutte le scelte che comportano una privazione.
Le perdite “contano” più dei guadagni
Rischiare di perdere qualcosa che possediamo, o anche solo immaginare che succeda, ha un impatto così forte sulla nostra mente da predisporci verso azioni apparentemente irrazionali, almeno per l’economia classica. Così, inconsciamente, preferiamo pagare di più per non dover rinunciare ai vantaggi di un prodotto in nostro possesso rispetto a quanto saremmo disposti a spendere per ottenere gli stessi vantaggi acquistando il prodotto.
“Losses loom larger than gains” affermano Kahneman and Tversky. Estesa al marketing, l’avversione alla perdita agisce spesso in sinergia con il cosiddetto Effetto Dotazione per cui, nel momento in cui entra in nostro possesso una risorsa, si tende ad attribuirle un valore superiore, emotivo ed economico.
In uno studio pioneristico, gli sperimentatori assegnarono in modo randomico una tazza da caffè solo ad alcuni partecipanti, evidenziando nette differenze nel valore economico che questi attribuivano all’oggetto. Chi possedeva la tazza dichiarò che non l’avrebbe ceduta a meno di 7$, contro i 3$ che i non possessori sarebbero stati disposti a spendere per ottenerla. Ecco come la sola dotazione di un prodotto, per quanto casuale, ne influenza la percezione valoriale.
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Fattori che influenzano l’avversione alla perdita
Il grado di avversione alla perdita varia da persona a persona: ad esempio, figure esperte sperimentano una paura minore rispetto ai non-esperti quando chiamate a prendere decisioni in ambiti di loro competenza. Poiché l’apprendimento riduce tale tendenza automatica, aumentare la frequenza delle interazioni con i brand può limitare la sua influenza sulle scelte quotidiane.
Pensa di trovarti al super mercato per acquistare un prodotto per la colazione ed una bottiglia di vino per una cena importante. Nel primo caso, la scelta è quasi automatica: afferri la confezione dei tuoi biscotti preferiti, gli stessi che compri da anni, senza preoccuparti di tutte le opzioni esposte sugli scaffali.
La scelta del vino non è altrettanto semplice: non sei un intenditore e, allo stesso, vuoi fare bella figura con i tuoi ospiti. La decisione richiede sforzo e tempo, durante il quale valuti più opzioni a diverse fasce di prezzo e prospetti la reazione dei commensali: l’inesperienza aumenta la tua avversione alla perdita, monetaria e di gratificazione sociale.
Quindi, ridotte occasioni di acquisto contribuiscono al mantenimento del bias, come accade per la categoria beni durevoli: non capita tutti i giorni di comprare casa o un’auto nuova!
Tipologia e le caratteristiche dell’oggetto
Anche la tipologia e le caratteristiche dell’oggetto influenzano la preoccupazione associata alla sua perdita. È più difficile rinunciare a beni che soddisfano obiettivi emozionali o sociali piuttosto che funzionali, in virtù del loro alto valore simbolico.
Attributi del prodotto che impattano direttamente sulla sua qualità, sul suo utilizzo e sul piacere che ne deriva aumentano tale avversione. Lo stesso vale per risorse intangibili come il tempo. Spesso la fruizione di un servizio costringe a momenti di attesa: pensa all’elaborazione di un ordine online o alla fila alla Poste. Intervenire sul rapporto qualità-prezzo dell’offerta migliora la percezione dei tempi attesa, con ricadute positive sul business.
Implicazioni operative dell’avversione alla perdita
Il meccanismo di avversione alla perdita contribuisce al successo di diverse pratiche di marketing diffuse, tra cui lo shopping online e le comunicazioni basate sulla FOMO (Fear of Missing Out).
L’atto di pagamento rappresenta un momento delicato, a prescindere dalla bontà della scelta effettuata. Intraprendere sforzi economici, reali o immaginati, provoca un dolore fisiologico e mentale equivalente a quello sperimentato nel ricevere un pizzicotto. Addirittura, la sola visione del prezzo aumenta l’attività dell’insula, associata ad una ridotta probabilità di acquisto.
Le transizioni elettroniche, tipiche degli e-commerce, rendono meno tangibile la perdita di denaro e determinano una minor risposta dei circuiti della paura. Una soluzione ottimale per ridurre l’esperienza di dolore associata al pagamento, da preferire anche negli store fisici.
È il cervello che comanda
Nonostante i timori legati alla spesa economica, per il cervello rinunciare ad un’opportunità di acquisto vantaggiosa è ancor più stressante. Parole o visual che richiamano la perdita stimolano la Fear of Missing Out, ulteriormente rafforzata anticipando l’emozione di rimpianto o sfruttando l’effetto dotazione.
Offrire prove gratuite a tempo limitato, senza vincoli di acquisto, è una tecnica per innalzare il valore percepito della proposta, permettendo alla persona di sperimentarne tutti i vantaggi. Si tratta di una tecnica diffusa per incentivare l’acquisto di prodotti e servizi Premium o di abbonamenti, dallo streaming online all’iscrizione in palestra. Sarà difficile rinunciare a quanto ottenuto nel momento in cui diventerà a pagamento, a maggior ragione se ad un prezzo ridotto come accade durante promozioni e sconti.
Vediamo ora alcuni insight aggiuntivi per agire ancor più efficacemente nel marketplace sfruttando l’avversione alla perdita.
Nuovi insight strategici per il marketing
Nelle relazioni di vendita, l’avversione alla perdita incide sulla brand loyalty. Ad acquisto avvenuto, la maggior esperienza e il legame affettivo stabilito con l’oggetto ne aumentano l’attaccamento e il valore percepito, trasferito inconsciamente al Brand fino alla fidelizzazione. Ancora, posticipare il pagamento ad una prima fruizione mette il consumatore nella condizione di dover scegliere se pagare per evitare di rinunciare ai vantaggi sperimentati, piuttosto che pagare per ottenerli.
In entrambi i casi, combinare FOMO ed effetto dotazione porta allo sviluppo di strategie in grado di rafforzare il legame brand-persona e ostacolare la rinuncia all’acquisto.
Avversione alla perdita ed effetto Framing
L’avversione alla perdita può agire in sinergia con l’effetto Framing per modificare la percezione della spesa affrontata. In genere, le persone stimano a priori la cifra da dedicare a specifici acquisti per cercare di limitare le spese. Riformulare il frame di vendita, presentando la spesa non prevista come parte del budget iniziale, incoraggia all’acquisto e a considerare il prodotto stesso come un investimento gratificante. Nel programmare un viaggio avventuroso, rinunceresti ad un’escursione extra-budget che completa la tua esperienza on trip?
Ancora, l’acquisto di un bene durevole spesso implica diverse considerazioni rispetto al valore non solo del nuovo oggetto ma anche di quello da sostituire. In questo caso è utile riformulare la rinuncia come parte dello scambio: considera l’acquisto di un nuovo computer.
Messaggi con focus sui benefit invitano a trasferire al nuovo modello il valore associato al precedente e mitigano l’avversione alla perdita. Tuttavia, sottolineare quanto performino in modo simile riduce la disponibilità a pagare per la novità. D’altronde, perché dovresti sostituire il tuo computer per un modello apparentemente uguale? Una comunicazione efficace sfrutta l’effetto benefico della somiglianza e ne argina i rischi andando ad evidenziare gli attributi di differenziazione tra modelli, gli stessi che motivano all’upgrade.
In conclusione, marketer e comunicatori non possono ignorare l’avversione alla perdita e le sue implicazioni pratiche. Capire perché temiamo e rifuggiamo, senza nemmeno esserne consapevoli, situazioni che comportano una privazione aiuta il marketing a comprendere meglio le dinamiche di consumo e a sviluppare strategie più efficaci.