Per chi investe in pubblicità online e punta ovviamente a ottimizzare il ROI, il tema della trasparenza è sempre più importante. È noto che non tutti i banner hanno la stessa efficacia, ma soprattutto non tutti sono ugualmente visibili. Per questo si stanno via via affermando sistemi di misurazione basati su metriche che valutano se la pubblicità erogata online è stata effettivamente vista: stiamo parlando, in particolare, di viewability e il targeting. Chiunque si occupi di pubblicità sa che sono questi i due assi di valutazione: l’opportunità di essere vista e il fatto che sia stata vista dal target giusto. Un esempio? Un banner su due non viene mai visualizzato perché viene erogato in una posizione di pagina non visibile all’utente. Più in generale, solo una percentuale delle impression vendute viene in realtà vista dall’utente.
Quando una impression è realmente visibile e in target
Secondo gli standard definiti dal Media Rating Council, un’impression si considera “in-view” quando almeno il 50% dei suoi pixel è visualizzato per un secondo. Come prevedibile, il tasso reale di visualizzazione è decisamente inferiore al 100% per due ragioni principali: molti utenti lasciano una pagina (aperta magari per sbaglio) prima di un secondo; la finestra del browser può non essere impostata in modalità full-screen.
Secondo quanto rilevato da comScore, nel 2015 a livello internazionale solo il 47% delle impression era “in-view”; anche in Italia la percentuale media è del 47%, più alta di quella di Francia (42%) e UK (38%). Dalla stessa ricerca, emerge che i siti degli editori principali hanno performance migliori in termini di viewability rispetto a quelli più piccoli e verticali (53% vs 31%).
Come cambia il mercato
Un esempio in Italia è Banzai: dal 2014, per garantire ai proprio clienti un tasso maggiore di Viewability, la media company ha diminuito i bacini di inventory, escludendo gli IP esteri, eliminando gli autorefresh delle pagine ed distinguendo nella vendita siti, sezioni e posizioni a bassa viewability. Ha inoltre, progettato una nuova struttura delle pagine, introducendo scroll banner in pagina, e studiando un posizionamento ottimale dei formati. Azioni che hanno portato i tassi di Viewability intorno a 57-70% contro una media di mercato del 50%.
Una maggiore trasparenza può sicuramente giovare all’intero mercato dell’ADV online, che oggi vale il 30% del mercato pubblicitario, trainati da Video, Mobile e Social, secondo i dati degli Osservatori del Politecnico di Milano. Sapere che mediamente solo una impression su due acquistate dalle aziende è realmente vista dai consumatori può introdurre nuove leve di negoziazione sul prezzo della pubblicità online: da una parte le aziende investitrici potrebbero spingere per pagare solo le impression viste, pagandole però allo stesso prezzo attuale; dall’altra parte i publisher richiedono di incrementare il prezzo delle impression visualizzate.
UPA e FCP-Assointernet hanno avviato un Tavolo di lavoro congiunto e continuativo per affrontare il tema della viewability dei formati pubblicitari Display e Video Online. Il progetto ha prodotto a inizio 2016 il suo primo importante risultato: un vademecum messo a disposizione di tutti gli operatori del settore, titolato “Viewability: alcuni principi base per favorirne un uso più omogeneo nel mercato”.
Targeting e oltre
Una seconda metrica di misurazione delle performance che è stata recentemente introdotta sul mercato fa riferimento all’efficacia del targeting, ossia alla percentuale di impression che raggiungono il target desiderato di una campagna. La percentuale “in-target” a livello internazionale è mediamente del 48%; anche in questo caso l’italia è in linea con la media internazionale. Una campagna può non risultare in-target ad esempio per un limitato aggiornamento dei dati demografici o per l’utilizzo di cookie presenti in device condivisi da più persone.
Viewability e targeting sono quindi molto utili soprattutto ai grandi investitori pubblicitari per poter ottimizzare il ROI delle proprie campagne. Ma è possibile andare anche oltre: oggi si possono anche fare analisi molto più approfondite, che riguardano ad esempio la qualità della pagina e l’affollamento dei contenuti, e misurazioni qualitative che in futuro miglioreranno di molto il servizio e che saranno sempre più importanti, come la Brand Safety, ovvero la coerenza del contenuto pubblicitario rispetto al contenitore, al publisher che lo ospita.