Torna sotto i riflettori la centralità del consumatore quale elemento di competitività delle aziende del Retail, alle prese oggi con una trasformazione digitale senza precedenti. È infatti l’evoluzione dello shopping, tra innovazione tecnologica e digitalizzazione dirompente dei modelli di business, la protagonista assoluta del dibattito che la scorsa settimana ha portato a Milano, ospiti di Retail Institute Italy, personaggi del calibro di Andrea Farinet, Professore Associato di Marketing Relazionale e CRM presso LIUC Università Cattaneo e Presidente del Socialing Institute, che ha moderato tutte le sessioni plenarie, Daniel Bobroff, Founder di Coded Futures, esperto nell’ambito del FashionTech e noto quale pioniere dell’in-gaming advertisings e Andy Austin, un passato in Amazon, AT&T, JCPenney e Audi, oggi Presidente di The Industrious.
Customer experience, un aiuto può arrivare dal gaming
“Il primo grande tema da associare all’analisi dell’evoluzione del settore Retail è quello della customer experience – è l’analisi di Farinet che apre i lavori della giornata convegnistica – che oggi si concretizza anche attraverso progetti di ridefinizione architetturale del punto vendita partendo dalla consapevolezza che l’esperienza in negozio è ormai quasi sempre preceduta o contestuale ad una esperienza digitale”.
Ad entrare nel dettaglio su questi aspetti è Daniel Bobroff che, nel suo intervento, focalizza l’attenzione sull’evoluzione dell’esperienza di acquisto portando all’attenzione dei presenti le sfide del mercato Fashion: “l’esperienza deve sempre più essere basata su una perfetta integrazione tra punti vendita fisici e store online; la parola d’ordine è omnicanalità”, dice senza troppi giri di parole. “Un’esperienza che può trovare nel mondo del gaming un efficace alleato, soprattutto per catturare il pubblico più giovane”.
Il 70% degli utili di un’azienda arriva dalla connessione emotiva
Il coinvolgimento emotivo è il secondo filone di analisi che Farinet introduce citando il noto professore emerito della Harvard Business School, Gerald Zaltman, sostenitore della cosiddetta “dimensione inconsapevole dei comportamenti d’acquisto degli utenti”, oggi pilastro fondante di molte metodologie recenti relative allo studio psicologico dei consumatori. “Dalle indagini condotte da Zaltman nei primi anni duemila sono emerse alcune interessanti pubblicazioni dalle quali si evince un messaggio molto chiaro per il Marketing e la Brand Reputation di un’azienda: la chiave di volta sta nella connessione emotiva”.
Una teoria avvalorata dai numeri, dato che dopo due anni in cui sociologi, psicologi, antropologi, statistici e demografi sono stati chiamati da Zaltman a formulare delle ipotesi teoriche, sono state condotte ricerche dettagliate per ben quattro anni in diversi paesi (coinvolgendo oltre un milione di consumatori in 150 differenti mercati) attraverso le quali si è giunti ad una conclusione davvero interessante: “il 70% degli utili di un’impresa – illustra Farinet – proviene da clienti emotivamente connessi con il brand aziendale”.
Un tema molto caro anche a Andy Austin che durante la sua presentazione ritorna sull’importanza dell’integrazione tra fisico e digitale (intesi sia come punti vendita sia come esperienza utente) incentrando la sua analisi sulla necessità, per un brand, “di orientare ed instaurare una conversazione con il consumatore che sia in grado di attirarlo, coinvolgerlo, emozionarlo”.
“Shoppers want to shop”, è il mantra di Austin, “ma oggi convincere gli utenti è sempre più difficile, servono strumenti e contenuti di intrattenimento, non solo di vendita; le persone vogliono sentirsi partecipi, addirittura protagoniste. Ecco perché non ha più senso parlare di customer satisfaction ma serve sempre più orientare gli sforzi per l’esperienza e il coinvolgimento dei consumatori”.