A che punto sono le PMI italiane nell’uso di strumenti di Marketing e Comunicazione digitali? «I livelli di competenza e consapevolezza delle strategie di comunicazione sono molto diversi, ma più della metà delle piccole medie imprese oggi ha un sito. E ormai i siti si vendono quasi al 100% responsive, quindi la presenza sul Mobile è ben percepita», ha affermato di recente Paolo Portioli, Direttore Marketing, Seat Pagine Gialle, intervenendo a un convegno organizzato dall’Osservatorio Mobile B2C Strategy del Politecnico di Milano e focalizzato sull’utilizzo del canale Mobile nei processi aziendali. Come è naturale, sono le aziende medio- grandi a muoversi prima: dalla ricerca emerge infatti che in due organizzazioni su tre il percorso verso la Mobile Transformation è avviato. Per le PMI, invece, la strada è più complessa.
«Circa il 90% delle PMI ha meno di dieci addetti e opera su un mercato principalmente locale – ha puntualizzato Portioli -. I top management è sostanzialmente rappresentato dall’imprenditore e da qualche suo familiare e il loro obiettivo principale è quello di far funzionare il business: per questo la loro competenza in termini di digitalizzazione è parziale, guidata dalla propria esperienza e quella dei propri familiari che molto spesso sono più giovani e quindi spingono a esplorare strade digitali più innovative. Ma non sempre gli strumenti sono conosciuti».
Gli strumenti locali sono vincenti
I canali di comunicazione tradizionali restano dunque in cima ai pensieri dei piccoli imprenditori, che prediligono attività che insistono sul
territorio in cui operano. «Il volantino mantiene un ruolo forte perchè è molto locale: le piccole medie imprese, come un ristorante, una tintoria o un centro estetico, hanno la necessità di contattare dei clienti nel loro circondario e con il digitale non sempre ci sono gli strumenti adatti».
Opportunità in questo senso arrivano dallo smartphone perché risponde a un’esigenza specifica di comunicare a livello molto localizzato. «Il mobile, rispetto al desktop permette una geolocalizzazione molto più puntuale e vicina alle esigenze del piccolo imprenditore: permette a un albergatore i cui clienti vengono principalmente dall’area di Milano, di fare delle campagne nella città, o a un centro estetico di contattare le persone a 2 km di distanza e non di più. Stiamo vedendo un grande interesse». Analogamente, secondo Portioli il proximity marketing è uno dei grandi filoni collegato all’utilizzo corretto dei dati che deve essere esplorato sempre più e affinato.
«La domanda c’è – ha concluso il manager -. Le piccole medie imprese sono disposte a spendere dal momento in cui si trovano le soluzioni corrette, che portano un ritorno sull’investimento. Questa esigenza di tracciare il ritorno della spesa è aumentata e di questo ne dobbiamo sempre tenere conto: dobbiamo portare un ritorno e dimostralo».