Negli ultimi anni, il panorama della pubblicità digitale (o digital advertising) è stato investito da un’ondata di cambiamenti, che a loro volta hanno richiesto una modifica delle competenze degli inserzionisti e delle dinamiche proprie dell’industry. Oggi, a differenza del passato, si registra la necessità di raggiungere una più accurata personalizzazione e pertinenza dei messaggi pubblicitari, di aggirare gli adblocker con contenuti di qualità e, infine, di ottenere una misurazione più precisa delle attività pubblicitarie.
La prossima grande trasformazione che il comparto dovrà affrontare è rappresentata dall’eliminazione dei cookie di terze parti annunciata da Chrome che avverrà nel 2024. Proprio in preparazione al futuro cookieless, stanno già emergendo nuove funzionalità e tecnologie che permetteranno ai marketer di continuare ad operare nel nuovo scenario.
Affinché questo passaggio avvenga agevolmente, è fondamentale che gli addetti ai lavori comprendano le basi indispensabili per garantire il successo delle campagne digitali, anche se attualmente la misurazione e l’attribuzione rimangono una sfida cruciale per molti.
Esiste tuttora un divario tra ciò che viene misurato e le metriche che effettivamente forniscono valore al business. Inoltre, i dati utilizzati per queste valutazioni sono spesso obsoleti e non attuali, il che rende difficile avere un quadro preciso delle performance pubblicitarie.
In che modo, quindi, le aziende dovrebbero misurare l’efficacia delle loro campagne, soprattutto alla luce dell’imminente mondo cookieless che sta per trasformare nuovamente le condizioni?
Misurare una campagna adv considerando gli obiettivi aziendali
Molti marketer continuano a non allineare le metriche medie agli obiettivi aziendali generali. Ad esempio, quando il broadcasting era il canale dominante, la sua efficacia veniva quantificata attraverso la reach e la frequenza. In seguito, intorno al 1995, è sopraggiunto il boom della pubblicità digitale e con essa la diffusione del search marketing.
La metrica principale utilizzata quindi per valutare l’engagement degli utenti negli annunci pay-per-click (PPC) era il click (altrimenti noto come click-through-rate, o CTR).
È facile trovare un collegamento tra l’interesse dei consumatori verso il brand e un CTR elevato, ma il digital advertising si è evoluto dagli anni ’90 e – sebbene i format degli annunci e i canali mediatici siano più vari che mai – il click-through-rate è ancora ampiamente utilizzato per misurare l’efficacia della pubblicità digitale.
In realtà il CTR da solo non basta: anche se un valore elevato può essere una buona indicazione di quanto siano attrattive le creatività non riesce ad indicare se l’acquisto sia stato effettivamente concluso.
In un domani senza cookie di terze parti, una corretta misurazione diventa sempre più essenziale. Dato che il comportamento dei consumatori online è in costante evoluzione, per i professionisti del marketing e del mondo digital è necessario iniziare a individuare strategie migliori per quantificare i ritorni derivanti dagli investimenti sui media e collegare direttamente il ROI (return on investment) della spesa mediatica agli obiettivi aziendali del brand. Questo è possibile con i dati di prima parte.
Campagna adv, i dati di prima parte e le metriche
Mentre i cookie di terze parti sono ormai considerati superati, i first-party data sono ora più che mai imprescindibili. Adottando una strategia basata esclusivamente sui dati di prima parte ed esaminando il comportamento dei consumatori direttamente dal sito web, o collaborando con un fornitore di tecnologia in grado di supportare l’organizzazione in tal senso, è possibile sfruttare i dati provenienti direttamente dagli utenti per misurare con precisione metriche importanti quali:
- Traffico totale del sito: il numero di visitatori unici del sito web provenienti da diverse fonti, quali canali social, paid e organic search o altro.
- Customer lifetime value (LTV): ovvero il valore totale di un consumatore considerando la durata della sua relazione con un brand. Mantenere viva il rapporto con i clienti già attivi costa meno che acquisirne di nuovi. Misurare regolarmente il LTV permette dunque di comprendere se le campagne stanno aumentando il valore dei clienti già attivi.
- Costo per acquisizione (CPA): misura il costo richiesto per ottenere un’azione – come, per esempio, registrarsi a un evento, richiedere una demo o generare un lead – da parte di un potenziale cliente.
I brand sono pronti a misurare utilizzando i dati di prima parte?
I dati hanno un valore solo se vengono interpretati e impiegati correttamente. È dunque di primaria importanza, per qualsiasi azienda che voglia avere successo nel marketing, identificare partner che possano supportarla a utilizzare i dati di prima parte a disposizione per raggiungere una serie di obiettivi, tra cui la segmentazione, la distribuzione e la misurazione.
Il passo successivo consiste nell’identificare i risultati che possono essere misurati digitalmente (ad esempio, l’aumento del ROI legato all’investimento in adv o la crescita dei clienti alto spendenti). Le metriche dovrebbero essere definite in anticipo, quando vengono stabiliti gli scopi della campagna, per garantire un’ottimizzazione effettivamente orientata verso risultati concreti.
Quando si attiva la comunicazione online bisogna utilizzare gli stessi dati di prima parte impiegati per pianificare su tutti i canali, compresi quelli digital come i social, il programmatic display e i video. Utilizzando i first-party data live per l’attivazione delle attività pubblicitarie, invece di dati di terze parti ormai superati, è possibile ottenere una pubblicità altamente personalizzata, accurata e a prova di futuro.
Visto che un numero crescente di aziende sta iniziando ad affrontare l’imminente futuro cookieless, ciò che ci si aspetta è una trasformazione a livello di industry nel modo in cui le campagne di digital advertising vengono quantificate e misurate.