L’industria automobilistica è in profonda trasformazione. Basta pensare al successo del car sharing, ai veicoli a basso impatto ambientale o ai nuovi motori alternativi. Ad attendere i produttori c’è poi un importante bivio, che riguarda i servizi di telematica. La posta in gioco è avere un ruolo di primo piano nell’emergente mercato IoT o delle connected car, le auto connesse e intelligenti. Lo scenario che si prospetta a lungo termine (2030/40) è poi quello delle auto senza guidatore, ma già da adesso si stanno rimescolando le carte per tutti i servizi telematici esistenti e a venire.
L’importanza degli standard
Le aziende automotive vedono la necessità di definire uno standard proprio del settore per sottrarsi al rischio di perdere i vantaggi economici provenienti dalle future applicazioni telematiche di veicoli sempre più connessi ed eventualmente i propri stessi clienti a vantaggio dei big di Internet, Google e Apple in testa. Ma questo implica un accordo che finora non sono mai riusciti a trovare tra loro per sviluppare uno standard comune al settore per costruire un universo di applicazioni telematiche proprie del settore automobilistico. Tuttavia, la minaccia non era percepita in passato come oggi. Acerrimi concorrenti come BMW, Audi e Mercedes si sono trovati molto rapidamente d’accordo quando si è trattato di rilevare la divisione Mappe di Nokia (HERE): una mossa che riduce il rischio in un prossimo futuro di dipendere da qualche gigante dell’IT nello sviluppo di applicazioni basate sulla navigazione o dell’auto senza guidatore.
Anche andare in maniera diretta contro giganti quali Apple e Google richiede uno sforzo sia dal punto di vista finanziario che di capitale umano non indifferente per un’industria oggi già molto sotto pressione su aspetti che sono molto più “core business” della telematica e con capitali da investire di gran lunga inferiori a quelli di Apple e Google (e.g. la liquidità disponibile sul bilancio di Google è superiore alla somma di quella di GM, Ford e FCA messe insieme). Lo sforzo però potrebbe essere ripagato, in termini di maggiori ricavi e margini grazie ai servizi integrati al veicolo già al momento della costruzione. Nel perseguire questa strada in modo autonomo, i produttori (gli OEM) dovrebbero prestare anche molta attenzione alle implicazioni sul piano delle risorse umane, viste le notevoli differenze tra una cultura di produzione industriale votata alla vendita di beni durevoli e una cultura di servizi (in special modo Saas) basata su innovazione e sperimentazione agile e continua. In tal senso, dovrebbe essere loro di monito il fatto che i servizi di telematica già oggi disponibili come ad esempio l’assicurazione PAYD (Pay As You Drive) sono sfuggiti al loro dominio fin dalla loro introduzione e sono stati creati da pure players telematici, in cooperazione con le compagnie di assicurazione o le società telecom. Un aspetto che gioca in favore dei produttori automobilistici è il controllo dei dati della vettura già nella fase di costruzione del veicolo, a livello di OBD (On-Board Diagnostics) o CAN (Controller Area Network) Bus.
Le società del mondo IT, Apple e Google in testa, si affacciano oggi a questo mercato con l’obiettivo a lungo termine di creare veicoli completamente autonomi. Nel breve termine, il loro scopo principale è quello di connettere un ambiente, il veicolo, che a differenza delle case, degli uffici e dei dispositivi portatili (telefoni e tablet) sfugge ancora alla loro copertura (se non indirettamente, attraverso i device di guidatori e passeggeri). Propedeutico a questo è la sviluppo di SW e app nel proprio ambiente “nativo” (sia esso iOS o Android). Per fare questo dovranno avere la possibilità di integrare sempre di più i dati telematici del veicolo (e.g. velocità, assetto, accelerazione, decelerazione, stato del motore, direzione) alle app che via via si svilupperanno.
Una naturale cooperazione sembrerebbe quindi nell’interesse di entrambe le parti e non mancano in tal senso le tante discussioni tra Silicon Valley e gli OEM in questi ultimi tempi.Tuttavia, ognuno cerca ovviamente di portare la cooperazione nel proprio terreno di gioco.
Avendo già sviluppato ecosistemi per il mondo Mobile, Apple e Google spingono affinché questi ambienti si estendano anche al mondo dell’automotive di modo da generare un’esperienza integrata senza soluzione di continuità da parte dei consumatori. Ovviamente questa scelta porterebbe a uno sviluppo più rapido di app dedicate alla telematica, dal momento che già esiste un ecosistema di sviluppatori su queste piattaforme. Da parte loro, gli OEM cercano di proporre sistemi alternativi, come SDL sviluppato da Ford in open-source sul quale per esempio Spotify per l’utilizzo in auto ha già creato l’interfaccia della propria app oltre che per CarPlay (Apple) e Android Auto (Google). Il rischio per loro è alla lunga di diventare solo la parte HW del mercato con tutta la parte di app’s e servizi saldamente in mano al mondo del IT un po’ come è successo ai produttori di telefoni che hanno contribuito alla diffusione mondiale di Android per poi trovarsi esclusi dai ricavi provenienti dalle app e dalla pubblicità.
I dati: dai sensori dell’auto o dallo smartphone?
Ma allo stesso tempo, gli OEM stessi non dovrebbero ignorare che ogni telefono ormai ha al suo interno gli elementi fondamentali della telematica, GPS, accelerometri, giroscopi e carta SIM, che possono essere usati già da adesso per creare app in autonomia (rispetto all’accesso ai dati ODB o CAN Bus) utilizzando i dati del veicolo. In tal senso si è mossa per esempio l’app Zendrive che utilizza i sensori del telefono e riesce a fornire una suite di servizi telematici che va dal monitoraggio della posizione, al rilevamento di incidenti, alla misurazione dello stile di guida. Il tutto già in ambienti iOS o Android e coniugabile ad altre app tramite API. Stessa cosa per Cambridge Mobile Telematics che propone una soluzione telematica basata sul telefono in modalità Saas attraverso un’app da scaricare.
Inoltre, secondo una ricerca dell’University of Illinois, i dati recuperati direttamente attraverso i sensori del telefono ai fini di applicazioni telematiche danno un’affidabilità del 94-98% rispetto a quelli recuperati tramite l’OBD del veicolo, rendendo quindi possibile svincolarsi da accordi con gli OEM se si è soddisfatti di un simile tasso di accuratezza.
Il ruolo dei pure players della telematica
Gli attori telematici pure players, quali per esempio Octo o Tom Tom Telematics, pur essendo stati fino ad oggi coloro che hanno fatto di più per inventare e sviluppare il mercato in tutte le direzioni, dall’assicurazione PAYD alla diagnostica a distanza, alla gestione delle flotte passando per il rilevamento del modo di guidare, devono oggi interrogarsi su come il loro modello di business cambierà rapidamente e come possono posizionarsi per mantenere od eventualmente espandere le loro posizioni. Avendo fin dall’inizio proposto soluzioni HW e SW proprietarie, essi sono i soggetti più a rischio di grandi cambiamenti di tutta la filiera della telematica.
Per quanto riguarda l’HW, fino ad oggi si è sempre reso necessario uno sviluppo proprietario da parte delle singole società limitando le economie di scala nello sviluppo e nella produzione.
Allo stesso modo, per la parte SW i vari operatori hanno creato nel tempo le loro piattaforme proprietarie sia in back-end che User Interface che, in quanto tali, limitano quindi la scalabilità del business nel tempo. Non è un caso che in questi ultimissimi anni abbiamo assistito ad un crescente interesse da parte di fondi di Private Equity e a diverse acquisizioni nel mondo della telematica.
Tuttavia, anche l’attività di fusioni e acquisizioni, in tempi molto prossimi potrebbe non essere sufficiente agli operatori pure players a mantenere le proprie quote di mercato. In uno scenario che si preannuncia dominato dai grandi giganti di internet e dagli OEM, con accordi come già detto ancora tutti da definire, i pure players faticheranno a ritrovare la loro posizione di pionieri del mercato. Nel momento in cui gli OEM useranno loro stessi i dati del veicolo o li metteranno a disposizione in un ambiente da loro parzialmente controllato a seguito di accordi con i grandi attori di internet e quando questi ultimi riusciranno ad estendere ai veicoli la “copertura” Android o iOS, le varie app telematiche si svilupperanno naturalmente all’interno di questo ecosistema, che godrà ovviamente di grandi economie di scala.
Un flusso di preziosi “Big Data”
A questo effetto se ne aggiungeranno altri di economia di network, altrettanto importanti: la base dati generata da tutti i veicoli equipaggiati che fornirà in tempo reale dati di traffico, di consumo, di posizione, di tipo di utilizzo, di percorsi effettuati, di strade temporaneamente interrotte e tanto altro ancora che in chiave “Big Data” rappresentano un enorme valore aggiunto per chi li abbia a disposizione. Per esempio, si pensi all’ottimizzazione dei percorsi in tempo reale da parte di chi opera flotte di veicoli in funzione di rallentamenti di traffico e/o incidenti. Oppure all’aggiornamento delle mappe in tempo reale invece di dover rifare la mappatura delle strade ad intervalli regolari. Oppure all’ottimizzazione nella progettazione dei veicoli prendendo in considerazione come, dove e quando vengono utilizzati, su che tipo di percorsi, con quali accelerazioni e decelerazioni, su percorsi di quale lunghezza media. Oppure una mappatura in tempo reale delle emissioni di CO2 e altri ossidi.
Giusto come esempio ricordiamo che Google ha già acquisito nel 2013 Waze per €1.3bn, un’app basata sulla contribuzione spontanea di dati di traffico e navigazione da parte dei suoi utilizzatori.
Questi dati sono di enorme importanza in diversi settori industriali e non (per esempio governi ed amministrazioni locali). Più veicoli utilizzano una certa app, più saranno i dati a disposizione in ogni istante e tanto più di valore sarà l’applicazione che li genera e, di conseguenza, la società che ha costruito la app stessa. I pure players telematici attuali avranno con il tempo sempre più difficoltà ad avere una densità di veicoli sulla strada sufficiente per avere una massa critica rispetto a soluzioni presentate da una possibile alleanza tra giganti di internet e OEM. E questa è un’ulteriore sfida con la quale dovranno confrontarsi già da adesso.
Inoltre, i loro partner storici come per esempio le assicurazioni per applicazioni di PAYD, si riallineerebbero su applicazioni che hanno un costo più basso grazie alle economie di scala e maggiore rilevanza statistica grazie alle economie di network.
Per i pure players della telematica questo è il momento di riflettere su quanto è sostenibile il loro posizionamento attuale sul mercato, come diventare più orientati allo sviluppo SW piuttosto che continuare a sviluppare soluzioni HW proprietarie per posizionarsi sul nuovo mercato prendendo magari spunto da come società di app B2B Saas hanno rivoluzionato il mercato del software CRM/ERP nel recente passato.
Le Telco, un anello fondamentale della catena
Altri player fondamentali in questo mercato che potrebbero approfittare di questi cambiamenti sono gli operatori telecom. È indubbio che le telco abbiano perso diverse occasioni per essere protagonisti in prima persona dei grandi cambiamenti nei settori media e IT, dal mondo delle app a quello della musica, alla televisione OTT (Over The Top), ai social media, ai media digitali.
Facendo leva sulla loro necessaria presenza nella catena dei servizi telematici, le telco potrebbero entrare in gioco tramite partnership con gli OEM e/o i grandi gruppi di internet per aggiungere la connettività nei veicoli già in fase di progettazione oppure partecipando attivamente al dibattito sulla standardizzazione dei sistemi telematici. In parallelo, potrebbero pensare a sviluppare in proprio o insieme agli operatori storici di telematica quelle app di telematica 2.0 come già detto per gli stessi pure players.
Alcuni operatori telecom hanno già preso posizione da tempo nel settore della telematica cercando di espandere il proprio mercato tradizionale ormai saturo in Europa e negli Stati Uniti da tanto tempo. Si pensi all’acquisizione di Cobra da parte di Vodafone nel 2014, oppure a quella di Ocean da parte di Orange, o a quella di Hughes Telematics da parte di Verizon negli Stati Uniti. Sempre al di là dell’oceano, AT&T ha sviluppato in proprio le soluzioni AT&T Drive insieme ad altri partners.
Per questi operatori telecom, come per gli altri, si pone l’imperativo di come posizionarsi nel mondo della telematica 2.0 nel momento in cui bisogna integrare i veicoli agli ambienti già connessi e che ruolo giocare nello sviluppo dei veicoli senza guidatore.
Quale ruolo per i Governi?
In ultimo, ma non per importanza, bisogna necessariamente tenere in considerazione quale ruolo i governi nazionali e l’UE possono, vogliono o devono giocare in questo settore. Il passaggio della telematica da mercato relativamente piccolo di nicchia dettato da piccole società pure players per diventare una parte rilevante della rivoluzione IoT (o M2M), comporta l’ingresso in campo di settori e società molto più grandi di quelli coinvolti fin dall’inizio.
Senza voler entrare nel dibattito sul ruolo più o meno liberale o dirigista degli stati, è importante sottolineare che sono in gioco standard e mercati che coinvolgono più settori (automotive, internet, telecom, IT, assicurazioni). Si ricordi in tal senso, che un’industria che per l’Europa è stata di enorme successo nel mondo in tutti questi anni è stata quella della telefonia mobile nata intorno allo standard comune GSM che è poi diventato uno standard globale. Inoltre, vanno affrontati aspetti legislativi nuovi quali per esempio la responsabilità civile in caso d’incidenti che vedano coinvolti veicoli più o meno autonomi. Oppure come gestire l’hacking possibile di veicoli. Più in generale, ci sono e ci saranno più attori intorno ai veicoli e alle app corrispondenti che porterà il bisogno anche di stabilire un quadro legislativo in materia a livello Europeo.
I governi con il loro operato influenzano in un verso o nell’altro gli sviluppi tecnologici; basti per esempio pensare che un’accelerazione fondamentale allo sviluppo della Google car è rappresentato dalla delibera da parte degli stati del Nevada e della California che autorizza i test sulle strade normali di veicoli senza guidatori.
*Matteo Altobelli, ingegnere con MBA conseguito all’INSEAD, è partner e fondatore di Tilden/Cramm società dedicata allo sviluppo internazionale di PMI e start-up attraverso analisi strategiche e supporto manageriale. Ha un’esperienza ventennale come dirigente di società internazionali. È stato anche Chief Marketing Officer di Masternaut, uno dei leader europei della telematica.