L'esperto

Dati personali: la tutela della privacy e dei diritti all’epoca del Covid-19

È legittimo, in questo momento di emergenza, sacrificare la privacy nel nome del bene comune? Fino a che punto è plausibile spingersi? Cosa implica la proposta di arginare i contagi tracciando i cellulari dei cittadini per controllarne gli spostamenti? Una riflessione su quanto sta accadendo in queste settimane e su ciò che è lecito in una democrazia

Pubblicato il 23 Mar 2020

Francesca Lonardo

Partner, P4I - Partners4Innovation

privacy

In un contesto quale quello attuale, in cui la privacy è percepita come un ostacolo alla gestione del Covid-19, ci si sta chiedendo se abbia senso parlare di protezione dei dati personali.

Ebbene, in uno stato eccezionale di emergenza è possibile limitare le libertà e i diritti individuali, incluso il diritto alla tutela dei dati personali. Tale diritto, infatti, come indicato al punto 4 nel Regolamento UE 2016/679 (“GDPR”), non è un diritto assoluto, ma va contemperato con altri diritti e interessi pubblici, quale quello alla salute. La stessa Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, all’art. 52, consente limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà ivi riconosciute, se previste per legge, laddove necessarie per effettivefinalità di interesse generale riconosciute dall’Unione” o per “proteggere i diritti e le libertà altrui” nel rispetto del principio di proporzionalità.

Il Governo, invero, per far fronte all’emergenza, ha adottato misure sempre più stringenti, che hanno progressivamente limitato le nostre libertà, ivi inclusa quella di movimento.

Ma fino a che punto possono spingersi le limitazioni?

A tale riguardo, il Presidente dell’autorità garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro, ha precisato che le limitazioni, anche incisive, che i diritti possono subire in contesti emergenziali, devono essere comunque “proporzionali alle esigenze specifiche e temporalmente limitate”[1]. “L’emergenza ammette deroghe ai diritti fondamentali, ma pur sempre “nella logica del diritto e non dell’arbitrio o del “governo dell’emozione”. Persino nella circostanza estrema dello stato di guerra, la delega al governo concerne i soli poteri necessari: espressione, questa, della superiorità del diritto e della democrazia, comunque in grado di affrontare l’emergenza senza rinnegare la propria identità”.[2]

Possono quindi considerarsi legittime le proposte ultimamente avanzate da più parti di tracciare i cellulari per controllare gli spostamenti dei cittadini all’interno del territorio nazionale, al fine di contrastare la diffusione dell’epidemia sul modello di altri paesi?

In Cina, Corea del Sud e Singapore, infatti, sembra siano riusciti a fermare il virus tramite la tecnologia. Sono state, ad esempio, utilizzate app di geolocalizzazione con cui è stato possibile ricostruire l’esatta “catena di contatti” dei soggetti risultati positivi al virus (che sono stati poi isolati).

Non si può, tuttavia, non considerare che queste esperienze sono maturate in ordinamenti con scarsa attenzione per le libertà individuali e avvezzi a imporre restrizioni alla privacy, a prescindere dal Covid-19. Prendere come riferimento modelli con una cultura giuridica totalmente diversa dalla nostra è però pericoloso: “chi ha la responsabilità di governare si deve ispirare alla nostra Costituzione e non al governo dell’emozione.[3]

Anche il Comitato Europeo per la protezione dei dati (EDPB) ricorda che, ai sensi della direttiva ePrivacy, i dati relativi all’ubicazione possono essere utilizzati dall’operatore solo se resi anonimi o con il consenso degli interessati. Le autorità pubbliche dovrebbero innanzitutto mirare al trattamento dei dati relativi all’ubicazione in modo anonimo (ossia trattare dati aggregati in modo che gli individui non possano essere re-identificati) [4]. Quando non è possibile trattare dati anonimi, l’art. 15 della direttiva ePrivacy consente agli Stati membri di introdurre misure legislative che garantiscano la sicurezza nazionale e la sicurezza pubblica [5]. Tale legislazione di emergenza è possibile a condizione che costituisca una misura necessaria, appropriata e proporzionale all’interno di una società democratica. Misure invasive, quali il “monitoraggio” delle persone fisiche (ossia l’elaborazione di dati storici di localizzazione raccolti in forma non anonima) per contenere o ridurre la diffusione del virus potrebbero essere considerate proporzionali solo in circostanze eccezionali, in funzione delle modalità concrete del trattamento, laddove strettamente limitate alla durata dell’emergenza e soggette al controllo giurisdizionale della Corte di giustizia dell’Unione europea e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo [6].

In un momento, come questo in cui si è disposti a sacrificare la privacy in nome di un bene superiore è certo facile cedere alla comoda “tentazione della scorciatoia tecnologia”, mentre è arduo sostenere strenuamente le libertà individuali di fronte a iniziative che, limitandole, sembra abbiano dato risultati eclatanti alla lotta alla pandemia.

Ogni scelta dovrebbe però essere effettuata “valutando attentamente benefici attesi e “costi”, anche in termini di sacrifici imposti alle nostre libertà”. Le deroghe alle regole ordinarie, in ragione delle necessità, devono essere attuate “in un quadro di garanzie certe e senza cedere a improvvisazioni”. L’emergenza “per distinguersi tanto dalla forza, quanto dall’arbitrio” non può essere “autonoma fonte del diritto”, ma una circostanza che il diritto deve normare, pur con eccezioni …”.[7]

La tenuta della nostra democrazia passa anche per la tutela della privacy.

Note a comprensione del testo

  1. Analogamente il Comitato Europeo per la protezione dei dati (EDPB), “Emergency is a legal condition which may legitimise restrictions of freedoms provided these restrictions are proportionate and limited to the emergency period”,Statement on the processing of personal data in the context of the COVID-19 outbreak” del 19 marzo 2020.
  2. Intervista del 17 marzo 2020 “Soro, la sfida privacy in era coronavirus. Garante, sì misure straordinarie, ma proporzionate e temporanee”.
  3. Intervista del 19 marzo 2020 In uno stato di eccezione è lecito rinunciare a qualche libertà. Ma il nostro modello non potrà mai essere la Cina. Analogamente, nella precedente intervista del 17 marzo, il Presidente precisava che “persino nella circostanza estrema dello stato di guerra, la delega al governo concerne i soli poteri necessari: espressione, questa, della superiorità del diritto e della democrazia, comunque in grado di affrontare l’emergenza senza rinnegare la propria identità”.
  4. This could enable to generate reports on the concentration of mobile devices at a certain location (“cartography”)” “Statement of the EDPB Chair on the processing of personal data in the context of the COVID-19 outbreak” del 16 marzo 2020.
  5. In cui può rientrare, come precisato dall’EDPB Chair, Statement del 16 marzo 2020 cit., la tutela della salute pubblica.
  6. L’EDPB precisa che è necessario assicurare la protezione dei dati personali anche in periodi eccezionali e che ogni misura adottata in un contesto emergenziale deve rispettare i principi generali del diritto: “It is in the interest of humanity to curb the spread of diseases and to use modern techniques in the fight against scourges affecting great parts of the world. Even so, the EDPB would like to underline that the data controller and processor must ensure the protection of the personal data of the data subjects. Therefore, a number of considerations should be taken into account to guarantee the lawful processing of personal data and in all cases it should be recalled that any measure taken in this context must respect the general principles of law and must not be irreversible”- EDPB, Statement del 19 marzo 2020 cit.
  7. Intervista del 17 marzo 2020 cit.

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