Cresce la domanda di Machine Learning Specialist e le professioni legate all’ambito dell’intelligenza artificiale (AI) si stanno sviluppando molto più velocemente rispetto alla maggior parte degli altri percorsi professionali. Il World Economic Forum, all’interno del suo studio The Future of Jobs Report 2020, ipotizza che entro il 2025 l’aumento delle macchine e dell’automazione eliminerà 85 milioni di posti di lavoro, di contro ne verranno creati 97 milioni di nuovi più adatti a governare l’interazione tra uomo e macchina. Tra le nuove competenze digitali un posto di prima piano va all’AI e Machine Learning Specialist che, dopo il Data Analysts and Scientist, risulta essere globalmente il ruolo per il quale si registra il maggior aumento di domande da parte delle organizzazioni. Analizzando poi Paese per Paese, il WEF identifica l’AI e Machine Learning Specialist la prima professione emergente più richiesta anche in Italia.
Il fenomeno di una nuova disciplina che prende forma così rapidamente solleva interrogativi per le aziende che cercano di sfruttare queste abilità. Come progettare lavori che sfruttano al meglio questa nuova generazione di data expert? E come soddisfare le aspirazioni di questi nuovi lavoratori e sviluppare percorsi di carriera per portarli a livelli superiori, considerando che la mancanza di competenze tecniche sta già cominciando a sembrare un problema?
Machine Learning Specialist, il lavoro del futuro è già qui
Il machine learning da un lato rappresenta così una delle opportunità di lavoro più promettenti dei prossimi anni, dall’altro è un modello che mostra come le persone, che entrano oggi nella workforce, si adattino ai cambiamenti della richiesta occupazionale del futuro. A fare un excursus sul tema è un articolo del Financial Times, che sintetizziamo di seguito.
Il machine learning nasce dal connubio tra statistica e informatica, e ha rivoluzionato il campo dell’AI: si basa contemporaneamente su una nuova classe di algoritmi di apprendimento che migliorano nel tempo e sulla disponibilità di grandi moli di dati che supportano sistemi.
Molte organizzazioni hanno investito nell’infrastruttura IT necessaria per “accumulare big data“, spesso eliminando i silos interni per riunirli in “contenitori di dati” centralizzati. Tutto questo è sfociato in un’improvvisa richiesta di specialisti. Inoltre, si è dovuto fare i conti con il fatto che i corsi di informatica tradizionale non sono più sufficienti per formare questi professionisti: il machine learning non riguarda solo gli informatici, ruota attorno alla raccolta, al confronto e all’analisi dei dati, estendendosi su diversi campi, tra cui la matematica, la statistica e la programmazione. Anche la formazione dei manager non è più sufficiente: per riuscire a interagire con gli esperti di machine learning hanno bisogno di aggiornarsi e familiarizzare con la tematica, il cui raggio d’azione spazia su diverse aree di business.
L’articolo del Financial Times cita Anthony Goldbloom, il Fondatore e Amministratore Delegato di Kaggle – la piattaforma di crowdsourcing acquisita nel 2017 da Google, dedicata all’apprendimento automatico e utilizzata da oltre 600mila professionisti di dati per costruire modelli predittivi – che sottolinea come non esista una descrizione univoca per questo ambito emergente: molte delle persone tradizionalmente definite Data Analyst aspirano infatti al titolo di Data Scientist.
Come formarsi alle nuove competenze digitali
L’esplosione della domanda di queste competenze è avvenuta molto più rapidamente di quanto i tradizionali corsi accademici si aspettassero. Secondo Stack Overflow, che gestisce la più grande community di sviluppatori online e realizza uno dei sondaggi annuali più estesi del settore, i Data Scientist, i Machine Learning Specialist e gli sviluppatori con un background di statistica o matematica sono oggi tre delle quattro posizioni più remunerative nell’ambito software.
E le persone stanno cercando di trovare la loro strada in questo campo attraverso percorsi non convenzionali. Un recente sondaggio, condotto su 16.000 utenti di Kaggle, ha rilevato che solo il 30 % ha studiato machine learning o data science nel suo percorso universitario. Il 66% si è descritto autodidatta e poco più della metà ha dichiarato di aver utilizzato corsi online per formarsi. Le persone coinvolte nell’indagine hanno seguito percorsi fomativi differenti: si va dalla fisica all’informatica, dalla statistica classica, alla bioinformatica e all’ingegneria chimica. Il machine learning è quindi la prima disciplina che dimostra l’importanza del “lifetime learning”, considerando che, secondo Golbloom, non è possibile trascorrere un’intera vita lavorativa senza un re-skilling per adattarsi a nuove opportunità professionali e di crescita, legate a quest’area.
La velocità con cui le persone, anche con competenze differenti, si stanno adattando al machine learning riflette la natura stessa della disciplina. A tal proposito il Financial Times cita Andrew Ng, uno dei pionieri della tecnica “deep learning” sviluppata mentre era professore alla Stanford University, che afferma che con l’evoluzione del settore, cominciare ad approcciarsi a questo ambito sta diventando più facile per i non specialisti. Con l’avvento del deep learning, infatti, gli algoritmi diventano sempre più semplici, perché ci si affida di più ai dati. Dopo poche settimane, è possibile leggere i principali documenti di ricerca e avere spunti per elaborare idee all’avanguardia, e così la conoscenza si diffonde molto più velocemente.
I luoghi di lavoro ideali per chi lavora in questo campo sono le aziende cresciute su Internet, che raccolgono continuamente dati sul comportamento dei loro utenti e utilizzano tecniche come gli A/B test per migliorare costantemente i loro servizi. Le aziende che vogliono essere competitive per accaparrarsi i talenti chiave di domani, devono prendere esempio da queste realtà per coglierne le potenzialità attrattive.