In che modo i nuovi strumenti di Supply Chain Finance, a partire dal Reverse Factoring, possono aiutare le imprese a impostare una rotta stabile per affrontare la trasformazione digitale e la transizione ecologica? Si tende a pensare – ed è un pensiero tutt’altro che scorretto – che quando si parla di Twin Transition si debba adottare una prospettiva estesa nel tempo, con piani strategici supportati da investimenti di medio-lungo periodo. Mentre l’ambito del credito di filiera, a cui fa per l’appunto capo il Reverse Factoring, attiene più al breve termine, essendo focalizzato sull’incasso immediato delle fatture emesse.
Il meccanismo del Reverse Factoring prevede che, a fronte di un accordo siglato tra un operatore finanziario (di solito una banca o un altro investitore, denominato per l’appunto factor) e la principale azienda della filiera (identificata come grande debitore), le imprese fornitrici di quest’ultima cedano al finanziatore il credito vantato, concordando un tasso di interesse minore di quello che sarebbe previsto in assenza di un contratto di questo tipo.
Reverse Factoring: un alleato prezioso per il planning
«Se si rimane fermi in questa prospettiva generale, potrebbe sembrare difficile individuare declinazioni dello strumento utili a lavorare in modo specifico sui temi ESG e sull’innovazione tecnologica. Ma analizzandone più nel dettaglio le potenzialità, non si può ignorare il fatto che il ricorso al Factoring permetta di gestire la tesoreria in modo estremamente ordinato: al momento stesso dell’emissione di ciascuno dei documenti di vendita che rientrano nell’accordo, l’impresa riceverà la somma imputata in fattura al grande debitore. Il che, è evidente, migliora la gestione del working capital e aiuta chi si occupa di planning ad allocare con più precisione le risorse da investire nei vari rami aziendali, dalla crescita del business ai piani di digitalizzazione e sostenibilità dei processi», spiega Franco Marcarini, Head of Factoring di illimity, sottolineando anche altri aspetti spesso poco considerati quando si parla di Twin Transition: aspetti che il Reverse Factoring, direttamente e indirettamente, riesce però a indirizzare, contribuendo a migliorare la postura dell’azienda sia sotto il profilo della Digital Transformation sia sotto quello di una sostenibilità a 360 gradi.
Who's Who
Franco Marcarini
Head of Factoring di illimity
Il contributo del Reverse Factoring al raggiungimento degli obiettivi ESG
«Prima di ogni altra cosa possiamo ricordare come l’utilizzo di uno strumento completamente digitale come il reverse factoring sia coerente con una politica paperless. Inoltre, grazie a un flusso di cassa stabile, con liquidità immediatamente disponibili, lo strumento aiuta soprattutto le piccole e medie imprese a mantenere un atteggiamento serio verso i propri supplier, i quali potranno essere pagati sempre con la massima puntualità», continua Marcarini. Questo significa migliorare non solo il ciclo di vita dei prodotti e dei servizi che transitano lungo la filiera, ma anche il rapporto con la categoria di fornitori in assoluto più importante: esatto, parliamo delle persone assunte e dei collaboratori esterni, i cui parametri di benessere – che ovviamente non si misurano solo attraverso il trattamento economico – dipendono anche dalla serenità che l’organizzazione per cui lavorano riesce a trasmettere sul fronte della regolarità dei pagamenti di stipendi e compensi.
Il Reverse Factoring, d’altra parte, si rivela strategico pure per pianificare la spesa corrente e per contrastare – o addirittura prevenire – in modo efficace eventuali battute d’arresto del mercato. Marcarini ricorda poi che all’interno di un accordo quadro di credito di filiera, «il partner finanziario gestisce e analizza i flussi di denaro relativi al ceduto, ed è per questo in grado di notificare, con la massima tempestività, se un debitore, e quindi un cliente dell’azienda, non riesce più per esempio a garantire pagamenti puntuali ad altri player della catena del valore. A quel punto può convenire interrompere la fornitura di servizi e prodotti e andare alla ricerca di nuove opportunità con clienti più virtuosi».
Dematerializzazione e Data governance: i vantaggi per la trasformazione digitale
Sul piano della digitalizzazione, il Reverse Factoring non solo contribuisce, come intuibile e come parzialmente già accennato, alla dematerializzazione dei processi relativi alla gestione delle fatture, (che può essere in caso anche devoluta in toto al factor), ma diventa anche un importante punto d’appoggio per potenziare la data governance aziendale, con particolare riferimento ai flussi finanziari.
«Questo perché aumentano e migliorano i dati a disposizione dell’impresa, che grazie al factor può entrare in contatto con informazioni più qualificate e più capillari sul reale stato del mercato – dice Marcarini -. Basti pensare al vantaggio di interloquire con soggetti che hanno accesso alla centrale dei rischi, e che per questo possono cogliere immediatamente qual è la situazione di tutti gli attori della filiera. Come illimity, poi, siamo in grado di ottenere informazioni ancora più dettagliate, per esempio rivolgendoci alla nostra compagnia assicurativa, che ci fornisce indicazioni sul tipo di debitore con cui il cedente avrà a che fare. Si tratta di input preziosi, che messi a sistema in modo opportuno contribuiranno a rendere sempre più consapevole il processo decisionale di chi dirige l’azienda. Naturalmente – puntualizza Marcarini – le stesse società di factoring stanno sfruttando la leva tecnologica e l’approccio data-driven per rendere sempre più rapido e sempre più efficiente il processo di verifica e di delivery del servizio. Basti pensare che oggi una banca come illimity è in grado di fornire alle aziende che vogliono accedere a una piattaforma di credito di filiera una risposta nel giro di poche ore».
Le PMI ancora stentano a utilizzarlo
I vantaggi dunque non mancano. Eppure, nota Marcarini, in Italia sono ancora relativamente poche le PMI che ricorrono al Reverse factoring. Secondo i dati Assifact, infatti, ammontano a circa 31mila le imprese italiane che fanno uso dello strumento. Ma l’aspetto ancora più eclatante è che quasi una PMI su tre, per l’esattezza il 29%, non ne conosce nemmeno le caratteristiche. «Il dato emerge da un’indagine condotta da illimity Bank. Abbiamo intervistato 350 aziende con fatturato di almeno 2 milioni di euro», spiega Marcarini, ed è risultato che l’89% del campione, indipendentemente dalla conoscenza dello strumento, ha detto di non utilizzare o non avere mai utilizzato il factoring. Un’impresa su quattro, tuttavia, ha dichiarato di essere disposta a provarlo in futuro dopo aver ricevuto chiarimenti esaustivi sui bisogni a cui questo strumento risponde».
Da parte di un’ampia fetta delle PMI italiane, quindi non vi è ancora piena comprensione delle opportunità offerte dal factoring. «Si tratta probabilmente di un retaggio culturale: vent’anni fa il ricorso al factoring era considerato quasi come un’ultima spiaggia, ed era associato ad aziende che si contraddistinguevano per un andamento non positivo. Oggi invece anche le super quotate e i top brand del mercato lo utilizzano, sono i piccoli player che si dimostrano ancora scettici, nonostante siano proprio loro, potenzialmente, i maggiori beneficiari di questo strumento».