Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza ha riformato in modo sostanziale la disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali. Nell’ultimo decennio, a fronte di una congiuntura economica particolarmente sfavorevole, abbiamo assistito a un effetto “domino” che ha provocato il fallimento di moltissime PMI e, in cascata, di numerose medie imprese italiane. E nel momento in cui un’azienda arriva a una procedura concorsuale, le conseguenze si amplificano dalla singola dimensione imprenditoriale a tutta la collettività.
Ma come si può evitare che questo accada? Esistono dei “campanelli d’allarme” che permettono di intervenire tempestivamente ed evitare il peggio? La risposta è “sì”. Lo spirito che ha guidato la stesura del nuovo codice è proprio prevenire quelle situazioni di insolvenza e illiquidità che, se non risolte, trascinano l’azienda verso la crisi. Lavorando con debito anticipo, non solo è possibile stimare con precisione gli eventuali problemi di liquidità ma anche predisporre le coperture del caso minimizzando gli oneri finanziari. È l’articolo 2 della disciplina a definire il concetto di insolvenza come “inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”. L’insolvenza, quindi, rappresenta la fase finale dello stato di crisi. Una fase che non è repentina, anzi spesso è anticipata da segnali evidenti, come l’accumulo di crediti deteriorati oppure di debiti scaduti da oltre un trimestre. Una situazione che con i giusti strumenti e il giusto approccio organizzativo non solo può essere prevista ma anche gestita in modo ottimale e risolta.
La gestione anticipata della finanza aziendale e un risk management più efficace permettono all’azienda di scongiurare il pericolo di insolvenza. Ne abbiamo parlato con Aldo Cacopardi, Marketing Manager di DocFinance per capire quali sono le principali novità introdotte dalla riforma e quali sono gli strumenti essenziali per essere compliant.
Who's Who
Aldo Cacopardi
Marketing Manager di DocFinance
Quali sono le principali novità introdotte?
«Anzitutto, si passa da una “normativa”, quindi a un insieme di regole puntuali, a una “disciplina”, ovvero una guida di comportamento, un metodo di lavoro che il legislatore ha cercato di trasferire alle aziende. Eliminata anche la parola “fallimento”, che aveva una connotazione fortemente negativa e rappresentava uno stigma per l’imprenditore che, magari, cercava di avviare una nuova attività. Il termine viene sostituito da “liquidazione giudiziale”, sulla scorta di interventi simili attuati da altri Paesi membri dell’UE. Sono stati, poi, introdotti meccanismi di allerta, o “early warning”, che ribaltano completamente il punto di vista dell’osservazione della condotta aziendale. Nella normativa precedente si guardava a quello che l’impresa aveva fatto in passato, oggi invece viene introdotto un approccio previsionale in cui si cerca di capire cosa l’azienda sarà in grado di fare in futuro».
Quando un’azienda entra in crisi?
«Secondo il nuovo codice, un’azienda entra in crisi nel momento in cui i flussi di cassa futuri non sono più sufficienti a far fronte alle obbligazioni che l’azienda ha assunto. L’attenzione si sposta, quindi, dagli aspetti economico-contabili di analisi del bilancio verso gli aspetti previsionali della liquidità».
Quali indicatori prospettici vengono introdotti?
«La disciplina introduce diversi indicatori di dettaglio che consentono di individuare precocemente lo stato di crisi d’impresa. Il principale è il DSCR (Debt Service Coverage Ratio – ndr), che indica se la liquidità disponibile dell’azienda è sufficiente a far fronte ai debiti finanziari previsti».
Quali nuove figure introduce la disciplina?
«Accanto al revisore contabile, viene introdotta la figura dell’organo di controllo interno. Il suo compito è verificare la situazione dell’azienda attraverso l’analisi degli indicatori previsti e stabilire, sulla base delle evidenze rilevate, se l’azienda sarà in grado o meno di proseguire la propria attività. Nel certificare la capacità dell’azienda di far fronte ai propri impegni futuri con la liquidità prevista, l’organo di controllo interno si assume una responsabilità diretta. Se, quindi, l’azienda dovesse successivamente entrare in uno stato di crisi, i suoi membri, qualora non abbiano adottato la dovuta diligenza, saranno chiamati dai liquidatori a rispondere con il proprio patrimonio personale, al pari dell’imprenditore».
Come cambia la responsabilità dell’imprenditore?
«La sua responsabilità viene ulteriormente rafforzata, in virtù di alcune modifiche introdotte al Codice Civile. In relazione alle dimensioni dell’azienda, infatti, l’imprenditore deve dotare l’azienda di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili utili per ricavare l’andamento prospettico dei flussi di liquidità. Tutte le medie aziende dovranno farlo e il budget di tesoreria è solo il punto di partenza. Servono strumenti e tecnologie per gestire al meglio il cash flow e contenere i rischi commerciali, prevenendo le possibili situazioni di illiquidità».
Quali aziende hanno l’obbligo di nominare l’organo di controllo interno?
«I requisiti individuati sono tre. L’obbligo di nomina scatta nel momento in cui negli ultimi due esercizi si sia superata almeno una di queste tre soglie: in presenza di fatturato oltre 4 milioni di euro, di un organico che supera i 20 dipendenti oppure con un attivo patrimoniale al di sopra dei 4 milioni di euro».
Quali caratteristiche deve avere una buona soluzione di pianificazione finanziaria?
«Le caratteristiche fondamentali sono due. Da un lato deve essere integrata con il sistema contabile e gestionale, dove sono già presenti le scadenze previsionali che entrano in gioco. Dall’altro, il sistema deve dialogare con i provider bancari per fare da collettore alle informazioni provenienti dall’universo bancario. L’unione di questi due insiemi di informazioni con tutta la parte finanziaria permette di avere quella visione del cash flow che la normativa richiede. A questi insiemi di informazioni si collegano soluzioni come DocFinance».
Cos’è DocFinance?
«DocFinance è un software per la gestione anticipata della tesoreria che include anche tutti il servizio di corporate banking. È uno strumento che si integra perfettamente con oltre 300 ERP e software gestionali, dai quali riceve in input anagrafiche e scadenziari e ai quali restituisce in output file con le scritture di prima nota. Con DocFinance è possibile avere sempre sotto controllo le condizioni bancarie e il cash flow consuntivo. Ma è possibile anche analizzare il cash flow previsionale e predisporre le azioni utili a evitare situazioni di illiquidità future, come la rinegoziazione di un finanziamento o di uno scoperto di conto corrente».
Perché con l’entrata in vigore del nuovo Codice è aumentata la domanda di soluzioni che aiutano a contenere il rischio di credito?
«Collegata alla disciplina della crisi d’impresa c’è quella del risk management, di cui il rischio di credito è una componente essenziale. La capacità di prevedere i flussi di incasso effettivi è un caposaldo nella nuova disciplina. Tutte le aziende sono obbligate ad avere una visione prospettica delle attività e degli incassi. Tuttavia, troppo spesso le ipotesi fatte si scontrano con la realtà di clienti in una situazione tale che probabilmente non pagheranno mai, oppure lo faranno, magari, con molto ritardo. Ecco perché è fondamentale capire chi sono le mie controparti commerciali, qualificarle e raggrupparle in base al rischio di credito. La previsione dei flussi deve essere integrata con la conoscenza approfondita dei clienti, della loro situazione di business e di mercato, con la storia dei loro pagamenti e in generale con tutto quel che serve per conoscerli e categorizzarli, predisponendo per tempo le opportune attività di sollecito e recupero».
Cosa è DocCredit?
«DocCredit è una soluzione di gestione del rischio di credito pensata per le realtà che operano nel B2B. Il software ha una doppia anima. Anzitutto, permette all’azienda di valutare e categorizzare i clienti, grazie ai collegamenti con le principali banche dati commerciali come Cerved, Creditsafe o Bureau Van Djik. DocCredit ha un proprio motore di rating interno che lavora sulle informazioni ottenute per suddividere le controparti commerciali in cluster in base alle diverse classi di rischio. Questo diventa fondamentale per l’imprenditore, per capire se il suo fatturato poggia in gran parte su basi solide o meno. La seconda anima è quella legata all’integrazione e automazione di tutte le attività di sollecito e recupero crediti, che non sono più affidate alla solerzia dei singoli ma assoggettate a una procedura standardizzata con un proprio workflow logico, che ha regole e parametri ben definiti. I risultati sono evidenti: migliorano i processi operativi legati alla gestione dei crediti commerciali e si riducono sensibilmente gli oneri finanziari, perché è possibile anticipare le eventuali sofferenze future e rinegoziare per tempo le coperture. Il sistema ha due aperture verso l’esterno: da un lato, gli agenti, attraverso l’integrazione con i circuiti di pagamento tramite carte di credito; dall’altro i clienti, che possono in autonomia verificare la propria posizione accedendo al portale dell’applicazione e procedere direttamente al pagamento».