Il 63% dei Chief Financial Officer (CFO) europei giudica alto il livello di incertezza che le proprie aziende si trovano ad affrontare, contro il 43% dei CFO italiani. Sono numeri molto più alti di qualche mese fa, che esprimono la preoccupazione per l’aumento dell’instabilità economica, finanziaria e politica sullo scenario internazionale. Sia su questo che sui principali indicatori della propria azienda, però, i manager di area Finance italiani sono nettamente più ottimisti della media dei loro colleghi dei Paesi EMEA. Questa la sintesi della Deloitte CFO Survey sul secondo semestre 2016, condotta in 17 Paesi EMEA (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Portogallo, Spagna, Olanda, Polonia, Russia, Norvegia, Svezia, Svizzera, Turchia, UK), per confrontare opinioni e sentiment dei CFO sulle principali variabili macroeconomiche e sull’andamento delle imprese di appartenenza.
La ricerca, che si svolge ogni sei mesi, in questa edizione ha coinvolto oltre 1100 direttori amministrativi e finanziari nei Paesi dell’area EMEA interessati, di cui un centinaio italiani, di imprese di tutti i settori e dimensioni. E fotografa un sentiment di incertezza molto alto tra i CFO europei. In particolare nel Regno Unito (UK) e in Germania quasi il 90% dei CFO intervistati giudica molto alto il livello di incertezza del proprio business: Deloitte attribuisce questi dati al voto su Brexit, ai timori di instabilità politica che potrebbero interessare l’Europa, e alla limitata crescita dell’economia cinese (con cui la Germania ha forti scambi economici).
Più ottimisti del passato risultano solo i CFO in Russia (per la stabilizzazione del rublo e la parziale risalita del prezzo del petrolio), in Svezia, per il continuo miglioramento dell’economia svedese, con tasso di crescita del PIL del 3,3%, e in Finlandia, positivamente influenzata dalla stabilità in Russia.
A livello europeo però cresce dal 63% di sei mesi fa al 75% la quota di Paesi in cui i CFO citano al primo posto, tra le priorità strategiche per i prossimi 12 mesi, un approccio difensivo di contenimento e ristrutturazione dei costi. E i CFO italiani sono in linea con questo trend.
«Questo evidenzia – commenta Riccardo Raffo, Partner di Deloitte – la situazione di forte ambiguità che i manager finanziari si trovano a vivere oggi in Italia e nel resto d’Europa: da un lato sono chiamati ad adottare strategie per sostenere la crescita aziendale nel medio-lungo termine; dall’altro sono forzati dal contesto di alta volatilità e incertezza a pensare in modo più tattico e difensivo, sotto la pressante richiesta di tenere sotto controllo il budget, correndo il rischio di trasformarsi nei “signor No” del processo decisionale strategico».
Venendo specificamente all’Italia, i risultati della survey evidenziano, continua Raffo, un clima di minore ottimismo rispetto all’inizio del 2016, per le preoccupazioni sul settore finanziario, il mercato del lavoro ancora debole, il calo dell’indice di fiducia dei consumatori, e la revisione al ribasso della stima di crescita del PIL anche per il 2017. «Tuttavia il sentiment dei CFO italiani è in linea con quello a livello EMEA e addirittura più positivo sull’andamento della propria azienda, e cioè sui principali indici economici del proprio business (fatturato, margine operativo, CAPEX e numero di impiegati)».
In particolare in Italia rispetto a sei mesi fa si rileva un marcato calo delle aspettative dei CFO sulla crescita del fatturato (dal 74 al 46%), del margine operativo (dal 69 a 50%), degli investimenti in conto capitale (dal 55 al 34%) e del numero di assunzioni (dal 37 al 15%). Pur in forte ridimensionamento, comunque, l’ottimismo dei CFO italiani rimane più alto di quello dei colleghi europei: in media infatti solo il 20% di questi ultimi si aspetta aumenti del margine operativo, e solo il 5% una crescita delle assunzioni.
Anche passando dai risultati della propria azienda allo scenario economico e finanziario del Paese, la situazione è simile. Circa un CFO italiano su 2 si dichiara molto preoccupato, ma la quota di chi percepisce un clima di alta incertezza è molto più bassa rispetto alla media dei Paesi EMEA (43% contro 63%).
Altra forte differenza infine è sulla propensione al rischio. Il 55% dei CFO italiani si dichiara consapevole di dover assumere dei rischi nonostante il momento sfavorevole, anche perché indotti dall’ambiente esterno (si pensi ai rischi legati a minacce informatiche). E la quota di CFO che, nonostante la congiuntura, giudica il momento attuale adatto ad assumere rischi per la propria azienda è del 36%, circa 10 punti superiore alla Svezia (26%), che ha un contesto economico più favorevole, e ai ‘big’ europei (Francia 27%, Germania 25%).