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World Economic Forum Global Risk Report 2023, quali sono i rischi globali più rilevanti

Mentre i leader di tutto il mondo si incontrano in questi giorni a Davos, il report annuale del WEF ricorda loro l’importanza di alcuni temi che non possono essere più trascurati nell’agenda politica di ciascun Paese

Pubblicato il 17 Gen 2023

rischi globali

Sembra più un ritorno al passato che l’arrivo di quel “new normal” di cui tanto si è discusso durante gli anni della pandemia, nell’attesa di sconfiggere la crisi sanitaria mondiale. È questo il ritratto che emerge nel Global Risks Report 2023 del World Economic Forum (WEF) che accompagna l’appuntamento annuale a Davos di quest’anno, dal 16 al 20 gennaio.

Per comprendere quali sono i rischi globali che il pianeta si troverà ad affrontare nel prossimo decennio, l’indagine ha raccolto, tra il 7 settembre e il 5 ottobre 2022, le opinioni di oltre 1.200 esperti provenienti dall’universo accademico, dalle imprese, dalle istituzioni, dalla comunità internazionale e dalla società civile.

Le risposte sono poco incoraggianti e prevedono nel breve periodo rischi legati all’energia, alla carenza di cibo, all’inflazione e al costo della vita, seguiti dalle catastrofi naturali e dalle guerre commerciali e tecnologiche. Paradossalmente, tra le categorie di rischio contemplate dal report (economica, ambientale, geopolitica, sociale e tecnologica), nei primi 10 posti non figura quella di tipo economico. Segno di una instabilità generalizzata che precede addirittura l’idea stessa dello scambio dei beni all’interno dei mercati. E di un déjà vu che, sotto altri nomi, si riaffaccia sul proscenio del mondo: dalla disparità di reddito causata dalla crisi finanziaria globale alla volatilità dei prezzi dell’energia, fino alle crisi alimentari. Tutte preoccupazioni che risalgono a una decina di anni fa.

Rischi globali, cresce il cybercrime

Se il riaffiorare di problemi analoghi a quelli della prima decade del Duemila può apparire frustrante, quasi che nulla sia stato fatto per contrastarne le cause, lo è ancor di più l’eco delle grandi crisi degli anni Settanta.

Pochi tra i partecipanti all’attuale Forum di Davos, ad esempio, hanno sperimentato in prima persona fenomeni come la bassa crescita e l’alta inflazione sullo sfondo della Guerra Fredda, di cui il conflitto in Ucraina e l’attuale aumento dei prezzi sembrano una versione aggiornata. In compenso, hanno di fronte livelli inediti di debito pubblico e privato, un ritmo di sviluppo tecnologico – con le conseguenti minacce di attacchi informatici – mai visto in passato, a cui si aggiunge l’impatto dirompente del cambiamento climatico.

Gli esperti interpellati nel report, nell’80% dei casi, prefigurano una volatilità costante nei prossimi anni, con molteplici shock che accentueranno traiettorie divergenti e non convergenti. Basti pensare che l’analisi dei rischi cambia se lo si guarda nella prospettiva futura del biennio o del decennio.

Da qui a due anni al primo posto tra i rischi globali il documento colloca il costo della vita, che invece scompare dall’elenco dei principali rischi visti nell’ottica dei 10 anni, sostituito dal fallimento nel mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Il medesimo rischio c’è tra quelli considerati nel biennio, ma occupa la settima posizione nella “classifica” del lungo periodo. Il che porta ad alcune considerazioni sulla definizione delle priorità che governi e comunità internazionale sono chiamati a stabilire.

Costo della vita o crisi climatica? Meglio affrontarli insieme

In sostanza, le emergenze più immediate, di cui costo della vita ed erosione della coesione sociale rappresentano due voci nella top five dei rischi impellenti, potrebbero rallentare le azioni intraprese a contrasto delle conseguenze del cambiamento climatico. Conseguenze che influiscono direttamente sull’innalzamento del livello del mare e sulla genesi di eventi meteorologici estremi, ma anche indirettamente sulle perdite dei raccolti, sull’accesso alle risorse alimentari di base, sulla migrazione climatica e sull’aumento dei disordini civili.

D’altra parte, non si possono ignorare i rischi a breve termine a favore delle minacce a lungo termine, di cui la crisi climatica è l’emblema più macroscopico. Gli impegni e le promesse di riduzione delle emissioni evidenziano alla fine una divergenza tra ciò che è scientificamente necessario e ciò che è invece politicamente fattibile.

Tuttavia, secondo il WEF, la dicotomia tra rispondere ai rischi di domani o a quelli di dopodomani è uno scoglio che si può superare anzitutto ripensando all’orizzonte temporale dei vari rischi. A prescindere dal loro minore o maggiore impatto sul breve o sul lungo periodo, vanno affrontati tutti oggi, contemporaneamente.

Inoltre, i governi e le imprese devono investire insieme, costruendo la resilienza necessaria attraverso l’inclusione finanziaria, l’istruzione, la salute, l’assistenza e le infrastrutture resistenti al clima.

In terzo luogo, è fondamentale rafforzare e ricostruire la cooperazione internazionale e la governance multilaterale, uscendo da forme di nazionalismo che ultimamente sono state alimentate dal desiderio di far fronte soprattutto alle crisi interne di ciascun paese.

Infine, non si può tralasciare l’analisi degli scenari, nutrita grazie alla ricerca e alla raccolta dei dati, che può contribuire a rafforzare la capacità dei leader mondiali di comprendere l’effettivo panorama dei rischi da fronteggiare con una chiave comune. Vedremo se i rappresentanti delle nazioni, ospiti del Forum di Davos 2023, faranno tesoro di questi suggerimenti.

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