Tecnologie

L’utilizzo degli algoritmi al servizio della manutenzione predittiva

La predictive maintenance oggi rappresenta la nuova frontiera per efficientare i processi produttivi della smart factory, ma la sua adozione si presta a trovare spazio in diversi settori, e non solo nel contesto manifatturiero. L’importante è che le aziende superino la diffidenza per l’algoritmo e adottino un approccio. Come spiega Maurizio Sanarico, Chief Data Scientist di SDG Group

Pubblicato il 24 Nov 2021

Immagine di Brigitte Pica2 da Shuttestock

Riuscire a prevenire i guasti è una delle ultime frontiere della smart factory, cioè della fabbrica “intelligente” nella quale l’ottimizzazione dei processi produttivi passa anche da un ridisegno dei tradizionali piani di manutenzione. La manutenzione predittiva, in questo senso, rappresenta una modalità innovativa per anticipare i malfunzionamenti, invece di correggerli a posteriori, riducendo così i tempi e i costi legati a fermi macchina e setup imprevisti. Per comprendere come implementarla, ne abbiamo parlato con Maurizio Sanarico, Chief Data Scientist di SDG Group, azienda internazionale con headquarter a Milano che si occupa di management consulting ed è specializzata nelle attività di Business Analytics, Corporate Performance Management e Advanced Business Solutions. «Generalmente – spiega Sanarico – esiste la manutenzione programmata o la condition based maintenance. La prima funziona un po’ come il tagliando auto e contempla degli interventi sulla base delle prescrizioni del costruttore. Nel secondo caso, la manutenzione è basata sulle condizioni. In seguito alla verifica di un problema, ad esempio se una cinghia si sta rompendo o la punta di un utensile risulta consumata, si provvede alla sostituzione. Manutenzione predittiva, invece, vuol dire collezionare una serie di misurazioni e di caratteristiche, spesso mediante IoT (Internet of Things) o sensori, che messe insieme vengono usate per “addestrare” un algoritmo».

Dal superamento della diffidenza alla messa in produzione

È grazie all’algoritmo che viene definita la probabilità che un guasto o un malfunzionamento avverrà presumibilmente nell’arco di un determinato periodo, ma per la sua corretta realizzazione occorrono alcune precondizioni che Sanarico sintetizza: «Anzitutto bisogna rompere la barriera di incertezza, cioè di diffidenza nei confronti della predizione. La differenza principale dell’algoritmo rispetto a un operatore esperto è che l’algoritmo considera tanti elementi che l’essere umano non è in grado di abbracciare. Contemporaneamente, l’essere umano possiede un’esperienza che l’algoritmo non ha e questa esperienza va unita a ciò che nei dati non compare, ma tendendo conto del fatto che la quantità di informazioni che l’algoritmo elabora e la sua sistematicità danno degli indubbi vantaggi a paragone della semplice osservazione empirica. Superata la diffidenza iniziale, la messa in produzione di un sistema di manutenzione predittiva deve includere dei messaggi che siano facilmente interpretabili e traducibili in azioni utili».

Va anche contestualizzato l’ambito in cui un progetto di predictive maintenance viene inserito e che determina un tipo di approccio (e di diffidenza) diverso. «Nel mondo farmaceutico ad esempio – esemplifica il Chief Data Scientist – i referenti spesso sono soggetti molto competenti sulla materia specifica, che vogliono conoscere il funzionamento dell’algoritmo. Per cui la diffidenza si vince con l’evidenza. Come in un caso che abbiamo seguito, dove siamo riusciti a scoprire la root cause di un problema in un impianto produttivo e a rimuoverla in modo permanente proprio in virtù di un algoritmo di manutenzione predittiva».

Manutenzione predittiva, una risorsa non solo per il manufacturing

L’identificazione di un problema o di una root cause, come nel caso citato, non è mai univoca. Per questo la creazione di un algoritmo avviene classificando i problemi singolarmente o in maniera aggregata. «Il guasto che provoca un fermo macchina – continua Sanarico – oppure il blocco di una sezione di una centrale a ciclo combinato a turbogas solitamente è generato da un solo elemento. Altri piccoli guasti, da quello della vite al piccolo cuscinetto che rischia di rompersi, sono simili tra di loro e sono difficili da distinguere perché hanno cause analoghe: vibrazioni, disassamento di componenti e così via. In questi casi, si fanno degli interventi per risanare l’intera area».

Non bisogna però ritenere che il manufacturing sia l’unico comparto in cui la manutenzione predittiva possa trovare felice applicazione. «Anche il settore dei trasporti ha una grande sensibilità su questi temi, perché il materiale rotabile è sottoposto a stress significativo. Oppure le reti di telecomunicazione, con particolare riguardo a quelle che dispongono di fibra ottica». Se c’è un discrimine, semmai è legato alla struttura organizzativa dell’azienda. «In una multinazionale – chiarisce Sanarico – esistono dei requisiti che vanno al di là del bisogno concreto di migliorare la capacità di mantenere gli asset aziendali e di garantire una produzione continuativa. Possono sussistere delle guidelines che vengono dagli analisti o determinati criteri da soddisfare. Nelle realtà più piccole, invece, molto dipende dalla sensibilità della proprietà, nel caso di aziende di famiglia, o da quella del management».

Comprendere il processo, la chiave per il successo del progetto

Nella manutenzione predittiva l’algoritmo è una parte essenziale, così come il flusso di acquisizione e trasformazione dei dati, ma è la comprensione dell’intero processo a risultare determinante. «Per fare un esempio – sottolinea Sanarico – abbiamo realizzato un progetto, giunto oggi alla seconda fase, in cui dai log di apparato, con l’aggiunta di una serie di informazioni riferite agli utenti connessi a quell’apparato, riusciamo a prevedere dei possibili guasti o dei problemi specifici. Adesso l’algoritmo permette di individuare il problema e su quale componente, ma per fare questo abbiamo dovuto capire in profondità quali erano le caratteristiche del processo». Si tratta di un approccio culturale e strategico che deve prevalere sulla mera sperimentazione occasionale. Infatti, condurre degli esperimenti, magari avvalendosi dei finanziamenti previsti all’interno delle politiche di Industry 4.0, si riduce a fare dei tentativi con un’elevata probabilità di insuccesso. «Perfino gli esperimenti che portano dei benefici – sostiene in conclusione il Chief Data Scientist di SDG Group – e con i quali il costo del prototipo viene sostanzialmente azzerato, senza un investimento per la messa in produzione rischiano di essere vanificati. Ben diversa è la predisposizione di quelle aziende consapevoli del fatto che, se implementano un sistema di manutenzione predittiva, i ritorni sugli investimenti possono essere ingenti. Così come la riduzione dei rischi».

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