Uno ‘Human cloud‘, in cui competenze sempre più specialistiche e flessibilità maturata attraverso la cross-fertilization conviveranno per creare network professionali fluidi ed efficienti. È così che vede il futuro del lavoro Pietro Martani, CEO e Founder di Copernico Holding, che in un’analisi apparsa su Pulse, il blog di LinkedIn (qui l’intervento completo), descrive in che modo l’impatto delle nuove tecnologie e del digitale sta cambiando aspettative e opportunità. «Che ci piaccia o meno, stiamo affrontando la Quarta rivoluzione industriale», scrive Martani. «Qualcosa che cambierà radicalmente la nostra vita, il nostro lavoro, ma anche chi siamo. Al World Economic Forum, quest’anno, ci hanno detto che si tratta di qualcosa che non è ancora stato sperimentato dal genere umano, e che è contraddistinto dalla fusione di tecnologie che scompagineranno gli ambiti del digitale, del fisico e del biologico. Citando Wagner, lo definirei un Gesamtkunstwerk tecnologico: una opera d’arte totale che connetterà miliardi di individui. I quali, grazie ai propri dispositivi mobile, avranno accesso illimitato a informazioni e opportunità».
Il rovescio della medaglia, però, sarà la richiesta da parte del mercato di nuove professionalità e soprattutto di un modo nuovo di presentare e offrire le proprie skill. Il vantaggio competitivo rispetto ad altri candidati, specialmente nell’ottica del personal branding, sarà determinato dalla capacità di adattare le competenze alle esigenze specifiche di diverse organizzazioni, giocando ruoli differenti a seconda del committente, della posizione e dei progetti, operando una vera e propria ibridazione delle competenze e ampliando network e porfolio di abilità che, nel mondo della Quarta rivoluzione industriale, dovranno diventare mobili, trasferibili. Senza comunque dimenticare che «aumenterà il lavoro per chi si occupa di matematica e scienze: il settore IT conoscerà una crescita a doppia cifra rispetto ai tassi di occupazione e le posizioni più appetibili saranno quelle dedicate a chi conosce approfonditamente i temi tecnologici e analitici».
Infatti, parallelamente all’ibridazione delle skill, aumenterà anche la specializzazione. Un paradosso? Non proprio se si considera che sono questi due aspetti gli elementi alla base dell’esplosione dell’economia collaborativa. Le aziende in questo senso fungeranno sempre più da ‘network orchestrator’, con piattaforme dedicate alla ricerca di nuove idee e team in continua trasformazione per cogliere, fuori e dentro l’organizzazione, spunti che possano aiutare le imprese a competere con la spinta innovatrice delle startup. L’obiettivo sarà la costituzione di un ambiente collaborativo all’interno del quale la cooperazione darà risultati sensibilmente maggiori rispetto alla sommatoria dei singoli sforzi.
È ciò che in altri termini Martani definisce ‘Human cloud’, un vasto pool di freelance altamente qualificati che lavoreranno on demand dalle location più disparate. «McKinsey», ricorda Martani, «stima che entro i 2025 ci saranno circa 540 milioni di lavoratori a utilizzare piattaforme di questo genere. E ciò, per le imprese, significherà che la scelta dei collaboratori sarà sempre più basata sul talento, piuttosto che sulla vicinanza geografica». Un paradigma che unito alla cosiddetta holacracy, la disgregazione delle organizzazioni piramidali come sono state conosciute fino a oggi, favorirà uno straordinario scambio di idee richiedendo l’elaborazione di nuovi modelli atti a gestire questa altrettanto straordinaria complessità.