Alla presentazione del recente report dell’Osservatorio Mobile Marketing & Service del Politecnico di Milano diverse realtà di primo piano del mondo business italiano hanno presentato le proprie esperienze e progetti nel campo estremamente dinamico della pubblicità sul canale Mobile. Una di queste è UniCredit. «In UniCredit abbiamo sempre creduto nel Mobile», ha detto Paolo Maggi, Head of Strategic Media Planning della banca, sottolineando che questa è stata una parte dell’impegno nel mondo digitale dell’istituto, che ne ha compreso l’importanza e il potenziale, in termini di fruibilità e intimità dei messaggi che soprattutto il canale Mobile è in grado di assicurare.
Un esempio di questo impegno parte dalla constatazione che la lettura/visione di contenuti cross-platform (mentre si guarda la TV, si usa anche lo smartphone o il tablet) è diventata la norma. Nel 2014 UniCredit ha iniziato dei test di “second screen”, per verificare i potenziali benefici di una doppia esposizione mediatica sincronizzando la campagna di spot TV con la distribuzione di contenuti su dispositivi mobile e PC.
«Abbiamo eseguito tre test, e i risultati non sono lineari», ha spiegato Maggi, chiarendo che non tutti i test sono stati positivi in termini di efficacia e costi, in confronto ai lanci delle campagne tradizionali. Un dato oggettivo, che rientra in un certo senso nella generale tendenza per cui sul mercato esiste una sostanziale discrepanza tra l’utilizzo dei dispositivi mobile, e le quote di investimento che le aziende effettivamente impegnano in tale canale. Il fatto è che la risposta delle campagne di advertising su Mobile a volte non è in linea con la progressiva diffusione dei dispositivi.
Il punto critico, dice Maggi, resta ancora la comprensione di come usare nel modo giusto uno strumento che può fornire grandissime opportunità di relazione col consumatore, ma porta in sé una componente intrinseca di “intrusività”. D’altra parte, capire quando l’advertising su Mobile diventi intrusivo è delicato, ma è fondamentale che gli sforzi profusi su tale canale non si traducano in effetti negativi, visto che i consumatori mostrano di erigere barriere molto elevate verso comunicazioni non richieste.
Dunque la necessità è riuscire a erogare un advertising più discreto, perché più lo strumento o il contesto diventa intimo con l’utente, più forte è la sua richiesta di contenuti attinenti e in grado di fornire un valore extra, aggiuntivo, alla specifica user experience. Dalle lezioni imparate emerge qualche best practice, che Maggi ha esposto.
Secondo le logiche di efficacia/efficienza della TV, è preferibile che la sincronizzazione delle campagne TV e Mobile avvenga nella fascia “prime time”. Inoltre per la parte TV è consigliabile selezionare pochi canali affini al target da indirizzare, e fare in modo che il piano di delivery delle “impression” su Mobile sia in relazione diretta con la pianificazione televisiva (volume di impression proporzionato alla audience degli spot tv). In questo processo non semplice, per l’azienda diventa essenziale da un lato saper dare con chiarezza gli obiettivi di tutta la campagna, e dall’altro poter fare affidamento su partner con un forte impegno sull’ascolto delle sue esigenze e sullo sviluppo di attività di second screen in grado di complementare in modo armonico la campagna tradizionale.