Scenari

Una strategia per costruire un’Europa unita anche nel digitale

La Commissione Europea ha presentato Digital Single Market, un ambizioso documento in 16 punti che -nelle intenzioni- dovranno essere attuati in passaggi successivi entro il 2016. Tre gli obiettivi principali: migliorare l’accesso ai beni e servizi digitali; creare un contesto favorevole per lo sviluppo di reti digitali e servizi innovativi; massimizzare il potenziale di crescita dell’economia digitale

Pubblicato il 12 Mag 2015

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C’è un’ambizione totale nella strategia Digital Single Market che la Commissione europea ha presentato la settimana scorsa, per creare un mercato unico digitale che possa generare un’ulteriore crescita di 415 miliardi di euro. La strategia si esprime in 16 punti che abbracciano un po’ tutti i grandi temi del mercato digitale. Non solo: dato che “internet e le tecnologie digitali stanno trasformando il mondo in cui viviamo” (come si legge nella presentazione dei punti alla stampa), possiamo dire che il Digital Single Market ipotizzato dalla Commissione coincida con un nuovo paradigma di agire come cittadini europei nel mercato unico.

Va chiarito subito un aspetto, per comprendere il senso reale di quanto presentato dalla Commissione. Non sono norme, ma è una strategia complessiva che può valere come una “dichiarazione di intenti”. Poi dovrà declinarsi nel concreto, nei diversi punti, che passeranno da diverse figure all’interno della commissione (il Vice Presidente per il mercato unico digitale Andrus Ansip; la Direzione Generale Concorrenza e la Direzione Generale Connect). I tempi sono incerti e anche qui c’è un equivoco possibile. La Commissione comunica che intende “attuare” i 16 punti entro fine 2016, ma in realtà la tempistica è più articolata, a quanto si può leggere nel testo completo della strategia. Nel 2015-2016 la Commissione farà modifiche delle norme esistenti o proposte legislative (che poi dovranno passare da Parlamento e Consiglio Ue). L’intero edificio normativo impiegherà anni per ultimarsi, secondo gli esperti.

I tre pilastri

I 16 punti sono inclusi in tre “pilastri”, che sono le finalità dell’intera strategia. Migliorare l’accesso ai beni e servizi digitali in tutta Europa per i consumatori e le imprese; creare un contesto favorevole e parità di condizioni affinché le reti digitali e i servizi innovativi possano svilupparsi; massimizzare il potenziale di crescita dell’economia digitale. Ciascun pilastro risponde a problemi precisi che la Commissione identifica all’interno dei mercati digitali europei.

Proviamo a sintetizzare gli aspetti principali. Per il primo pilastro, la Commissione nota che solo il 15% dei consumatori fa acquisti tranfrontalieri (nel 2014); solo il 7% delle Pmi vende oltre frontiera. È colpa, per la Commissione, di costi supplementari (circa 9 mila euro) che le Pmi devono subire per adattarsi alle diverse normative nazionali, degli alti costi delle spedizioni e della presenza di geo-blocchi (“una pratica discriminatoria utilizzata per motivi commerciali, secondo la quale i venditori online impediscono ai consumatori di accedere a un sito Internet sulla base della loro ubicazione, o li reindirizzano verso un sito di vendite locale che pratica prezzi diversi”). Ci sono barriere anche sul diritto d’autore, per l’accesso di tutti i cittadini europei a diversi contenuti (celebre è il caso di Netflix, che non è ancora arrivato in Italia). Nel 2015 la Commissione quindi farà proposte legislative per nuove regole contrattuali riguardanti consumatori e aziende e per una riforma del copyright. Nel 2016 ci saranno proposte per ridurre il peso dei diversi regimi fiscali. Per il geo blocking prevede solo una review e analisi, quest’anno, in vista di future proposte legislative. Per la logistica (spedizioni efficienti e low cost), promette generiche “misure” nel 2016. È uno dei punti più aleatori. All’interno di questo pilastro ci sono anche le inchieste che l’Antitrust UE sta conducendo nell’ambito del commercio elettronico.

Per il secondo pilastro, i problemi principali sono una banda ultra larga ancora poco diffusa (in Italia abbiamo la maglia nera, con circa l’1% della popolazione a 30 Megabit) e i timori (condivisi dal 72% degli utenti internet europei) sulla protezione dei propri dati personali. Nel 2016, quindi, la Commissione presenterà proposte legislative per rivedere le regole sulle tlc. Una riforma che è già in corso con il Single Telecom Market, il quale però è insufficiente essendo ormai limitato a nuove regole del roaming e della neutralità della rete.

La futura riforma che la Commissione proporrà nel 2016 vuole “assicurare un coordinamento più efficace dello spettro radio e definire criteri comuni a livello dell’UE per l’assegnazione dello spettro a livello nazionale; creare incentivi agli investimenti nella banda larga ad alta velocità; garantire condizioni di concorrenza eque per tutti gli operatori del mercato, vecchi e nuovi; e instaurare un quadro istituzionale efficace”. Nel 2016 si propone anche di rivedere la direttiva ePrivacy e la direttiva Audiovisual Media Services (“mettendo in rilievo il ruolo dei diversi operatori del mercato nella promozione delle opere europee”. ”La Commissione esaminerà anche le modalità per adattare la normativa esistente (la direttiva sui servizi di media audiovisivi) ai nuovi modelli commerciali per la distribuzione di contenuti”).

Le misure del terzo pilastro sono particolarmente vaghe. Si parla di “iniziative” nel 2015 per il libero flusso dei dati, eliminando le barriere non giustificate da regole privacy. Una iniziativa per favorire il Cloud (“certificazione dei servizi di cloud computing”, “cambiamento di fornitore di detti servizi” e un “Cloud per la ricerca”), nel 2016. Nel 2015 partirà un nuovo piano di eGovernment per l’interoperabilità di dati e servizi della amministrazione digitale (“i registri delle imprese in tutta Europa saranno collegati, i diversi sistemi nazionali potranno lavorare in modo compatibile, e le imprese e i cittadini avranno la possibilità di comunicare i dati una sola volta alle amministrazioni pubbliche”).

Le tempistiche

Come si vede, la strategia è il riassunto globale di tutto ciò che fa penare il mercato digitale europeo. Tutti quei problemi che ci hanno fatto perdere posizioni con il resto del mondo evoluto (Usa in primis) quanto a sviluppo tecnologico e innovazione. Quella della Commissione è il proposito di combattere, una volta per tutte, la frammentazione dei mercati e delle norme europee. Sarà un percorso lungo che forse darà i frutti solo verso la fine del decennio.

«Nel documento strategico, l’unica cosa che non compare sono i tempi di completamento della costruzione dell’edificio completo, che sarà inevitabilmente molto articolato e necessiterà di una lunga fase di ingegnerizzazione e confronto», dice Cristoforo Morandini, analista presso E&Y. «Le scadenze indicate sono riferite al biennio 2015-2016, ma riguardano essenzialmente passaggi intermedi. Analisi, studi, rapporti, confronto tra gli stakeholder, fino alle agognate raccomandazioni e leggi, richiederanno tempi ragionevolmente lunghi. Diversi anni», aggiunge.

Secondo una stima di Innocenzo Genna, esperto di policy digitali a Bruxelles, ci vorranno tre anni circa, perché il testo normativo – che deve ancora uscire dalla Commissione – passi poi al vaglio incrociato di Consiglio e Parlamento UE per quelle che sono indicate come “proposte legislative”. Consideriamo che il Telecom Package è stato presentato dalla Commissione nel 2007 e forse terminerà l’iter solo quest’anno. Prima ha dovuto affrontare divergenze di vedute all’interno della Commissione. Poi si è scontrato con posizioni opposte di Consiglio e Parlamento su fine del roaming e neutralità della rete. E ancora non è chiaro quale sarà il compromesso risolutivo.

È già possibile prevedere che, nel nuovo pacchetto, ci saranno divergenze tra DG Concorrenza e DG Connect sulle regole telco: il primo più favorevole ai temi antitrust e il secondo più liberista. Quest’ultimo è invece più incline ad agire sulle grandi piattaforme online come Google, mentre altri commissari sono più prudenti temendo di indebolire la crescita delle start-up europee. Ancora più difficile valutare i tempi di efficacia per le varie “iniziative”, “misure” e “review” previste dalla strategia. Ma basti ricordare che la riforma della privacy va avanti da due anni, senza ancora risultati. E – quanto alle nuove regole telco – la riforma dello spettro è stata così complicata nell’ambito del Single Telecom Market da essere stata accantonata. Probabilmente l’anno prossimo i tempi saranno più maturi, per esempio per liberare le frequenze 700 MHz dalla tv in favore della banda larga; cosa che andrà fatta tra il 2018 e il 2020 secondo accordi internazionali tra gli Stati membri. Ma anche questa è una partita complicata, per gli interessi in gioco, e la difficoltà di armonizzare le differenti situazioni europee.

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