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Supply Chain, 3 passi per capire il profilo del working capital e finanziarsi meglio

Una metodologia creata dall’Osservatorio Supply Chain Finance del Politecnico di Milano permette di determinare dove si accumula il capitale circolante di una catena produttivo-logistica, e gli strumenti più indicati per ridurne i costi. L’esempio della Supply Chain della Grande Distribuzione Organizzata

Pubblicato il 24 Mag 2016

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In quale stadio della Supply Chain si accumula il maggior valore di capitale circolante, e quindi il relativo costo? E quali sono gli strumenti di finanziamento più adatti per “riequilibrare” la situazione e migliorare la performance finanziaria dell’intera catena produttivo-logistica?

Per rispondere a queste domande, nel suo recente Report 2016 l’Osservatorio Supply Chain Finance del Politecnico di Milano ha messo a punto un modello pratico per analizzare appunto la prestazione finanziaria di una Supply Chain e scegliere la soluzione di Supply Chain Finance (SCF) più idonea.

La “Profilazione Finanziaria della Supply Chain” è uno strumento di analisi finanziaria di una catena produttivo-logistica basato su tre passi: (1) capire, all’interno di una Supply Chain, dove si accumula maggior Capitale Circolante Operativo Netto (CCON) e quindi il relativo costo per finanziarlo, (2) scegliere la soluzione di Supply Chain Finance più promettente per quella specifica filiera; e (3) misurarne i benefici attesi.

In un prossimo articolo torneremo in dettaglio sulla procedura per definire il Profilo finanziario, che comunque a grandi linee si basa sull’individuazione dei principali stadi di una Supply Chain (per esempio, produttori, distributori-grossisti, distributori-retail), e sulla stima del valore del capitale circolante di ciascuno stadio, derivante dalla somma algebrica di crediti, debiti e scorte di ogni impresa che appartiene a quello stadio.

L’output principale è un grafico (tipicamente con un profilo diverso in funzione del settore economico) che descrive come si accumula il CCON all’interno di una Supply Chain, evidenziando le principali criticità finanziarie e quindi gli input necessari per scegliere gli strumenti di finanziamento più appropriati nello specifico caso.

«Il modello di Profilazione Finanziaria della Supply Chain supporta nel fare scelte che altrimenti sarebbero basate su criteri poco oggettivi», scrivono i ricercatori, che per mostrarne il funzionamento utilizzano un esempio reale studiato quest’anno e opportunamente reso anonimo.

La Supply Chain analizzata include un’azienda capofila (distributore della GDO) e 100 tra i suoi fornitori più consolidati. Il transato tra essi è di circa 1,2 miliardi di euro/anno.

L’output della stima del capitale circolante di ciascuno stadio (Figura 1) mostra come il CCON complessivo (218 milioni di euro), e i suoi costi di finanziamento (8 milioni), siano principalmente a carico dei fornitori. Serve quindi una soluzione che supporti i fornitori, riducendo il CCON. Per proseguire l’analisi, i ricercatori si sono concentrati quindi su due strumenti possibili per ottenere questo obiettivo: il Reverse Factoring, che riduce i crediti commerciali dei fornitori, e un modello innovativo di Inventory Finance, che riduce il peso delle scorte.

Figura 1

L’accezione più innovativa di Inventory Finance infatti prevede che un fornitore di servizi di Logistica – spesso in partnership con un Istituto Finanziario – acquisti beni da un fornitore e ne detenga la proprietà per la durata del trasporto e dell’immagazzinamento.

Analizzare in modo approfondito tutte le soluzioni di SCF disponibili per trovare quella ottimale per la propria specifica filiera è spesso troppo oneroso. L’ideale quindi è effettuare una scrematura di primo livello, indirizzandosi così verso la soluzione più appropriata. I ricercatori incrociano a questo scopo due grandezze: il tempo necessario per incassare i crediti dai clienti, e il tempo di permanenza a magazzino della merce. La posizione che un’azienda rispetto a queste due variabili indica la soluzione “più promettente”.

Benché la soluzione dipenda dalle caratteristiche specifiche della filiera considerata, in generale quando prevale il peso dei crediti commerciali (tempi di incasso molto più alti del tempo di mantenimento scorte) sono raccomandate soluzioni di Reverse Factoring, mentre quando prevale il

peso delle scorte (tempi di incasso molto più bassi di quelli di mantenimento scorte) è preferibile l’Inventory Finance. Le situazioni dove le due variabili hanno valori simili sono più incerte. Se i valori sono entrambi alti, vale la pena di considerare sia il Reverse Factoring, sia l’Inventory Finance; se sono entrambi bassi, probabilmente al fornitore non conviene nessuna delle due soluzioni.

Usare la Profilazione per misurare i benefici delle soluzioni di Supply Chain Finance significa stimare quanto tali soluzioni comprimono il capitale circolante all’interno di una Supply Chain e quindi il costo totale per finanziare il CCON. Queste due informazioni rappresentano il cuore dei benefici e permettono un veloce confronto tra soluzioni diverse. Nell’esempio citato, il Reverse Factoring riduce il CCON e il costo complessivo per finanziare la filiera. Infatti i fornitori hanno a disposizione più liquidità in quanto incassano prima rispetto alla situazione di partenza. Il Reverse Factoring infatti prevede che il fornitore ottenga questo “prestito” a un tasso minore (sfruttando il merito creditizio del cliente), mentre il grande cliente estende i tempi di pagamento aumentando anch’esso la propria liquidità. Complessivamente, la soluzione “libera” quasi 65 milioni euro di liquidità, riducendo i costi di finanziamento di circa 3 milioni di euro. (Figura 2).

Figura 2

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