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Cos’è la sostenibilità ambientale e perché è un vantaggio per le aziende



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Un concetto che oggi più che mai è sinonimo di valore per il business: sviluppare strategie per ridurre l’impatto dei processi vuol dire anche migliorarne l’efficienza, aumentare la qualità del lavoro e rendere sempre più favorevoli i contesti in cui opera l’organizzazione

Aggiornato il 7 ago 2024



sostenibilità ambientale

Se fino a qualche anno fa nell’ambito del business l’espressione sostenibilità ambientale era poco più di una buzzword, e rientrava quasi sempre nelle strategie e nelle attività aziendali di Corporate Social Responsibility (leggasi marketing, sostanzialmente), oggi racchiude una serie di prassi, discipline e finalità imprescindibili per lo sviluppo di qualunque organizzazione.

Si è trattato indubbiamente di una trasformazione repentina, innescata non solo da un cambio di mentalità (maturato a sua volta attraverso una maggiore consapevolezza sui temi ambientali) dei consumatori, ma anche e soprattutto da un’importante presa di coscienza da parte delle organizzazioni. Le quali hanno cominciato a toccare con mano un vantaggio concreto: promuovere la sostenibilità ambientale nell’operatività quotidiana e nella catena del valore in cui si è inseriti comporta più efficienza, maggiore produttività e migliore qualità del lavoro.

Una definizione semplice di sostenibilità ambientale

Ma prima di entrare nel dettaglio, proviamo a fornire una definizione di quello che oggi è la sostenibilità ambientale. In termini estremamente semplici, per sostenibilità ambientale si intende la massima riduzione possibile dell’impatto di qualsiasi attività umana sull’ecosistema in cui è inserita quella specifica attività.

A differenza di quanto si potrebbe pensare, l’ecosistema in questione non è solo determinato dal patrimonio naturalistico e dagli equilibri termodinamici di un’area circoscritta, ma è funzione di tutte le interazioni che avvengono in modo concatenato all’interno del raggio di azione degli attori presi in considerazione. Il che significa che, potenzialmente, per una multinazionale l’ecosistema potrebbe addirittura corrispondere all’intero pianeta Terra.

Ragionando più in piccolo, e in termini più concreti, per un’azienda media l’ecosistema ha di solito l’estensione della filiera (incluso l’indotto) e delle comunità che partecipano direttamente o indirettamente al ciclo di vita dei prodotti e dei servizi che l’azienda realizza.

Ci sono fondamentalmente due modi per diminuire il proprio impatto sull’ecosistema: il primo consiste nell’abbattere l’impronta ambientale generata da un’azione specifica, il secondo nel compensarne gli effetti pianificando una serie di interventi sull’ecosistema per ristabilire l’equilibrio alterato da quell’azione.

Perché la sostenibilità è un valore importante

La sostenibilità è un valore fondamentale non solo in senso “altruistico”. In passato, si tendeva a pensare che tenere una condotta – personale o aziendale – sostenibile fosse una scelta che implicava una forma di sacrificio, mettendo in secondo piano i bisogni contingenti per pensare prima di ogni altra cosa al bene dell’ambiente, del pianeta. La prospettiva ha cominciato a mutare quando si sono intensificati i segnali del cambiamento climatico registrato negli ultimi anni.

A questo si è aggiunto un fattore ancora più determinante: ci si è resi banalmente conto che il benessere collettivo è anche il proprio benessere. Quindi un’organizzazione che opera valutando e riducendo gli impatti negativi che genera sul proprio ecosistema non fa che rendere più favorevoli i contesti in cui si sviluppa. Non solo. Contribuendo a migliorare le condizioni delle comunità di riferimento (dove vivono e lavorano partner, fornitori, collaboratori e clienti), l’organizzazione sarà considerata come un elemento di valore da ciascuno degli stakeholder, che la premieranno sul piano del business.

Le caratteristiche principali

Dovrebbe a questo punto essere chiaro quali sono le caratteristiche principali di una strategia di sostenibilità ambientale. In primo luogo, potrebbe sembrare pleonastico, l’impegno sul fronte della sostenibilità ambientale deve essere autentico. Il cosiddetto greenwashing (una serie di iniziative di facciata, tutta apparenza e poca sostanza, essenzialmente orientate alla comunicazione e allo storytelling) non porta da nessuna parte. Anzi, danneggia fortemente la reputazione di un marchio. Nell’era dei Social Network, del resto, le informazioni si diffondono alla velocità del pensiero: è sufficiente che una sola persona riscontri una condotta ipocrita o, peggio, sleale per ottenere disastrosi “effetti boomerang”.

Comunicare i buoni risultati ottenuti sul piano della sostenibilità ambientale può certamente aiutare un brand a posizionarsi in modo corretto sulla mappa valoriale dei clienti e dei prospect. L’importante è che ogni iniziativa divulgata sia non solo riscontrabile, ma anche misurabile. Si può anzi dire che la misurabilità delle azioni orientate alla riduzione dell’impatto sia la seconda caratteristica peculiare della sostenibilità ambientale.

Il terzo pilastro? La costanza. Un’organizzazione non deve essere solo costante nella promozione delle buone pratiche adottate, ma anche nel miglioramento continuo di ciascun caso d’uso. Procedure, persone e cultura dell’azienda devono essere quindi sottoposte ad aggiornamenti periodici, sia sui risultati ottenuti sia sui margini di miglioramento ottenibili attraverso l’implementazione di strumenti e approcci sempre più efficaci.

Quali sono i vantaggi della sostenibilità ambientale

Si è già accennato a un paio dei vantaggi che derivano dall’adozione di una condotta sostenibile. Oltre al potenziale miglioramento sul fronte della reputazione e delle dinamiche di business, vogliamo qui segnalare la possibilità concreta di migliorare l’efficienza dei processi.

Come detto, infatti, la sostenibilità ambientale implica un’accurata attività di monitoraggio e misurazione dei task e degli strumenti che connotano l’operatività quotidiana. Mettere sotto la lente di ingrandimento ciascun processo consente non solo di comprenderne l’effettivo impatto ambientale, ma anche di valutarne le performance reali. Tendenzialmente, infatti, maggiore è l’efficienza complessiva dei processi, minori saranno l’impatto ambientale e i costi connessi alla produttività.

Attenzione però: non si tratta solo di ridurre gli sprechi (basti pensare alla carta stampata inutilmente, ai dispositivi e ai macchinari tenuti accesi anche quando non vengono utilizzati, ai sistemi di condizionamento dell’aria gestiti in maniera impropria), ma anche di identificare soluzioni intelligenti per innescare un circolo virtuoso di continuous improvement, che avrà effetti diretti sul benessere dei collaboratori, sulla qualità del lavoro e sulla produttività.

Come migliorare la sostenibilità ambientale nei luoghi di lavoro

La domanda a questo punto sorge spontanea: cosa bisogna fare per mettere in moto questo circolo virtuoso? È necessario prima di tutto sostenere (o creare ex novo) la cultura della sostenibilità ambientale a tutti i livelli aziendali, sviluppando un piano di lungo periodo che preveda interventi chiari, scanditi nel tempo e dagli effetti misurabili.

In secondo luogo, bisogna fare leva sull’innovazione digitale. La Digital Transformation dell’organizzazione è indispensabile sia per attuare politiche di dematerializzazione dei processi e contenimento degli sprechi (attraverso per esempio l’adozione di un approccio paperless alla gestione documentale, l’implementazione di Digital Workplace intelligenti a basso consumo energetico, lo sviluppo di ambienti di lavoro all’interno di Smart Building) sia, soprattutto, nell’ottica di generare i dati da analizzare per comprendere le ricadute effettive della strategia sui processi. Da questo dipenderà la capacità dell’organizzazione di prendere decisioni informate lungo un percorso pluriennale che – è bene esserne consapevoli – sarà inevitabilmente un work in progress continuo.

Il ruolo del digitale

D’altronde, il tema della sostenibilità ambientale è esso stesso, quasi per definizione, in continua evoluzione. Man mano che cambiano le condizioni dell’ecosistema in cui operano le aziende – e in funzione delle conoscenze che si sviluppano sull’ambiente che le circondano – cambiano anche le premesse della disciplina, la visuale da adottare sugli specifici problemi e le soluzioni da sviluppare per affrontarli.

Mantenere e migliorare la sostenibilità ambientale dei processi in un contesto complesso e competitivo (non dimentichiamo che l’obiettivo primario delle imprese è creare valore economico) come quello del business vuol dire quindi promuovere l’apertura, incoraggiare il pensiero critico, sostenere l’inclusione. Come? Facendo leva sulle esperienze acquisite, non avendo paura di incamminarsi su territori inesplorati e soprattutto – per muoversi con sicurezza attraverso tutte queste dimensioni – affidandosi all’analisi dei dati e alle tecnologie digitali come abilitatori e facilitatori dell’innovazione di processo.

Verso professioni sempre più green

E se l’attenzione di aziende, PA, cittadini e non solo verso pratiche più sostenibili è oramai indiscutibile, anche la richiesta di professioni e professionisti green si sta espandendo a ritmi sostenuti.

Cosa si intende per Green Jobs

La definizione ufficiale di “green jobs” si trova nel report del 2008 dell’UN Environment Programme (UNEP) e dell’ILO intitolato “Green Jobs: Towards decent work in a sustainable, low-carbon world”, secondo cui rientrano nella categoria dei green jobs tutte quelle attività agricole, industriali, di ricerca e sviluppo, amministrative e nei servizi che contribuiscono significativamente a preservare o migliorare la qualità dell’ambiente, proteggere gli ecosistemi e la biodiversità, ridurre il consumo di energia, materiali e acqua attraverso strategie di efficientamento, decarbonizzare l’economia e minimizzare o o evitare del tutto la generazione di rifiuti e inquinamento. La portata dei green jobs è vasta e si estende a diversi settori, non solo a quelli direttamente legati all’ambiente.

Secondo la rilevazione ISTAT del 2022, il numero di occupati ha raggiunto le 23.099 mila unità, segnando un incremento di 545 mila unità rispetto al 2021, equivalente a un +2,4%, recuperando così i livelli pre-pandemia. Un contributo significativo a questa ripresa è stato dato anche dalla componente green. Si stima, infatti, che entro il 2030 saranno creati 30 milioni di nuovi posti di lavoro, con la sostenibilità come fulcro dell’incremento occupazionale.

Tuttavia, come evidenziato nel rapporto di ManpowerGroup, “Building Competitive Advantage with A People-First Green Business Transformation”, la domanda di competenze verdi supera di gran lunga l’offerta. Attualmente, il 70% dei datori di lavoro sta reclutando o pianificando di reclutare urgentemente talenti verdi e persone con competenze di sostenibilità, con la domanda più elevata nei settori delle energie rinnovabili, produzione, operazioni e IT. Però, nonostante la l’effettiva richiesta solo un lavoratore su otto possiede più di una competenza ecologica, creando una carenza esponenziale di talenti. I settori con le più alte intenzioni di assumere talenti verdi includono energia e servizi di pubblica utilità (81%), tecnologia dell’informazione (77%), finanza e immobiliare (75%), industria e materiali (74%) e trasporti, logistica e automotive (73%).

Fonte: ManpowerGroup – Building Competitive Advantage with A People-First Green Business Transformation

E qual è, nello specifico, la situazione in Italia?

Secondo il Rapporto GreenItaly 2023, nel nostro Paese nel 2022, i green jobs sono aumentati del 4,1% – quasi il doppio del tasso di crescita medio complessivo – raggiungendo le 3.222 mila unità, con un incremento di 126mila unità rispetto al 2021. Inoltre, il 26,9% delle attivazioni di green jobs ha riguardato giovani under 30, con un picco nell’area direzione e servizi generali (36,6% delle attivazioni dell’area), trainata dalla categoria dei sistemi informativi (42,6% delle attivazioni della categoria). Seguono l’area produzione beni/erogazione servizi (31,2%) e le aree tecniche (30,2%), dove spicca la categoria installazione e manutenzione con il 31,4% delle attivazioni.

Si tratta di un’occupazione più stabile e qualificata, tuttavia, anche in questo caso, il dato negativo è il mismatch, ovvero la difficoltà a reperire le figure idonee (ne manca circa il 47%).

Quali sono i Green Jobs più richiesti

Ecco una lista di professioni green, suddivise per settore:

Settore energetico

  • 1. Ingegnere energetico;
  • 2. Tecnico delle energie rinnovabili;
  • 3. Installatore di pannelli solari;
  • 4. Tecnico eolico;
  • 5. Specialista in efficienza energetica;
  • 6. Consulente per l’energia sostenibile;
  • 7. Progettista di sistemi geotermici.

Settore ambientale

  • 1. Ecologo;
  • 2. Conservazionista;
  • 3. Specialista in biodiversità;
  • 4. Ranger ambientale;
  • 5. Tecnico del suolo e delle acque;
  • 6. Consulente per la gestione dei rifiuti;
  • 7. Tecnico ambientale.

Settore delle costruzioni e dell’edilizia

  • 1. Architetto sostenibile;
  • 2. Ingegnere civile ambientale;
  • 3. Progettista di edifici green;
  • 4. Certificatore energetico;
  • 5. Manager di progetti di costruzione sostenibile;
  • 6. Installatore di sistemi di isolamento ecologico.

Settore agricolo

  • 1. Agricoltore biologico;
  • 2. Specialista in agricoltura sostenibile;
  • 3. Consulente per la gestione delle risorse idriche;
  • 4. Tecnico di irrigazione sostenibile;
  • 5. Esperto in agroecologia.

Settore della mobilità e dei trasporti

  • 1. Ingegnere dei trasporti sostenibili;
  • 2. Progettista di veicoli elettrici;
  • 3. Tecnico di manutenzione per veicoli elettrici;
  • 4. Consulente per la mobilità sostenibile;
  • 5. Specialista in logistica verde.

Settore della gestione delle risorse

  • 1. Manager delle risorse naturali;
  • 2. Specialista in gestione forestale sostenibile;
  • 3. Consulente per l’economia circolare;
  • 4. Analista delle risorse idriche;
  • 5. Tecnico di recupero e riciclaggio.

Settore della tecnologia e dell’informazione

  • 1. Ingegnere informatica sostenibile;
  • 2. Analista di sistemi per la sostenibilità;
  • 3. Progettista di software per l’efficienza energetica;
  • 4. Specialista in soluzioni IT per la sostenibilità;
  • 5. Consulente per la digitalizzazione green.

Settore della ricerca e dello sviluppo

  • 1. Ricercatore in tecnologie sostenibili;
  • 2. Specialista in innovazione ambientale;
  • 3. Analista dei cambiamenti climatici;
  • 4. Scienziato dei materiali sostenibili;
  • 5. Tecnico di laboratorio ambientale.

Settore della formazione e dell’educazione

  • 1. Educatore ambientale;
  • 2. Formatore per la sostenibilità;
  • 3. Consulente per l’educazione ambientale;
  • 4. Specialista in programmi di sensibilizzazione ambientale;
  • 5. Coordinatore di progetti educativi green.

Settore dell’amministrazione e dei servizi

  • 1. Manager della sostenibilità;
  • 2. Consulente per politiche ambientali;
  • 3. Responsabile della corporate social responsibility (CSR);
  • 4. Analista di politiche energetiche;
  • 5. Auditor ambientale.

Settore della finanza e degli investimenti

  • 1. Analista di investimenti sostenibili;
  • 2. Consulente per la finanza verde;
  • 3. Manager di fondi di investimento green;
  • 4. Specialista in corporate governance sostenibile;
  • 5. Consulente per il Reporting ESG (Environmental, Social, and Governance).

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