Il volume d’affari prodotto dalle software house italiane è cresciuto a doppia cifra nel 2023, mettendo a segno un +17,4% e arrivando a superare i 62,8 miliardi di euro in valore. Un fatturato realizzato dalle oltre 26mila realtà attive sul territorio, segnale evidente di una filiera decisamente frammentata, in cui ben l’83% delle aziende è classificabile come microimpresa – quindi con un organico di meno di 10 dipendenti.
È, dunque, la fotografia di un settore che a quanto pare gode di ottima salute quella scattata dall’Osservatorio Software & Digital Native Innovation del Politecnico di Milano.
Software house italiane: un comparto sempre più strategico per l’economia nazionale
Il settore del software nel nostro Paese sta vivendo una fase di notevole espansione, alimentata da investimenti crescenti in ricerca e sviluppo e dall’emergere di startup innovative che stanno riscrivendo le regole del mercato.
Tuttavia, il confronto con le principali economie europee rivela ancora alcuni gap significativi, soprattutto in termini di evoluzione tecnologica e capacità di innovazione delle PMI. «Il settore del software – osserva Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Software & Digital Native Innovation – è essenziale per la competitività del Bel Paese nei mercati digitali in rapida evoluzione, come dimostra l’ascesa della Generative AI. Cresce, infatti, l’impatto di questo comparto sia in termini economici che occupazionali. Uno sviluppo sostenuto dalla maggior presenza in Italia di Tech Company internazionali e dalla crescente consapevolezza istituzionale riguardo la strategicità di questa industria nel favorire i percorsi di innovazione nei settori più tradizionali e nelle PMI».
La crescita della filiera italiana del software
Il dinamismo osservato è sostenuto principalmente dall’aumento delle startup innovative attive nel comparto e dall’afflusso di investimenti esteri, che vedono l’Italia come un terreno fertile per la crescita del business legato al digitale. Tuttavia, la frammentazione e la predominanza di microimprese delineano un tessuto industriale che necessita di un maggior consolidamento per competere su scala globale con la giusta massa critica.
Una spinta arriva dai cambianti significativi in atto sia nell’assetto del settore e sia a livello macroeconomico, che stanno creando un terreno fertile per la modernizzazione e il consolidamento della filiera italiana del software, ormai considerata a tutti gli effetti “industria critica” per l’economia del Paese.
L’aumento del numero di datacenter attivi sul territorio, sostenuto da piani di investimento consistenti da parte dei grandi provider internazionali – AWS, Google e Microsoft in testa – si somma alla spinta governativa offerta da misure come il Piano Industria 5.0 (con 12,7 miliardi di euro stanziati per il 2024-2025 nell’ambito del PNRR), segnale evidente di un’attenzione istituzionale crescente nel garantire una maggior centralità dell’Italia nel panorama digitale europeo.
Il confronto con le principali economie europee
Analizzando il peso del fatturato generato dal software e servizi correlati rispetto al PIL, l’Italia si attesta intorno al 3%, un valore ancora decisamente ridotto rispetto a quello di altre nazioni europee come la Francia, dove questo indice raggiunge il 7%.
La discrepanza evidenzia i limiti e le difficoltà oggettive – a livello macroeconomico e di politica industriale – nel trasformare il tessuto tecnologico del Paese in un motore propulsivo per l’economia nel suo complesso. Germania e la Francia, con la maggior concentrazione di grandi imprese nel settore, mostrano come la scalabilità influenzi positivamente lo sviluppo della filiera tecnologica e digitale nazionale e la competitività internazionale delle realtà che vi operano.
Le aziende del comparto appaiono fortemente radicate sul territorio: l’80% è italiana e contribuisce a generare il 54% del fatturato complessivo. Il 46% del giro d’affari è appannaggio, invece, di divisioni italiane di realtà multinazionali. La coopetition (competizione cooperativa) tra produttori italiani e tech company internazionali, in grado di portare in Italia non solo la propria rete di vendita ma anche il proprio know-how e le attività di ricerca e sviluppo, rappresenta una delle leve chiave per rafforzare la centralità del nostro Paese nei mercati digitali del Vecchio Continente.
Il ruolo delle startup innovative
Il 15% delle aziende italiane che opera nel settore software è classificato come startup innovativa dalla banca dati AIDA, un segnale evidente della vivacità imprenditoriale che caratterizza lo sviluppo di tecnologie digitali avanzate.
Il comparto, poi, si colloca tra i primi sei in Italia per gli investimenti in ricerca e sviluppo (R&D), con una percentuale che, in media, supera il 6% del fatturato. Investimenti che non solo sostengono l’innovazione nel settore di riferimento, ma che contribuiscono anche a modernizzare e far evolvere i modelli di business in industrie più tradizionali, evidenziando come le sinergie tra ricerca avanzata e applicazioni pratiche siano essenziali per il rafforzamento competitivo del sistema-paese.
ERP, cybersecurity e Analytics
L’industria del software italiano si fonda in prevalenza sull’offerta di sistemi gestionali, ambito nel quale opera il 79% delle aziende censite (1.884 in totale) dall’Osservatorio. A seguire, la cybersecurity (37%) e le Business Analytics&AI (nel quale opera il 18% dei rispondenti).
«L’offerta di software innovativi è spesso associata alle soluzioni gestionali integrate direttamente nel cuore dei processi aziendali – osserva Marina Natalucci, Direttrice dell’Osservatorio Software & Digital Native Innovation –. Questo rafforza l’evidenza della rilevanza strategica di questo comparto, che in Italia vanta tante piccole eccellenze ma che non è, purtroppo, ancora competitivo quanto gli altri Paesi europei. La capacità di attirare capitali internazionali e supportare la crescita delle dimensioni dei produttori del territorio saranno punti chiave per il futuro dell’industria digitale italiana».
Software house italiane: quali strategie per rafforzare la competitività del Bel Paese
Sebbene l’Italia si confronti con le principali economie europee mostrando aree di forte competitività, specialmente nei prodotti chiave dell’offerta nazionale, emerge chiaramente che il percorso verso una completa trasformazione digitale delle aziende del nostro Paese richiede strategie mirate.
Rafforzare la competitività nel settore passa, infatti, anche attraverso un impegno collettivo a sostegno dell’innovazione continua non solo a livello aziendale e di industria, ma anche nazionale. «I risultati dell’Osservatorio – conclude Piermassimo Colombo, Vicepresidente di AssoSoftware – sono confortanti e testimoniano la vivacità di un comparto dinamico e in crescita da diversi anni, ma che tuttavia presenta una dimensione ancora insufficiente se raffrontato con gli altri Paesi europei. Per ridurre il gap con la parte più avanzata dell’Europa e mantenere la posizione raggiunta dall’Italia a livello internazionale, serve una svolta culturale adeguatamente sostenuta dalla politica, che permetta di superare le criticità attuali. I nuovi incentivi previsti dal Piano Transizione 5.0 vanno proprio nella direzione di posizionare l’Italia come hub europeo del software e liberare le energie della filiera, che ha le potenzialità per crescere di una forchetta compresa tra 1 e 2 punti percentuali di PIL nei prossimi cinque anni, creando mezzo milione di nuovi posti di lavoro».