La spesa complessivamente stanziata nel 2015 per la digitalizzazione della sanità italiana si attesta a 1,34 miliardi di euro, pari all’1,2% della spesa pubblica per questo comprato. L’entità maggiore è sostenuta dalle strutture sanitarie – con 930 milioni di euro -, seguite dalle Regioni (320 milioni), dai Medici di Medicina Generale (70 milioni) e dal Ministero della Salute (20 milioni).
L’ambito di investimento prioritario per le aziende sanitarie è ancora la Cartella Clinica Elettronica, con una spesa di 64 milioni di euro (in aumento del 10% rispetto al 2014), ma per le direzioni strategiche sono rilevanti anche i sistemi di gestione documentale e i servizi digitali al cittadino.
Sono questi alcuni dei risultati emersi dalla ricerca 2016 dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano.
«Considerando che nel 2014 la spesa per la sanità digitale era stata di 1,37 miliardi di euro, si può affermare che il sistema è caratterizzato da una sostanziale stabilità, con delle linee di continuità con quanto intrapreso», ha dichiarato Mariano Corso, il Responsabile Scientifico dell’Osservatorio. «Chi sperava quindi in un’inversione di tendenza è rimasto deluso. La nostra spesa sanitaria resta, infatti, una tra le più basse d’Europa, con 3.077 dollari per abitante contro i 3.453 della media europea a pari capacità di spesa, il costo reale è destinato a crescere nel futuro e la qualità del sistema sanitario nazionale è in declino, siamo infatti passati dal 2010 al 2015 dal quindicesimo al ventiduesimo posto secondo l’ultimo rapporto Euro Health Consumer Index».
Who's Who
Mariano Corso
Docente di Leadership & Innovation del Polimi, Responsabile scientifico dell’Osservatorio HR e dell'Osservatorio Smart Working del Polimi, Responsabile Scientifico di P4I-Partners4Innovation
Quindi se da un lato appare positiva la conferma del budget 2014, dall’altro non si vede l’atteso recupero verso livelli di investimento confrontabili a quelli degli altri Paesi europei. Quello che sembra mancare è un’azione implementativa chiara, con una governance partecipata e responsabile ai diversi livelli. «La velocità di attuazione è ancora modesta e disomogenea, inadeguata rispetto alla portata e all’urgenza delle sfide in gioco», ribadisce Corso. È auspicabile quindi, secondo l’Osservatorio, innanzitutto che il Ministero e l’Agenzia per l’Italia Digitale ricoprano un ruolo centrale per fornire standard e linee guida secondo le scadenze temporali. Inoltre servono politiche regionali coerenti tra loro, in grado di guidare e supportare gli attori che interagiscono nel processo di trasformazione digitale fornendo loro competenze e servizi condivisi e premiando i comportamenti virtuosi. Infine è necessario che le aziende sanitarie e gli operatori intraprendano progetti coraggiosi, superando la logica delle sperimentazioni.
Gli ambiti di innovazione
Come detto in apertura il principale ambito su cui le strutture sanitarie hanno investito nel 2015 è la Cartella Clinica Elettronica (CCE): la spesa rispetto all’anno precedente è cresciuta del 10%, arrivando a 64 milioni di euro, e si ipotizza aumenterà anche nel 2016 per il 43% delle aziende del campione. Seguono i sistemi di front-end (61 milioni di euro budget), il Disaster Recovery e continuità operativa (48 milioni), la gestione amministrativa delle risorse umane (39 milioni), la gestione informatizzata dei farmaci (26 milioni).
Rilevante è anche l’ambito dei sistemi di gestione documentale e di conservazione a norma: il 58% dei CIO prospetta infatti che la spesa aumenterà nel 2016, a fronte di una spesa attuale di 24 milioni di euro. A crescere, per il 40% dei Responsabili dei Sistemi Informativi sarà anche la spesa nei servizi digitali al cittadino (oggi 19 milioni di euro). Spinti da una crescente richiesta da parte dei cittadini e dagli oggettivi vantaggi in termini di costi e livello di servizio, molte regioni e aziende stanno concentrando i loro sforzi sulla digitalizzazione delle informazioni, documenti (come referti e ricette) e servizi (come la prenotazione online) che potranno ulteriormente diffondersi, confluendo nei FSE regionali.
«Le direzioni aziendali sembrano, viceversa, non ritenere prioritari gli investimenti in soluzioni per l’integrazione ospedale-territorio, come la Telemedicina, le soluzioni ICT per la medicina sul territorio e l’assistenza domiciliare – spiega Paolo Locatelli, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità -. Le differenze di priorità che emergono tra i diversi attori del sistema testimoniano quanto oggi sia importante lavorare non soltanto su una maggiore consapevolezza dell’importanza della Sanità digitale, ma anche su opportuni meccanismi di governance per allineare e rendere efficaci e sinergici gli investimenti».
Le azioni per supportare l’innovazione digitale in sanità
Secondo le Direzioni Strategiche delle strutture sanitarie, la barriera più rilevante all’innovazione digitale in Sanità è costituita dalla scarsa disponibilità di risorse economiche (68%), poi dalla resistenza del personale a tecnologie che richiedano cambiamenti organizzativi e processi (50%) e dalla scarsa cultura digitale degli operatori sanitari (32%). Anche i Medici di Medicina Generale ritengono che la principale barriera siano le risorse economiche (54%), seguita dalla scarsa conoscenza delle potenzialità offerte dagli strumenti digitali nello svolgimento della professione (48%) e dalla scarsa cultura digitale dei medici stessi (45%).
Coerentemente, la principale azione che il 64% delle Direzioni si aspetta dal Governo è il sostegno nell’accesso ai finanziamenti, a cui segue la richiesta di definire standard (53%) e di semplificare le normative sulla gestione della privacy (52%). Alle Regioni, si chiedono risorse economiche (67%) e che vengano definiti obiettivi comuni e convergenti (39%) e linee guida (39%). Le Direzioni sono consapevoli che uno dei principali fattori trainanti sia la cultura digitale del personale (56%) e la familiarità nell’utilizzo delle soluzioni digitali (44%).
«Se il ruolo del Governo deve essere quindi quello di normatore e regolatore, spetta alle Regioni un ruolo di indirizzo e di promozione dell’innovazione digitale – conclude Mariano Corso – con obiettivi chiari e comuni e con l’offerta di servizi condivisi alle aziende sanitarie, per consentire di mettere in pratica i piani della Sanita` digitale definiti dal Governo. Compete, invece, ai CIO, in collaborazione con gli attori dell’offerta ICT, il ruolo di ‘evangelisti’ del digitale in azienda, facendo comprendere alle Direzioni Strategiche e al personale i benefici dell’innovazione digitale, a fronte di investimenti sempre più necessari. Solo quando tutti gli attori del Sistema Sanitario saranno in grado di ricoprire in modo responsabile e coerente il proprio ruolo, dandosi obiettivi precisi e ambiziosi, la Sanità digitale potrà diventare finalmente realtà».