caratterizzato da luci e ombre, secondo quanto emerge dai
dati diffusi da Unioncamere sulla base di Movimprese, la
rilevazione trimestrale sulla natalità e mortalità delle
imprese. Da un lato, il saldo complessivo rimane
comunque positivo, con l’aumento di 17.385 imprese
(pari ad un tasso di crescita dello 0,28%, il più
modesto dal 2003) come risultato della differenza tra le
imprese nate nei passati dodici mesi (385.512 unità) e quelle
cessate nello stesso periodo (368.127). In particolare continua
la dinamica positiva delle società di capitali, che nel
2009 sono aumentate di 45mila unità. Dall’altro
lato, la crisi sembra acuire le difficoltà delle imprese
più piccole, soprattutto quelle di tipo individuale,
che l’anno scorso sono complessivamente diminuite di 30mila
unità, più della metà delle quali artigiane.
Nel complesso, dal punto di vista territoriale, il
risultato migliore è stato quello del Centro:
oltre 9mila imprese in più. In attivo anche Nord-Ovest (+8mila
unità), Sud e Isole (quasi 5mila in più). Unica area in
arretramento è il Nord-Est, che perde
complessivamente 4.869 imprese. Tra i settori, a reagire
meglio alla crisi è stato quello dei servizi alle
imprese che chiude l’anno con quasi 15mila unità
in più (l’86% di tutto il saldo). In campo positivo anche
alberghi e ristoranti (quasi 8.500 imprese in più) e commercio
(+6.500 unità), mentre dalle costruzioni, arrivano segnali di
tenuta (+4.600). Tre i comparti che chiudono l’anno con il
segno “meno”: l’agricoltura, che prosegue lungo
il cammino della razionalizzazione (-19mila unità, in lieve
accelerazione rispetto alle 17mila in meno del 2008);
l’industria manifatturiera, dove si acuisce il processo di
selezione avviato negli ultimi anni, con un’ulteriore
riduzione di 5mila unità (l’anno precedente il saldo
negativo si era fermato a poco più di 2mila); infine i trasporti
(poco più di 1.000 imprese in meno), in linea con il risultato
del 2008.
Il Presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, ha commentato
i dati Movimprese 2009 sottolineando la tenuta del
sistema imprenditoriale italiano, ma ricordando anche
che la crisi non ha ancora esaurito i suoi effetti. Se il
continuo incremento delle società di capitali dice che la scelta
di fare impresa è sempre più un progetto consapevole, che
coinvolge competenze elevate e risorse adeguate, tuttavia
non va sottovalutato l’allarme che viene dal mondo
delle piccole imprese, in particolare dell’artigianato e
dell’agricoltura. Si deve quindi ripristinanare in
primo luogo un regime di normalità nel rapporto banca-impresa e
rendere più agevoli e vantaggiosi per le imprese i processi di
aggregazione e innovazione.