Fino ad alcuni anni fa, nei meeting strategici si parlava di mission. Oggi questo concetto è stato sostituito da quello di purpose. La differenza tra i due termini è sostanziale.
La mission, infatti, rimanda all’obiettivo principale dell’azienda, è una tag cloud, un concetto che si espande man mano che l’organizzazione è chiamata a rifocalizzarsi e intervenire sulla sua strategia.
Il purpose, invece, rappresenta l’essenza stessa del business, la ragione per cui l’azienda esiste, un assunto che travalica l’aspetto puramente economico e la capacità di generare profitto e si estende all’impatto che l’azienda ha sulla società e l’ambiente in cui è inserita.
Lo scopo rappresenta l’insieme dei valori più alti che ispirano l’organizzazione, come sostenibilità, equità sociale, parità di genere, diversità, inclusione, etica… Volendo darne una definizione compiuta, il purpose è la capacità dell’azienda di distinguersi sul mercato generando valore di lungo termine per tutti i portatori di interesse (stakeholder). Non solo i clienti e gli azionisti, quindi, ma anche i business partner, i dipendenti e la collettività.
Perché aderire a principi etici superiori
I clienti chiedono in modo sempre più insistente che le aziende prendano posizioni chiare su temi etici di rilevanza ambientale e sociale, che siano dunque più vicine alle questioni che toccano gli individui nel profondo. Per i brand non si tratta semplicemente di scegliere una causa da sposare (anche se spesso è necessario scegliere su cosa focalizzarsi) ma piuttosto di aderire a principi etici superiori che siano, però, ed è qui il punto più critico, legati al business. Per farlo è importante lavorare su tutti e tre i livelli del purpose, integrando i principi che guidano l’esistenza stessa dell’azienda nei valori distintivi del brand, plasmandoli in experience per il consumatore.
Mission, vision, impact ed engagement
I principi che guidano l’evoluzione dell’azienda nel corso del tempo possono essere riassunti in 5 concetti chiave. Si tratta degli elementi che definiscono l’essenza stessa dell’azienda:
- Purpose (Why?): qual è lo scopo più alto, la ragione principale per cui esiste l’azienda.
- Vision (What?): qual è l’insieme degli obiettivi che l’azienda intende raggiungere nell’ambito del suo scopo.
- Mission (How?): quali sono le strategie che l’azienda mette in atto per raggiungere i suoi obiettivi.
- Impact (Where?): quali sono gli effetti dell’operato dell’azienda sul contesto socio-ambientale in cui è inserita.
- Engagement (Who?): chi sono i soggetti che contribuiscono a realizzare lo scopo attraverso la mission.
I tre livelli del purpose
Il concetto di purpose può essere definito rispetto a tre dimensioni:
- Big purpose (purpose aziendale): identifica il ruolo dell’azienda nel mondo, i valori fondamentali su cui si fonda il business e che condivide con i suoi clienti.
- Medium purpose (brand purpose): identifica la promessa fatta dall’azienda ai suoi clienti e il ruolo che l’azienda ha nelle loro vite. Allineare questa dimensione alla precedente è fondamentale per evitare di cadere nella trappola dell’etica di facciata e del Greenwashing (ma anche del Pinkwashing o del Blackwashing), garantendo quell’autenticità che permette al cliente di identificarsi nei valori che l’azienda promuove, realizzando con i suoi brand una connessione più profonda e duratura.
- Small purpose (customer purpose): identifica l’insieme dei bisogni e dei valori che spingono un cliente a entrare in contatto con l’azienda. È la dimensione che influisce di più sulle performance aziendali, perché ogni volta che il cliente realizza il suo scopo grazie a un’azienda, per quest’ultima si genera dell’extra valore in termini di fatturato, Customer Lifetime Value, passaparola positivo…
Gli errori più comuni che commettono le aziende che non riescono a gestire in modo efficace la comunicazione e la condivisione del loro scopo sono sostanzialmente due: identificare un big purpose troppo distante dai valori condivisi dai consumatori oppure non riuscire a trasferire lo scopo aziendale nelle promesse di brand.
Le aziende italiane possono definirsi purpose-driven?
L’importanza del purpose nelle aziende italiane è in costante crescita, come confermano i risultati della prima edizione della ricerca “Purpose & Business Transformation: the state of the art in Italy”, condotta da BCG BrightHouse, PoliMi Graduate School of Management e BVA Doxa. Lo studio, che ha coinvolto 520 persone tra C-Level e Manager delle principali aziende italiane, ha analizzato la percezione e l’attuazione del Purpose nel contesto aziendale italiano.
Secondo i dati raccolti, il 70% del cluster afferma che la propria azienda ha un purpose chiaro e stimolante. Questo dato risulta ancora più significativo nel settore dei servizi, dove la percentuale sale al 76%. Inoltre, il 69% degli intervistati prevede un notevole aumento dell’interesse per questo tema nei prossimi cinque anni. Appare, dunque, chiaro che il purpose stia emergendo come un elemento cruciale per le aziende, presente nelle agende dei manager, un catalizzatore del loro successo e non più semplicemente una questione etica.
I riflessi sull’Employee Experience e la Brand Reputation
Le aziende che definiscono e vivono un purpose chiaro riscontrano, infatti, numerosi vantaggi. Non a caso, il 62% degli intervistati e il 73% dei CEO affermano che l’implementazione del purpose ha contribuito al raggiungimento degli obiettivi aziendali e alle principali performance aziendali. Inoltre, il 58% degli intervistati ritiene che il purpose influisca positivamente sull’esperienza quotidiana dei dipendenti, mentre il 57% ritiene che contribuisca alla costruzione della reputazione esterna dell’azienda.
Secondo Josip Kotlar, curatore della ricerca e Associate Dean for Strategic Projects di POLIMI Graduate School of Management, «ciò che la nostra ricerca afferma con decisione è che il purpose oggi in Italia non è più percepito solo come un grande contributore sociale ma come un potente strumento strategico. Un’indicazione che pensiamo avrà delle conseguenze importanti per le imprese italiane e per la loro leadership».
Who's Who
Josip Kotlar
Associate Dean for Strategic Projects di POLIMI Graduate School of Management
Da elemento rilevante a obiettivo strategico
La ricerca evidenzia anche che le aziende più capaci di trasformarsi sono quelle che integrano il purpose in modo più efficace nella propria cultura (78%), nelle evoluzioni organizzative (73%), nella dimensione sociale (56%) e nella strategia aziendale (51%).
«Questa ricerca conferma un trend evidente in molti paesi – ha commentato Francesco Guidara, Managing Director di BCG BrightHouse – quando applicato, comunicato e condiviso internamente, il purpose è oggi uno strumento che scava all’interno dell’identità delle organizzazioni, la principale leva di trasformazione delle imprese, e la sola capace di lavorare a tutti i livelli, a cominciare dalla dimensione culturale. Tuttavia, se fino a questo momento se ne è percepita la rilevanza sociale, oggi diventa un elemento strategico che non solo migliora il contesto, ma che rende il business più potente».
Who's Who
Francesco Guidara
Managing Director di BCG BrightHouse
Il ruolo del Change Management
Va, comunque, segnalato che, nonostante i risultati positivi, il 40% dei CEO e manager intervistati ritiene che il purpose non sia pienamente sfruttato come una vera e propria risorsa in azienda. L’opinione diffusa è che i principali ostacoli siano rappresentati dalla mancanza di una comunicazione efficace intorno all’argomento, dal mancato allineamento dei collaboratori e dalla carenza di strumenti per una sua misurazione efficace.
«Il tema è ancora visto con una componente di scetticismo e non sempre risulta facile chiarire cosa significa purpose per un’azienda e come dovrebbe essere declinato nelle attività di ciascun dipendente», ha aggiunto Kotlar.
Come ha, infatti, dichiarato Guidara, «è come se le organizzazioni in Italia si fossero formate al primo stadio della definizione del purpose, ovvero allo slogan che, però, da solo serve a poco se non è accompagnato da azioni concrete dentro e fuori l’azienda. Molte delle grandi trasformazioni che abbiamo visto susseguirsi negli ultimi anni nel mondo del business sono state guidate dalla tecnologia e il nostro Paese, a dirla tutta, non è stato tra i più progressisti da questo punto di vista. Credo che parlare oggi di purpose metta l’Italia sotto una lente di ingrandimento perché le nostre aziende, per costituzione e per tradizione, sono tra le più longeve e sono anche quelle che vantano di un maggior radicamento delle comunità sul territorio. E in questo senso, parlare di purpose può rappresentare un’opportunità di rilancio competitivo e sostenibile delle nostre imprese».
Il purpose in un contesto VUCA
In un mondo in costante evoluzione, caratterizzato da un contesto VUCA (volatile, incerto, complesso, ambiguo), le organizzazioni si trovano di fronte a sfide sempre più complesse e impreviste. Di conseguenza, un approccio a breve termine si rivela inefficace e fugace, portando spesso a una stretta focalizzazione sugli obiettivi immediati delle imprese e facendole risultare meno agili nell’adattarsi a nuove situazioni. In questo contesto, il purpose organizzativo emerge come uno strumento essenziale per affrontare questa volatilità aziendale, in quanto permette di spostare l’attenzione dell’organizzazione da una visione a breve termine a una di lungo termine, offrendo un potente strumento per contrastare questa tendenza.
Si tratta, infatti, di un concetto che va oltre il mero scopo di profitto e offre alle aziende una bussola morale che guida le loro azioni e decisioni. Si concentra sulla definizione di una missione e di valori più ampi che ispirano e guidano l’azienda nel suo complesso. Questo approccio, diverso da una visione a breve termine, è in grado di mitigare la volatilità e l’incertezza che spesso condizionano le organizzazioni.
L’impatto sulle performance di business
Il purpose delle organizzazioni diventa quindi un catalizzatore per la creazione di valore a lungo termine, non solo per gli azionisti, ma anche per i dipendenti, i clienti e la società nel suo complesso. Questo nuovo approccio riflette una prospettiva più olistica del ruolo delle aziende nella società, spingendole a considerare il benessere di tutti i loro stakeholder.
Le aziende che collegano le strategie di crescita all’innovazione sociale, etica e ambientale realizzano performance di business migliori nel medio-lungo periodo. Hanno clienti più fedeli con cui costruire relazioni strutturate e durature, e come anticipato spesso disposti a pagare un premium price per acquistare prodotti e servizi realizzati in modo più etico e circolare e plasmati su modelli esperienziali. Non solo. Hanno anche accesso a una platea più ampia di investitori, una performance finanziaria più solida, attraggono i migliori talenti e riescono ad aumentare la produttività dei dipendenti, rilevano un notevole miglioramento della reputazione aziendale e, non per ultima, una maggiore capacità di innovazione.
Per ottenere benefici tangibili, però, è fondamentale riuscire a integrare i valori più alti dell’azienda nel core business e andare oltre, promuovendo una vera e propria cultura del purpose. Una strategia che richiede che le persone si riconoscano e si sentano parte attiva di un progetto che ha finalità più alte e siano in grado di trasferire anche all’esterno dell’azienda questo sistema di valori. Il purpose è, dunque, un credo che va costruito attraverso una connessione profonda con il dipendente prima ancora che con il consumatore.
La sostenibilità che guida le scelte d’acquisto
La pandemia ha cambiato le priorità degli investitori che oggi, secondo una recente indagine di UBS Investor Watch, nel 68% dei casi sono guidate dal purpose personale, con un occhio di riguardo particolare per i temi della sostenibilità. Molti big internazionali del risparmio gestito da qualche anno hanno cambiato la prospettiva con cui valutano le potenzialità di un investimento, passando da logiche “profit first” a logiche “profit with purpose”.
Uno studio recente dell’Osservatorio Internazionale per la Coesione e l’Inclusione Sociale ha evidenziato che ormai da diversi anni ben 6 consumatori su 10, in media, praticano nel loro quotidiano scelte di consumo responsabile.
La situazione nelle aziende italiane
Le evidenze dell’edizione 2024 dell’Osservatorio Purpose in Action realizzato dal PoliMi Graduate School of Management mostrano come le aziende italiane riconoscano l’importanza di individuare, formalizzare e pubblicizzare il proprio purpose. Ciò nonostante, solo il 32% lo ha già fatto in concreto.
Lo studio, realizzato in collaborazione con OpenKnowledge e BVA Doxa, si basa su una survey condotta su un campione di 785 manager aziendali del Belpaese. I risultati mettono in luce come nonostante circa la metà (51%) dei manager riconosca l’impatto positivo dell’evidenziare questo aspetto sulla motivazione e l’engament dei propri dipendenti, solo il 17% delle aziende misura in modo sistematico questa dimensione con indicatori puntuali, mentre circa il 36% lo fa in modo non sistematizzato. “La definizione del purpose di fatto rappresenta una guida strategica, che permette di superare l’ottica del mero profitto e consente alle organizzazioni di allineare visione di business e valorizzazione del contributo reso alla società”, tiene a puntualizzare Josip Kotlar.
Purpose: esempi
Qui di seguito alcuni esempi di purpose di realtà multinazionali italiane e non.
Barilla
“Avvicinare le persone alla gioia del buon cibo e fare della qualità la scelta per una vita migliore, da ogni individuo al pianeta”, questo l’intento dichiarato dal gruppo. Che si traduce nella volontà di selezionare ingredienti di qualità prodotti in modo sostenibile che giungano alla tavola del consumatore attraverso Supply Chain responsabili.
IKEA
“To create a better everyday life for the many people” è, invece, il mantra di IKEA, che si propone di avere un impatto positivo sul mondo – dalle comunità di produzione delle materie prime all’utilizzo dei suoi prodotti per aiutare i consumatori a progettare un futuro più sostenibile e rispettoso dell’ambiente nel loro quotidiano.
Lavazza
“Awakening a better world every morning”, ovvero “risvegliare un mondo migliore ogni mattina” è il purpose del Gruppo Lavazza, che mira a creare valore sostenibile per tutti gli stakeholder – azionisti, consumatori, collaboratori e comunità in cui l’azienda opera -, fondendo i principi della competitività di business con la responsabilità sulle ricadute ambientali e sociali del proprio operato.
Microsoft
“Empower every person and every organization on the planet to achieve more” è lo statement di Microsoft, che si focalizza sullo sforzo di abilitare organizzazioni e persone a raggiungere i propri obiettivi attraverso l’uso della tecnologia, migliorando alcuni aspetti chiave come la produttività e l’inclusività.
Pirelli
“Constantly pushing innovation in a cultured, sustainable and considerate manner”, ovvero più o meno “spingere costantemente l’innovazione in modo colto, sostenibile e rispettoso” è la dichiarazione d’intenti di Pirelli, che punta sull’aspetto chiave del progresso nel suo purpose.