La semplificazione normativa e, quindi, procedurale non è solamente lo strumento per creare efficienza e, ovviamente, generare risparmi. Dalla semplificazione si liberano energie nuove, che possono restituire reale valore produttivo alle Aziende clienti e ai Professionisti, spesso sacrificati a rincorrere interpretazioni normative dell’ultima ora.
Come rileva l’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale del Politecnico di Milano, oggi si contano oltre 150mila Studi di avvocati, commercialisti e consulenti del Lavoro, comprendendo anche le realtà multidisciplinari. La forza lavoro occupata, tra dipendenti, collaboratori e professionisti, supera le 500 mila unità, mentre il portafoglio delle aziende clienti, per alcune Professioni, tocca i 3,5 milioni.
Sono numeri importanti, che meritano un ulteriore approfondimento. Soprattutto per commercialisti e consulenti del lavoro l’attività prevalente (70-80%) è ancora costituita dalla tradizione professionale: dichiarativi, gestione contabilità e bilanci, gestione amministrativa del personale. La quota residuale del tempo lavorativo si rivolge alla consulenza, caratterizzata da marginalità più interessanti. La dimensione media degli studi è piccola (meno di 2 professionisti e una forbice di dipendenti che oscilla tra 0,5 e 2,5 unità). I clienti aziendali sono al massimo un’ottantina e i livelli di fatturato arrivano mediamente a 200 mila euro.
Per questi studi la pletora di adempimenti diventa fonte di lavoro, ma non è tutto oro ciò che luccica. La rincorsa al decreto attuativo, alle regole tecniche, all’interpretazione della singola norma – troppo spesso disomogenea anche a livello geografico – porta a un drenaggio di ore-lavoro, difficilmente ribaltabili sul servizio reso al Cliente. Quest’ultimo, oltre tutto, non percependo il “lavoro nascosto” che sta dietro al dichiarativo compilato, vede nel dichiarativo stesso un obbligo privo di valore per la sua attività e, giustamente, non crede di doversi caricare delle difficoltà di compilazione. Perché il problema sta a monte: nel concepimento della norma e nella traduzione operativa della sua applicazione. La nostra micro e piccola imprenditoria ha bisogno di Professionisti che li supportino nella gestione dell’attività, quella, però, che genera ricavi, che salvaguarda i posti di lavoro e che consente di effettuare investimenti per lo sviluppo dell’Azienda, argomento questo che l’Osservatorio ha affrontato nel Booklet “Le opinioni delle aziende clienti: cosa desiderano le PMI dai loro Professionisti?”.
È vero che la Pubblica Amministrazione sta dando segnali significativi di risveglio. L’uso dell’innovazione digitale sta aiutando a raggiungere livelli di efficienza superiori, ma non basta. È il pensiero del legislatore che deve diventare più snello, l’impianto normativo di riferimento a dover essere ridotto e semplificato. Le Professioni dedicano ancora troppo tempo a dipanare la matassa normativa, complessa e complicata. La professionalità non si gioca sul tavolo degli adempimenti obbligatori, che non generano valore per le Imprese e per il Paese, ma sugli aspetti gestionali, quelli che aiutano l’Imprenditore a vendere un’unità in più del suo prodotto. Liberiamo tutto il tempo possibile oggi drenato da una pletora di adempimenti, da farraginose normative e da interpretazioni rincorse e non sempre chiare. Questo tempo può diventare più produttivo, più remunerato, ridare energia alla professionalità e migliorare la competitività. Il business tradizionale sta spingendo gli studi più avveduti a migliorare l’efficienza interna e a diversificare il portafoglio servizi, arricchendolo di attività consulenziali. La pesantezza normativa costringe, però, il Professionista a dedicare sempre più tempo al mondo degli adempimenti, assumendo il ruolo di interfaccia tra cliente e Pubblica Amministrazione.
Questo ruolo è però messo in discussione dagli stessi Professionisti, spesso relegati a interpreti di una normativa farraginosa e di difficile applicabilità da parte di cittadini e imprese senza l’ausilio di un professionista. La professionalità rischia di venir meno, sacrificata sull’altare di un ruolo che diventa sempre più simile a una cinghia di trasmissione per la Pubblica Amministrazione. Chi vuole distinguersi lo può fare anche grazie alle tecnologie digitali, che stanno fornendo gli strumenti per superare gli schemi tradizionali, organizzativi e di business, a patto però di disporre di un progetto ben definito, che consenta di massimizzare l’impegno sostenuto per l’investimento.