Giurisprudenza in digitale

Processo telematico, i vantaggi che arrivano dalla tecnologia

Per gli addetti di cancelleria il tempo di lavoro si riduce del 20-30%. Per gli ufficiali giudiziari si parla del 30-40% in meno. I tempi di emissione dei decreti ingiuntivi calano a 15 giorni, contro i 45 giorni del cartaceo. Pesa però la diffusione a macchia di leopardo, che spesso obbliga il passaggio dal digitale al cartaceo

Pubblicato il 08 Lug 2013

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Il processo civile telematico dà vantaggi reali, ormai è assodato. Peccato che in Italia funzioni a macchia di leopardo: ergo non in tutti i Tribunali e non per tutti gli atti.

Milano fa da sempre avanguardia su questo fronte e l’occasione per fare il punto si è avuta pochi giorni fa a un convegno organizzato dall’Ordine degli Avvocati, dalla Corte d’Appello e dal Tribunale di Milano.

I vantaggi di produttività
E’ emerso che l’uso di strumenti digitali sta riducendo molto i tempi di comunicazioni ai professionisti e quelli di emissione del provvedimenti. Comporta un risparmio del 30-40 per cento del tempo di lavoro degli ufficiali giudiziari e del 20-30 per cento per gli addetti di cancelleria, oltre a ovviamente il taglio dei costi di stampa e di notifica.

I tempi di emissione dei decreti ingiuntivi calano a 15 giorni, contro i 45 giorni del cartaceo, e questo è un vantaggio pratico anche per i creditori. Da marzo 2012 ad aprile 2013 il tribunale di Milano ha emesso 113.059 provvedimenti telematici, con punte massime nel settore lavoro, esecuzioni e cognizione ordinaria. Meno in materia fallimentare. A livello nazionale, finora sono stati trasmesse 13 milioni di comunicazioni telematiche di biglietti di cancelleria, con risparmi di circa 30-40 milioni di euro.

Dati processuali accessibili via smartphone
«A Milano è a regime soprattutto il procedimento dei decreti ingiuntivi e funziona bene. L’avvocato del creditore digitalizza i documenti, le fatture- se non sono digitali all’origine- appone la firma elettronica, la manda al tribunale attraverso alla PEC e così arrivano sul PC del giudice, che emette il provvedimento in digitale sempre via PEC», spiega Guido Scorza, avvocato esperto di nuove tecnologie.

«Circa il 30-40 per cento dei decreti aggiuntivi è telematico, a Milano», aggiunge il magistrato milanese Enrico Consolandi, pioniere di questi temi. «Sono avanti con il processo telematico anche i tribunali di Genova, Torino, Brescia, Firenze. Molte sentenze, verbali, ordinanze sono depositate come documento informatico. I dati processuali sono reperibili tramite l’applicativo Polisweb. È possibile vedere via smarthone, tramite un’App, i registri di cancelleria anonimizzati», aggiunge Consolandi.

«C’è una Banca dati giurisprudenza che indicizza i provvedimenti emessi in forma digitale. Ci sono anche scansioni di quelli cartacei, ma non tutti e comunque non sono indicizzati», continua. «Quasi in tutti i tribunali ormai abbiamo accesso a fascicolo in via telematica con smart card e il calendario del processo è disponibile in remoto», aggiunge Scorza.

Un quadro disomogeneo
Ma il quadro è tutt’altro che perfetto. «La diffusione delle funzionalità informatiche a supporto del processo civile telematico è disomogeneo. Si passa da città coperte dalla quasi totalità delle tecnologie (come Milano), ad altre che beneficiano al momento solo di pochissimi strumenti», dice Ernesto Belisario, avvocato specializzato in diritto informatico.

Belisario nota alcuni problemi: «l’informatizzazione non tocca tutte le fasi dei procedimenti; la causa che inizia per via telematica spesso deve necessariamente continuare con la classica procedura cartacea. Ad esempio, nonostante siano presenti dei decreti che dispongono la possibilità di depositare degli atti per via telematica, in molti casi gli uffici giudiziari non sono ancora attrezzati a gestire l’intera procedura in digitale».

«Ci sono spesso problemi ogni volta che il provvedimento necessita un dialogo a tre. Se devo notificare una controparte che è un privato, spesso mi tocca passare al cartaceo. Perché potrebbe non avere la PEC e comunque non è facile sapere quale sia, visto che non c’è un albo delle PEC dei privati», conferma Scorza.

«In attesa dello switch off definitivo, si verifica spesso che nei procedimenti che vedono contrapposti un avvocato “telematico” ed uno “analogico”, il personale di cancelleria sia costretto a svolgere un doppio lavoro di gestione dei documenti cartacei e digitali», aggiunge Belisario.
«Il quadro normativo è incerto. Ad esempio, il sistema di processo telematico non prevede la possibilità di delegare qualcuno – come un collega o la segretaria – per prendere visione o estrarre copia: tale facoltà, invece, è ampiamente esercitata nel mondo “analogico”», continua Belisario.

La PEC e gli standard europei
«L’uso della PEC ci taglia da fuori dall’Europa, perché non è uno standard internazionale. E’ un problema ad esempio per le ingiunzioni transfrontaliere. Si potrebbe risolvere grazie all’e-Codex, uno standard europeo in via di definizione», dice Consolandi.

«Per alcune cose, non sarebbe il caso di imporre a una parte di farsi la PEC: per l’amministratore di sostegno, per esempio. Ci sarebbe la CEC Pac, che è gratuita, ma non può accedere al dominio giustizia», aggiunge.

La situazione potrebbe complicarsi:  secondo il decreto legge 179/2012, dal 30 giugno 2014 le memorie devono essere solo in via telematica con la produzione degli allegati. «Ma nel processo gli allegati sono molto pesanti e difficilmente gestibili con scambi via email. Il problema è nato perché il legislatore ha scelto di usare la posta invece di un sistema di upload diretto», aggiunge Consolandi.

Una normativa da razionalizzare
Siamo insomma a metà del guado tra analogico e digitale. Ne derivano quindi paradossi, «come nel diritto di copia degli atti, che il ministero di Giustizia fa pagare 8 euro in cartaceo. In digitale fornisce solo un’immagine senza firma digitale e quindi manipolabile», dice Consolandi.

Insomma, si tratta di completare e razionalizzare la normativa. Ma non solo.

«Le riforme a costo zero non sono possibili. Senza il potenziamento delle strutture nazionali e locali, attraverso investimenti in strutture a supporto della giustizia digitale, difficilmente il processo civile telematico decollerà. In alcuni uffici, sono gli avvocati (attraverso i consigli dell’ordine) a “sponsorizzare” le spese necessarie per digitalizzare (vedi firma digitale e scanner)», dice Belisario.

Ultimo tassello necessario, secondo Belisario, «la formazione del personale (cancellieri, giudici, avvocati). In assenza di un’adeguata predisposizione e preparazione di tutte le parti in causa il meccanismo non può acquisire consistenza e, pertanto, realizzarsi in tempi brevi».

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