«Penso che nel mondo ci sia mercato forse per quattro o cinque computer». Sono le parole pronunciate nel 1943 da Thomas Watson, presidente della Ibm. Si sbagliava, perchè, allora come oggi, prevedere il comportamento del mercato e dei consumatori è estremamente difficile. Ne è una prova anche la recente elezione di Trump a Presidente USA, un risultato che ha spiazzato tutti i sondaggi. Ma l’elenco è lungo: nel passato, anche molto recente, l’imprevedibilità è stata alla base di clamorosi errori di valutazione. Dobbiamo dunque subire e accettare l’incertezza? No, possiamo provare a fronteggiarla. Attraverso opportune strategie e tecniche, è possibile guardare al futuro con più chiarezza e tentare di orientare le scelte dei consumatori.
Fallimenti clamorosi e previsioni errate: alcuni esempi celebri, dai Google Glass al Phire Phone di Amazon
Google Glass. A gennaio 2016 Google ha chiuso il progetto sui Google Glass, anche per problemi tecnici (ad esempio, era troppo complesso il controllo vocale) e di design: erano molto scomodi, con visione dei contenuti di realtà aumentata poco naturale considerata la posizione, facevano venire male di testa, gli utenti si sentivano ridicoli ad indossarli. Ma anche qui non mi sembra fosse così chiaro il valore dell’utilizzo da parte del consumatore. Lo spazio di mercato che futuri Google Glass riusciranno a ritagliarsi dipenderà dalla capacità di disegnare un prodotto che catturi l’appeal dei consumatori e dalla disponibilità di applicazioni realmente utili e comode per l’utente.
Tecnologia 3d sulle televisioni. 5-6 anni fa si vendevano solo tv in 3D: doveva essere la rivoluzione del mercato cinematografico prima e televisivo poi. In pochi anni, il 3D ha avuto solo un tiepido riscontro nelle sale cinematografiche ed è stato praticamente nullo l’effetto sull’utenza domestica, insomma un “fiasco”. Il motivo? Un concorso di colpa tra mancanza di offerta (di contenuti), reale efficacia della tecnologia e gusti del consumatore. La verità è però che non ha mai conquistato fino in fondo il consumatore.
eCommerce nel Fashion. Pensate a quante volte avete sentito queste frasi: “i consumatori non compreranno mai online un capo di abbigliamento”, “come si fa a comprare un prodotto complesso da un telefonino… non si riesce a vedere bene!”. Invece oggi gli acquisti da mobile nell’abbigliamento continuano a crescere in valore, e hanno un enorme successo le flash sales via app. Alcuni operatori eCommerce generano più del 50% del loro transato via app!
Mobile TV su rete Dvb-H. Nel 2006 i principali operatori mobili italiani provarono a lanciare i videofonini, telefoni che ricevevano il segnale Dvb-h attraverso un’antenna che si estraeva come quella delle radioline. Gli investimenti furono notevoli, in particolare per H3G che aveva addirittura acquisito le frequenze di una televisione, ma anche per Tim e Vodafone che avevano acquisito da Mediaset e Sky i diritti a trasmettere su mobile i propri contenuti e che avevano stretto un accordo di 5 anni con Mediaset per usarne le frequenze e la rete su cui trasmettere in Dvb-h. Fu un fallimento significativo per varie ragioni: la qualità del segnale, la necessità per i consumatori di cambiare il proprio telefono, la qualità/design dei videofonini, la tipologia di contenuti offerti (quelli, appunto della tv in broadcast, poco coerenti con la fruizione on demand richiesta dagli utenti su mobile e con la possibilità offerta da internet di fruire di un’ampiezza di gamma di contenuti molto superiore). L’errore fu quello di non aver capito che l’utente non voleva rivedere gli stessi canali lineari della Tv su Mobile, ma contenuti on demand, brevi, immediati, come sta accadendo ora. Fu un errore anche pensare che il consumatore avrebbe cambiato telefono solo per poter vedere la Tv.
MMS (messaggistica multimediale). Il servizio di MMS (invio di messaggistica multimediale), che gli operatori pensavano avrebbero sostituito gli sms grazie alla possibilità di inviare immagini e suoni, non ha mai veramente attecchito, verosimilmente per un rapporto qualità/prezzo non ritenuto adeguato dai consumatori, che, al contrario oggi scambiano costantemente contenuti multimediali tramite i vari servizi di instant messaging (WhatsApp in primis). Un fenomeno, quello dello scambio di messaggistica tramite Internet, sottovalutato dagli operatori. Il risultato è che nel tempo hanno preso il sopravvento gli Over the Top portando ad un crollo vertiginoso dei volumi di Sms inviati.
Fire Phone di Amazon. Amazon ci aveva investito 170 milioni di dollari. A quanto pare tra le diverse ragioni del fallimento c’era proprio il 3D: si era puntato infatti sul fatto che lo smartphone fosse capace di riprodurre in 3D gli oggetti. Ma non c’era nessuna utilità nel farlo… E il Fire Phone non ha mai conquistato i consumatori.
Google Power Meter. Era stato il primissimo servizio di Google legato al monitoraggio dei consumi energetici. Si pensava che per il semplice fatto di mettere a disposizione dati di consumo elettrico su un portale web gli utenti lo avrebbero usato. In realtà i limiti tecnici (consumi aggregati e disponibili in ritardo) hanno portato al fatto che non venisse sostanzialmente usato e il portale è stato chiuso. Qui il tema interessante è che ora molte aziende si stanno lanciando su soluzioni per il risparmio energetico: vedremo se sapranno evitare gli stessi errori di progettazione.
Grandi punti interrogativi sul futuro
Che futuro avranno i progetti che oggi ci sembrano molto promettenti? Vediamo alcuni esempi.
Pagamenti di prossimità con cellulare. Davvero i consumatori sentono il bisogno del Mobile Payment e Mobile Wallet? Tutti i grandi attori ci stanno investendo: Apple che ha lanciato Apple Pay a fine 2014, è stato seguito da tutti i principali device manufacturer, in primis Samsung con Samsung Pay, e altri attori come Google con Android Pay. Ma nessuno sa cosa ne pensa realmente il consumatore. Le aspettative sono elevate e la posta in gioco interessante: il fornitore del mobile wallet potrà avere informazioni preziosissime sul consumatore, non solo cosa acquista e dove, ma anche quali carte fedeltà usa più spesso e a quali coupon è interessato, in un’esperienza che unirà lo shopping online e nel mondo fisico. Ma la risposta dei consumatori è ancora un po’ tiepida: ad oggi meno del 10% degli utenti eleggibili utilizza questi sistemi.
Spesa online. Nel settore del food, il tema eCommerce è ancora aperto. Come vorrà fare la spesa il consumatore online non è ancora chiaro e le alternative si moltiplicano: consegna a casa vs click&collect, modalità di riordino (lista della spesa tradizionale, riordino con dispositivi tipo dash di Amazon…), tipologia di spesa (completa o suddivisa per categoria merceologica), consegna super veloce si o no? Per le iniziative come Amazon Prime now (dove non c’è cibo pronto) serve davvero la consegna in un’ora? Una prestazione che costa moltissimo, ma che fino a oggi non ha sfondato…
Guida autonoma. Piacerà davvero al consumatore la macchina che si guida da sola? Posto che sembra ormai quasi certo che si vada in quella direzione… le case auto devono decidere se e quali modelli offrire sia con guida autonoma che con guida tradizionale.
Il negozio del futuro. Il grande question mark che accomuna tutto il mondo Retail è capire quale sarà il ruolo del negozio del futuro. Uno showroom, un punto di ritiro, o qualcos’altro?
Second screen. L’espressione indica l’utilizzo di un secondo device davanti alla televisione, ma in maniera coordinata e complementare con ciò che viene mostrato. Le
potenzialità sono discusse da diversi anni ma non si è ancora trovato il modo/tecnologia/offerta/ingaggio con cui generare interesse e mercato. Ad oggi tutti abbiamo in mano un secondo schermo davanti alla tv, ma solitamente viene usato per fare altro. Verrà mai usato per completare l’esperienza televisiva?
E gli esempi che potremmo aggiungere sono tantissimi. Robot Advisor. Quanto sostituiranno i consulenti finanziari? Realtà virtuale. Piacerà davvero? Mercato dei wearable. Smart Home.
Quali possono essere quindi delle ragionevoli strategie per fronteggiare la presunta “imprevedibilità” del consumatore?
Vi sono a mio avviso tre strade principali, non mutuamente esclusive, anzi per molti versi complementari.
1. Influenzare/Guidare il comportamento dei consumatori secondo modelli di innovazione “technology-push” o design-driven
Alcuni casi di successo mostrano l’efficacia di questo approccio.
Molti sono gli esempi in casa Apple, in primis l’iPhone (con il paradigma delle app). Ricorderanno molti che appena uscito non se ne capiva il reale valore, ma si guardava solo ai difetti. Sappiamo come è finita: è diventato il paradigma per tutti. Stessa cosa per i negozi di Apple: per la prima volta i prodotti sono usciti dalle teche e il negozio è diventato un luogo per provare e testare il prodotto e non solo per acquistare.
Sicuramente meno disruptive ma non meno interessante il caso Enjoy, il servizio di car sharing, prenotabile con estrema facilità attraverso un’Applicazione Mobile installata sugli Smartphone dei consumatori, con un’applicazione che mostra le auto più vicine all’utente e che viene usata anche per aprire l’auto stessa, senza necessità di carte fisiche. Altri vantaggi come il pricing, più conveniente rispetto ad un taxi, e la possibilità di parcheggiare l’auto ovunque completano il quadro, che giustifica i risultati ottenuti.
Nel retail, invece, Eataly e Starbucks hanno ridefinito il significato dell’esperienza in store. In particolare Eataly ha arricchito l’esperienza di acquisto dei propri consumatori con la capacità di creare conoscenza e cultura culinaria e del territorio italiano e Starbucks ha creato intorno al rituale del caffè la capacità di far sentire il cliente a casa propria (wifi gratuito, tavoli lasciati ai clienti per ore, ..).
Certo. Non sempre si riesce a imporre il proprio modello. E allora?
2. Essere agili (lean) nel progettare i prodotti/servizi e adattarsi ai comportamenti dei clienti
Sono molti gli esempi in cui nuovi prodotti sono portati sul mercato secondo la logica cosiddetta del “the minimum viable product (MVP)” ossia di un prodotto con le funzionalità minime sufficienti per iniziare un ciclo di apprendimento e sviluppo continuo sul mercato, ascoltando i feedback.
Un esempio è ancora una volta l’iPhone: inizialmente la batteria durava 4 ore e mancavano feature che oggi riterremmo essenziali, come il copia incolla; inoltre, non esisteva navigazione 3G.
Anche WhatsApp è entrata sul mercato con l’unico chiaro differenziale di essere una chat multipiattaforma, tutte le altre features sono arrivate col tempo.
L’approccio lean è ancora più visibile nel lancio di nuove app e nuovi servizi.
Autogrill ha appena lanciato il servizio di mobile payment attraverso la sua app… sta pagando centinaia di clienti per testare l’usabilità dell’app per apportare delle modifiche prima del lancio ufficiale. Stesso discorso per il lancio di EatalyToday che è stato testato da centinaia di clienti prima di essere portato sul mercato
Tutti gli aggregatori – Amazon, eBay, Deliveroo, VentePrivée, Expedia… – si sforzano di fornire soluzioni sempre più user friendly per i propri utenti, con nuove funzionalità rilasciate periodicamente (ad esempio muove modalità di ricerca, di ordinamento…).
E infine, terza modalità da combinare con le due precedenti.
3. Usare le tecniche più evolute per prevedere: big data analysis e neuro/bio-marketing
Amazon è uno dei migliori attori da questo punto di vista: da tempo utilizza sistemi di predictive shipping, predictive picking, promozioni personalizzate, previsione basata sulle intenzioni di acquisto su tutto il marketplace, ecc. Da vedere, su questo tema, il video “Amazon Yesterday” che ne fa la parodia.
Ma anche i retailer tradizionali (Macy’s, Marks&Spencer, Tesco, Walmart…) utilizzano i dati raccolti online sul comportamento d’acquisto (correlazione tra prodotti…) per ridefinire il posizionamento di alcuni prodotti in store o per inviare promozioni mirate sui prodotti correlati a quelli già acquistati (ad esempio se ho messo nel carrello i nachos, mi propongono sconto su salsa).
Un terzo esempio è il programmatic advertising in cui opportuni algoritmi analizzano i cookie connessi in rete in quel momento e consentono all’investitore pubblicitario di far vedere la propria pubblicità solo ai target in linea. E poi c’è l’uso delle tecniche derivate dalle bio-scienze, il bio-marketing, un filone innovativo di ricerca che appare molto promettente.