Adesso è il momento di uno sforzo di sistema, in cui tutti- grandi e piccoli, privati, Stato e Regione- dovranno fare il proprio compito per lo start up dell’Italia digitale.
Al via il gioco delle parti: un po’ invocato un po’ davvero ai nastri di partenza, a cura degli attori principali di questa partita. Possiamo riassumere così l’atmosfera che si respira in questi giorni, in tema di digitale e di infrastrutture Paese. La conferma l’abbiamo avuta durante il convegno annuale di Between, a Capri, il 3-4 ottobre, ma è quanto si avverte anche mettendo assieme notizie e dichiarazioni cardine di questa fase. Dall’attuazione delle norme sull’Agenda digitale al destino di Telecom Italia, il settore si è convinto che la via d’uscita da un impasse nazionale si presenterà solo con la collaborazione tra le parti per l’interesse nazionale. Cosa che è mancata, finora, a tutti i livelli. Il caso Telecom forse ne è l’esempio più clamoroso, come ha dichiarato più volte nei giorni scorsi il suo (ormai ex) presidente, Franco Bernabè, prima di dare le dimissioni.
È d’accordo Corrado Passera, ex ministro allo Sviluppo economico, che dal palco dell’evento di Between ha definito “pasticcio totale” l’affare Telecom-Telefonica, perché è mancata-da parte del Governo, in primis- la ricerca di una soluzione che tutelasse gli interessi del Paese, ossia la salvaguardia della rete nazionale e di investimenti di lungo periodo.
Ma in fin dei conti lo stesso sentimento si può ritrovare nelle parole di Marco Patuano, amministratore delegato di Telecom: “Abbiamo sempre investito e continueremo a farlo a servizio di un progetto industriale basato sull’innovazione. Ma c’è bisogno anche di un impegno, privato ma anche pubblico, per creare e rafforzare la domanda”. “Serve un grande progetto di trasformazione dell’Italia”, ha detto all’evento di Between, a cui ha partecipato in video essendo le ore immediatamente successive alle dimissioni di Bernabè.
Insomma, anche Patuano, colui sulle cui spalle ora grava tutto il peso del rilancio Telecom, invoca una lavoro di squadra, che coinvolga Pa, Stato, privati, tutti insieme nella stessa barca. Proprio quello che è mancato durante l’affare con Telefonica, tuttavia; anche se adesso il Governo cerca una soluzione a posteriori: con la norma Golden e la revisione delle regole sull’Opa.
Segnale tardivo, ma un segnale di presa di coscienza da parte del Governo. Lo stesso si può dire delle crescenti dichiarazioni del Premier Letta sull’Agenda digitale, indicata come una priorità nel discorso per la fiducia al Senato. Fino a pochi anni fa sarebbe stato utopistico che la parola “digitale” venisse anche solo nominata per sfuggita durante un discorso formale dal premier di questo Paese.
I fondi dell’Europa, un’opportunità persa
Se non altro perché, in tempi di spending review, è un delitto rinunciare alle opportunità del digitale. Non ci si riferisce solo ai risparmi possibili (già noti, tanto da essere ormai entrati in letteratura); di recente l’attenzione del Governo è infatti sulla possibilità di spendere tutti i fondi della prossima programmazione europea 2014-2020. “Non succeda più come quest’anno: siamo costretti a restituire 40 milioni all’Europa perché non abbiamo presentati piani adeguati per utilizzarli”, dice Agostino Ragosa (foto), direttore dell’Agenzia per l’Italia digitale. “Ma per spendere tutto quello che l’Europa mette a disposizione, servono grandi piani: economie di scala, Stato-Regioni”, aggiunge. Ancora una volta serve l’unità di intenti-Paese, con vari attori che collaborano: è proprio questo il leit motiv del periodo.
L’Agenzia per l’Italia digitale sta appunto studiando insieme alle Regioni, al ministero per la Coesione Territoriale e al Mise una pianificazione “anti-spreco” dei fondi europei. E sta lavorando con le Regioni per la nascita di datacenter nazionali da cui far partire i nuovi servizi della Pa digitale. Già alcune Regioni- in testa, l’Emilia Romagna- sono pronti a partire, coinvolgendo anche i privati (che potranno fornire proprie infrastrutture).
La buona notizia è duplice, insomma: matura una consapevolezza sull’importanza di fare squadra e se ne vedono anche i primi segni pratici.
La cattiva è che il tempo è tiranno. Senza un cambio di passo l’Italia continuerà a perdere posizioni, lungi dal recuperarle, nella classifica dell’innovazione mondiale. La conferma è nell’ultimo rapporto ITU (agenzia Onu per le Tlc), che ci vede perdere ancora un posto per diffusione del digitale.
Il rovescio della medaglia degli accordi, tra tanti attori, è al solito che i tempi si allungano. Ma è proprio ciò che l’Italia non si può permettere. Rischio evitabile solo con un presa di posizione da parte della Presidenza del Consiglio. Al momento, sembra che ci sia. Almeno fino alle prossime elezioni.