Sono ormai diversi anni che la School of Management del Politecnico di Milano evidenzia un preoccupante rischio, ovvero che la Sanità pubblica perda rapidamente quella qualità che l’ha caratterizzata negli anni passati. Un trend che potrebbe essere invertito investendo nelle tecnologie digitali, la leva che potrebbe combinare efficienza e sostenibilità economica a servizi di qualità.
Ma la spesa complessiva per la digitalizzazione della Sanità italiana anche nel 2013 si è ridotta del 5%, dopo il calo già registrato lo scorso anno, raggiungendo quota 1,17 miliardi di euro, appena l’1,1% della spesa sanitaria pubblica, pari a 19,72 euro per abitante. Una contrazione che riguarda in particolare le strutture sanitarie, dove la spesa tecnologica è crollata dell’11% in un anno.
In un Sistema Sanitario tra i meno costosi d’Europa (3.012 dollari di spesa sanitaria pro capite, oltre un terzo inferiore alla media dell’area Euro), nel Paese più vecchio del continente, dove la qualità delle prestazioni sanitarie erogate é sensibilmente inferiore rispetto alla media europea, la “spesa” tecnologica in sanità continua a essere tagliata e gestita in ottica frammentata e locale per una pura automazione dell’esistente.
Secondo gli esperti, servono nuovi investimenti, avendo presente però che l’ICT da sola non è sufficiente. Per difendere il Sistema Sanitario pubblico oggi in Italia è necessaria una riforma profonda del modello di cura e assistenza.
«Investendo in ICT il minimo indispensabile, solo per automatizzare l’esistente, si sta accompagnando il declino del sistema – ha affermato Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio ICT in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano, presentando i risultati in un convegno a Milano -. L’investimento in nuove tecnologie invece andrebbe concepito nel quadro del passaggio a un nuovo modello integrato e intelligente, uno ‘Smart care System’, in grado di prendersi carico dei pazienti nelle fasi acute e a livello ospedaliero così come nell’assistenza domiciliare e sociale, con una governance condivisa dell’innovazione in cui l’ICT abiliti la collaborazione tra i diversi attori».
Who's Who
Mariano Corso
Docente di Leadership & Innovation del Polimi, Responsabile scientifico dell’Osservatorio HR e dell'Osservatorio Smart Working del Polimi, Responsabile Scientifico di P4I-Partners4Innovation
Per rilevanza sociale e peso sui conti pubblici questa revisione dovrebbe essere una priorità del Governo, il vero cuore dell’Agenda digitale italiana. Ma così non è: la spesa ICT risulta ancora bassa e frammentata tra Regioni, Aziende Sanitarie e Comuni, nel Governo non c’è una regia unica per le politiche sanitarie e sociali, l’Agenzia per l’Italia Digitale non ha identificato la Sanità Elettronica come priorità e la roadmap per l’implementazione del Fascicolo Sanitario Elettronico, che rappresenta il cuore dell’azione del Governo sull’eHealth, appare di difficile realizzazione.
Gli ambiti di innovazione
La Cartella Clinica Elettronica, con una spesa complessiva di circa 58 milioni di euro, rappresenta il principale ambito su cui le Aziende sanitarie hanno allocato risorse economiche, con una crescita prevista per il 2014 superiore all’8%. Oltre il 70% delle Aziende ha investito sulla CCE, a dimostrazione di come tale ambito rappresenti ancora il punto di attenzione per gran parte degli attori del Sistema Sanitario. Il livello di utilizzo delle funzionalità però è ancora parziale, così come la loro diffusione a livello di intera struttura.
Il secondo ambito più rilevante per entità di spesa riguarda i Sistemi di front-end, su cui nel 2013 l’81% delle aziende ha effettuato una spesa per un valore complessivo di circa 38 milioni di euro, confermato anche per il 2014. Il terzo è rappresentato dalle soluzioni ICT per la gestione amministrativa e delle risorse umane, per cui l’82% delle strutture sanitarie ha speso complessivamente circa 38 milioni di euro, con una riduzione prevista per il 2014 pari al 4%. Seguono gli investimenti in Business Continuity e Disaster Recovery (36 milioni di euro), in soluzioni per la gestione informatizzata dei farmaci (30 milioni di euro) e per l’interscambio di documenti e informazioni con sistemi regionali o nazionali del FSE (21 milioni di euro).
«I dati confermano come, anche per quanto riguarda l’ICT, la propensione dei decisori sia orientata maggiormente verso lo sviluppo di soluzioni destinate all’assistenza ospedaliera, mentre alle componenti territoriale e sociale sono dedicate solo poche risorse – commenta Mariano Corso – Questa visione, incapace di guardare in modo aggregato ai bisogni dei pazienti, rende ancora più difficile la realizzazione del necessario cambiamento del sistema complessivo».
Le opportunità degli Shared Services regionali
Nell’ipotesi di una totale adesione da parte delle strutture sanitarie italiane agli Shared Services, ovvero i servizi sanitari erogati centralmente dalle Regioni (o da centri servizi consortili o centralizzati) e forniti alle diverse strutture sanitarie in modo condiviso, si potrebbero risparmiare complessivamente oltre 150 milioni di euro a livello nazionale. È la stima dell’indagine dell’Osservatorio ICT in Sanità che rivela come questa modalità di erogazione, al momento poco sviluppata, potrebbe garantire importanti risparmi di costo per effetto delle economie di scala, grazie a miglioramenti sull’efficienza delle infrastrutture e dei processi, e benefici organizzativi, grazie alla razionalizzazione e riallocazione delle risorse verso attività condivise nei vari centri di servizio ed aree a maggior valore aggiunto.