Negli studi dei professionisti esiste una correlazione tra l’andamento del fatturato/redditività e l’adozione di tecnologie. Maggiore è la crescita degli indicatori economici tanto più evidente è questa relazione: gli studi che ne dichiarano una in doppia cifra di entrambe le variabili, rivelano la più elevata incidenza di tecnologie evolute (>30%) rispetto a quelle complessivamente presenti.
A evidenziarlo la ricerca condotta dall’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale della School of Management del Politecnico di Milano su 1040 Studi di Avvocati, Commercialisti, Consulenti del Lavoro e Multidisciplinari.
Per comprendere l’utilizzo delle tecnologie l’Osservatorio le ha categorizzate ripartendole in tre gruppi: quelle obbligatorie o diffuse nella quasi totalità degli studi sono definite a basso contenuto innovativo, ne sono un esempio i software per la gestione dei flussi telematici alla PA; a medio contenuto innovativo sono quelle collegate ad attività tipiche della professione esaminata ma non ancora così diffuse, tra cui i portali per condividere i documenti con i clienti e i software per la gestione documentale; quelle a elevato contenuto innovativo sono, infine, collegate ad attività meno tradizionali per la professione esaminata, mediamente poco diffuse e in grado di far percepire ai clienti il possesso di competenze distintive, come i software per il controllo di gestione e la business intelligence.
Rispetto a questa classificazione è emerso che le tecnologie a elevato contenuto innovativo sono presenti nell’80% degli studi di grande dimensione – quelli con oltre 5 milioni di euro di fatturato -, nel 59% di quelli medi (1 milione – 5 milioni), nel 26% dei piccoli (200 mila euro – 1 milione), nel 17% dei micro (fino a duecentomila euro di fatturato). È importante sottolineare come comunque il 60% dei micro studi utilizzi tecnologie di medio ed elevato contenuto innovativo avvalorando la tesi per cui esiste una componente culturale alla base dell’adozione delle tecnologie, indipendentemente dalle disponibilità finanziarie e dalla dimensione dello studio. Laddove poi ci sia un miglioramento della redditività aziendale cresce anche la presenza di tecnologie, e non necessariamente in base alle dimensioni degli studi. L’utilizzo di quelle a elevato contenuto innovativo passa dal 17% degli studi che dichiarano una redditività in contrazione in doppia cifra, al 31% di quelli con una redditività in crescita oltre il 10%.
Firma digitale, gestione elettronica documentale e conservazione digitale a norma. Su quali tecnologie puntano gli Studi?
Oggi accade ancora che le tecnologie più presenti negli studi siano quelle abilitanti l’esercizio professionale: firma digitale, banche dati, gestione dei flussi telematici. Gli investimenti futuri riguarderanno, invece i software per la gestione elettronica documentale e la conservazione digitale a norma dei documenti dello studio (entrambi al 39%), i portali per la condivisione documentale con i clienti (34%), i siti internet (34%). Recuperare l’efficienza interna e soddisfare le attività di natura tradizionale sono ancora i principali driver che spingono a investire in tecnologia. Entrando più in dettaglio la ricerca rivela che per gli Avvocati la priorità sarà il sito internet (40%) e i software per la gestione elettronica documentale (29%), per i Commercialisti la conservazione digitale a norma dei documenti e la gestione elettronica documentale (44% e 43% rispettivamente), per i Consulenti del Lavoro i software per la gestione delle newsletter e per la conservazione digitale a norma dei documenti (48% entrambi), per gli Studi Multidisciplinari i software per la gestione elettronica documentale e la conservazione digitale a norma (entrambi al 45%).
Spesa in tecnologia, le previsioni parlano di una crescita dell’8%
Per quanto riguarda la spesa in ICT complessivamente effettuata dagli studi nel corso del 2015 ha superato 1,1 miliardi di euro, ripartita, quasi equamente, tra una dimensione statica, legata alla gestione dell’esistente, e una dinamica che prevede la crescita del valore delle tecnologie esistenti o, addirittura, l’ingresso di nuove tecnologie con progetti innovativi (12%). La media della spesa complessiva in ICT nel 2015 per ogni studio, al netto di quelli che dichiarano di non aver investito (3%), sfiora ora i 9 mila euro, contro una previsione dichiarata lo scorso anno di circa 6.300. Quasi il 50% di aumento della spesa può essere spiegato attraverso due chiavi di lettura: da una parte l’esistenza di interessanti segnali di cambiamento tra gli studi professionali, dall’altra una scarsa capacità di previsione delle spese, soprattutto quelle legate alle ICT.
Dei 9 mila euro spesi poco meno di mille sono destinati a soluzioni innovative, che probabilmente con queste cifre non sono poi così di fascia alta. Tuttavia, non si può trascurare che circa 3 mila euro sono indirizzati allo sviluppo o all’aggiornamento normativo di ciò che già esiste negli studi.
Per il prossimo biennio le previsioni parlano di una spesa di circa 1,2 miliardi di euro annui, con una crescita ancora dell’8% circa. I dati a consuntivo e le previsioni di investimento in ICT confermano la positiva correlazione tra spesa informatica, fatturato e redditività. Gli investimenti in tecnologia hanno consentito ad alcuni professionisti di liberare tempo-lavoro da destinare a nuove attività – prevalentemente di consulenza – e di raggiungere livelli di efficienza superiori, preservando la marginalità.