Da tempo ci sentiamo ripetere che la trasformazione digitale è un percorso virtuoso e che investire sulle nuove tecnologie fa bene alle imprese. Ma è proprio vero? E quali sono le caratteristiche delle imprese più avanzate nel percorso di digitalizzazione?
Se l’è chiesto Oxford Economics, prestigioso istituto di analisi economica britannico, che ha svolto per conto di SAP una dettagliata ricerca, chiamata Leaders 2020 e presentata in anteprima all’evento Sapphire di Orlando, basata su una survey su 4000 impiegati ed executive in 21 Paesi.
I risultati confermano, dati alla mano, molte aspettative, ma fanno anche emergere evidenze non scontate, come ad esempio un’inattesa superiorità delle PMI rispetto alle grandi realtà nell’analisi dei dati ai fini decisionali. I dati mostrano in particolare che i leader nella digital transformation sono ancora pochi, il 16% del campione, ma hanno il 38% di probabilità in più di ottenere maggiori performance -sia in termini di fatturato sia di marginalità- e impiegati più motivati e soddisfatti, grazie a investimenti oculati e strategie innovative nella gestione del capitale umano.
Chi sono i leader digitali
Per rientrare nel gruppo dei leader digitali, le aziende dovevano avere caratteristiche precise: Operations altamente digitalizzate,
management con elevata cultura tecnologica, un focus sullo sviluppo delle competenze digitali degli impiegati, l’abitudine a prendere decisioni basate su dati aggiornati e real time e un basso livello di complessità e burocrazia.
Questi “campioni digitali”, oltre ad avere performance finanziarie decisamente superiori alla media, sono una volta e mezza più efficaci nella collaborazione e hanno un tasso di soddisfazione dei dipendenti maggiore del 38%.
«Siamo ancora all’inizio del viaggio – ha affermato presentando i dati Karie Willyerd, Digital Futurist di SAP SuccessFactors -. Una delle sfide principali che devono affrontare le aziende è la scarsa preparazione del management nell’affrontare la digital transformation. I dati abbondano, ma vanno tradotti in insight e poi in decisioni. Inoltre, i rispondenti nella maggior parte dei casi dichiarano di non sentirsi pronti ad affrontare un cambiamento continuo».
Millennials e diversity fanno la differenza
Non stupisce che le risposte dei più giovani, i nativi digitali, differiscano da quelle degli altri: sono più motivati e reattivi al cambiamento e più critici rispetto alle attuali policy messe in campo dai dipartimenti HR. Emerge anche come elemento distintivo del cluster dei leader una maggiore propensione alla diversity, ovvero al coinvolgimento di donne e di differenti età e culture nell’organizzazione. Ma non a livello di Board: anche per loro il percorso in questo ambito non è evidentemente concluso.
PMI sulla frontiera del data-driven business
Curiosamente, sono le PMI a prendere più decisioni basate sui dati, un’evidenza del tutto inattesa. «Le aziende medio piccole mostrano una maggiore attenzione all’incremento di efficienza e alla riduzione dei costi, mentre le grandi sono più focalizzate sull’innovazione. Sono invece meno attente alla diversity», ha commentato Willyerd.
Ogni azienda è B2C
Infine, lo studio evidenzia che nell’era digitale anche le aziende B2B si trovano a competere con aziende come Google e Amazon sul fronte della customer experience. Il motivo è presto spiegato: per comprare on line un prodotto o ricercare un’informazione su un sito di questi big di Internet basta un clic. E tutti noi, dopo avere provato una volta questa esperienza estremamente semplice e immediata, ci aspettiamo di replicarla in qualunque operazione online.
La digital transformation è dunque solo all’inizio, ma non ci sono più alibi per non attivarsi. Si tratta di una grande sfida per tutte le aziende, che richiede molto coraggio e visione. Senza mai dimenticare che il cambiamento, per quanto rapido, va accompagnato, informato e gestito. Perché la tecnologia digitale accelera esponenzialmente, ma l’essere umano per sua natura teme il cambiamento e ama stare tranquillo della propria “confort zone”.