In un contesto internazionale che fatica ad uscire dalla crisi,
la nostra economia si trova di fronte all’imperativo di
migliorare la propria competitività e capacità di innovazione.
Tra i fattori che rendono difficile questa sfida vi è un
profondo gap di infrastrutture e competenze informatiche che,
accumulatosi nel tempo, pesa oggi come un macigno sulla capacità
di competere delle nostre imprese e dell’intero Sistema
Paese. Fatto ancor più grave, negli ultimi anni questo gap,
lungi dal ridursi, si sta ulteriormente ampliando. La spesa
italiana in ICT, ad esempio, è diminuita nel 2010 del 2,5%, a
fronte di una spesa mondiale tornata a livelli di crescita del
+4,9% e di Paesi come l’India o la Cina che hanno visto una
crescita rispettivamente del 18% e 15% (dati Assinform e European
Information Technology Observatory) e i dati relativi al primo
semestre 2011 confermano questa tendenza negativa.
In questo contesto il Cloud non va visto solo come
l’ennesima moda proposta dagli specialisti dell’ICT,
bensì come una nuova sfida che non bisogna perdere. Se
opportunamente sfruttato e utilizzato, infatti, il Cloud potrebbe
portare benefici rilevanti su molti comparti produttivi del
Paese, contribuendo a ridurre il gap accumulato in anni di
insufficienti investimenti tecnologici. La natura stessa
del Cloud, inoltre, ben si presta ad
avvantaggiare la piccola e media impresa, spina dorsale
dell’economia italiana ma, al tempo stesso, punto critico a
causa della sua attuale incapacità di cogliere le opportunità
di innovazione offerte dall’ICT, e la Pubblica
Amministrazione, la cui rigidità e arretratezza in molti
comparti costituisce oggi uno dei fattori critici che limita la
competitività del Sistema Paese.
La ricerca condotta dall’Osservatorio Cloud & ICT as a
Service della School of Management (www.osservatori.net) del
Politecnico di Milano (che ha coinvolto oltre 160 tra CIO
e Responsabili dei Sistemi Informativi tra la fine del
2010 e l’inizio del 2011) fotografa una situazione di
grande interesse da parte delle aziende italiane verso i temi del
Cloud Computing. Secondo quanto dichiarato dal
66% dei CIO intervistati, infatti, il
Cloud rappresenta un trend rilevante che costituisce un
fenomeno estremamente importante per l’azienda, mentre solo
il 12% del campione si mostra scettico, ritenendo che questo
paradigma non presenti reali elementi di innovazione e di
discontinuità rispetto all’outsourcing tradizionale e
considerandola solo una moda del momento.
Lo stato di adozione
I risultati della ricerca mostrano risultati incoraggianti in
termini di diffusione delle iniziative nelle aziende italiane,
suddivise nei tre diversi modelli di delivery: Infrastructure as
a Service (IaaS), Platform as a Service (PaaS) e Software as a
Service (SaaS). In particolare, nell’ambito SaaS il
63% delle aziende dichiara di aver realizzato almeno
un’iniziativa, solo il 22% dei CIO intervistati
dice di non aver preso ancora in considerazione alcun progetto.
La restante parte si divide tra chi segnala iniziative in fase di
sperimentazione e chi sta ancora facendo delle valutazioni in
merito.
Altrettanto significativo il livello di diffusione relativo al
modello IaaS: il 49% delle
aziende del campione ha ad oggi avviato almeno
un’iniziativa, mentre nel 22% dei casi vi sono dei progetti
in fase sperimentale o di valutazione.
Più indietro rispetto agli altri due modelli, invece, è il
PaaS che presenta una percentuale di adozione e
di sperimentazione ancora limitate: rispettivamente del
24% nel primo caso e dell’11% nel secondo.
Tra le tipologie di servizi IaaS e PaaS più diffusi vi sono la
capacità elaborativa e di storage, le risorse virtuali
configurate e il software infrastrutturale. Meno diffusi, ma con
un interessante trend di crescita, sono gli ambienti di sviluppo
e deployment di applicazioni software, i sistemi di supporto alla
IT governance e i business process management system.
Passando ai servizi SaaS, tra i più utilizzati troviamo le
applicazioni di gestione delle Risorse Umane, i portali
aziendali, la posta elettronica, la Unified Communication &
Collaboration e i sistemi di conservazione sostitutiva. Meno
diffusi, ma comunque in crescita, CRM e sistemi di produttività
individuale e scambio documentale. Più di nicchia, infine,
eCommerce, sistemi di business intelligence, sales force
automation, amministrazione finanza e controllo.
Spostando l’attenzione alle piccole e medie imprese il
quadro cambia radicalmente: a fronte di indubbie potenzialità e
di un interesse prospettico rilevante, pari al 20% per la parte
di SaaS e al 30% per la parte IaaS, il mercato delle
soluzioni di Cloud per le PMI si trova ad oggi in una fase
embrionale. Per questa tipologia di imprese il livello
di diffusione del SaaS è ancora nell’ordine del 2-3% per
le applicazioni più diffuse e riguarda principalmente CRM,
sistemi di videoconferenza, “pacchetti semplici” a
supporto di attività amministrative e contabili e servizi a
supporto delle attività amministrative del personale, di
controllo delle presenze e gestione delle trasferte.
Meglio non va per i servizi infrastrutturali, con il 6% di PMI
che usa servizi di storage, sicurezza e backup dei dati e il 3%
capacità elaborativa in modalità as a Service.
La roadmap di adozione
Sulla base della ricerca e dell’analisi di diversi casi di
applicazione si possono tracciare alcuni percorsi tipici di
avvicinamento al Cloud. Le piccole imprese colgono da subito
buoni risultati ricorrendo al Cloud esterno (detto anche Cloud
pubblico); le limitate esigenze di personalizzazione e
integrazione ai sistemi legacy consentono loro di sperimentare e
utilizzare servizi pubblici di Software e Infrastructure as a
Service con costi e tempi contenuti. Il passo successivo è
quindi spesso quello di adottare soluzioni PaaS per sviluppare
applicazioni più personalizzate ed integrate.
Le aziende più grandi partono invece frequentemente con
soluzioni di Cloud interno infrastrutturale e,
contemporaneamente, sperimentano sul Cloud pubblico soluzioni
SaaS relative ad applicazioni trasversali che richiedono poca
personalizzazione (ad esempio collaboration, amministrazione del
personale, acquisti), oppure su processi core (come ad esempio il
CRM) quando hanno bisogno tatticamente di soluzioni immediate
– anche se potenzialmente temporanee – e fruibili
ovunque in modo flessibile. Il passo successivo è invece quello
di investire in integrazione con i sistemi legacy e
nell’adozione di soluzioni Platform as a Service per
costruire e gestire su Cloud pubblico applicazioni
personalizzate.
Benefici e criticità
In generale i CIO ritengono che l’attrattività del modello
Cloud sia prevalentemente legata alla
flessibilità (63%) e alla possibilità
di condivisione di risorse (41%). Per i progetti sin qui
avviati, le maggiori aspettative ex-ante dal Cloud sono la
riduzione dei tempi di adozione ed attivazione del servizio, la
riduzione dei costi di gestione interni e i minori investimenti
iniziali. Ex-post, tuttavia, una volta introdotte, sono proprio
questi elementi a creare le maggiori disillusioni. Restano invece
coerenti con le aspettative i benefici rilevati in termini di
flessibilità e scalabilità. Spostando l’attenzione alle
criticità, se è vero che l’aspetto ritenuto a priori
maggiormente critico risulta essere l’integrazione delle
soluzioni Cloud con l’infrastruttura già esistente in
azienda, è altrettanto vero che alcune percezioni, come quelle
della scarsa sicurezza dei dati e dell’immaturità
dell’offerta, si rivelano nei fatti meno insidiose di
quanto paventato a priori. Per contro, elementi come la
definizione ed il rispetto degli SLA (Service Level Agreement),
rappresentano gli aspetti più critici.
Le implicazioni organizzative
È fuori dubbio che i modelli di Cloud, se compiutamente
applicati, potrebbero rappresentare un’opportunità per
innovare i Sistemi Informativi acquisendo una maggiore capacità
di rispondere alle esigenze del Business. Il Cloud
promette di semplificare l’ICT offrendo agli utenti risorse
semplici e standard facilmente utilizzabili. Le stesse
Line of Business possono essere messe nella posizione di
scegliere e implementare servizi Cloud senza
l’intermediazione della Direzione ICT. Si tratta di uno
scenario nel quale la Direzione ICT, se non reinterpreta il
proprio ruolo, rischia di vedersi scavalcata dai fornitori e
superata dalle Line. Dalla Ricerca empirica emerge tuttavia come
ad oggi i CIO non percepiscano il pericolo di un
“sorpasso a destra” da parte delle Line: nel
72% dichiarano infatti di essere essi stessi
promotori e traino delle iniziative Cloud,
mentre le Line ed il Vertice Aziendale sembrano avere un ruolo
poco rilevante o reattivo. Il dato si spiega con il fatto che,
fino ad oggi, la stragrande maggioranza delle grandi imprese ha
gestito il Cloud secondo un approccio che possiamo definire
“tranquillizzante”: le tecnologie Cloud sono state
impiegate internamente per consolidare e rendere più facilmente
scalabile l’architettura. Visto così si tratta di un
cambiamento interno ai Sistemi Informativi che va in continuità
con i trend di virtualizzazione e orientamento delle architetture
ai servizi (SOA) che, seppur rilevanti dal punto di vista
tecnico, non modificano il ruolo né le professionalità della
direzione ICT. Altrettanto poco rilevante risulta il ricorso al
Cloud pubblico fintanto che questo resta limitato ad applicazioni
generiche e non integrate al resto del Sistema Informativo.
L’esempio delle aziende più coraggiose mostra però che il
Cloud può essere molto di più: il passaggio ad una vera
architettura basata sul nuovo paradigma consente
all’azienda di disporre di un ventaglio virtualmente
infinito di servizi in continua evoluzione fra i quali scegliere
per comporre Sistemi Informativi aperti, flessibili e ritagliati
sulle esigenze del singolo gruppo di utenti interni.
L’impatto sulla direzione ICT, tuttavia, è in questo caso
potenzialmente rilevante e in grado, se non adeguatamente gestito
e preparato, di “spiazzarne le competenze”. La
ricerca ha evidenziato sette capabilities che una Direzione ICT
dovrebbe sviluppare per cogliere al meglio le opportunità del
Cloud. Tali capacità possono essere raggruppate lungo tre
direzioni principali: la relazione con le Business Line, la
relazione con i vendor e la padronanza degli elementi tecnici
distintivi.
Nei confronti del Business la direzione ICT deve potenziare le
competenze di Demand Management per diventare proattiva
nell’identificare potenziali esigenze e proporre nuove
soluzioni. Inoltre deve essere in grado di accompagnare il
Business nella corretta scelta ed implementazione di nuovi
progetti affiancando gli utenti nell’adozione di nuovi
strumenti e pratiche e, soprattutto, nella conseguente
trasformazione dei processi di business, rischiando altrimenti di
divenire collo di bottiglia per la capacità di cambiamento.
Parallelamente i fornitori cambiano e l’offerta è sempre
più dinamica, occorre allora cambiare le modalità di ricerca e
valutazione dei fornitori monitorando continuamente
l’offerta, analizzando le strategie evolutive e sapendo
sperimentare le nuove tecnologie e i nuovi prodotti.
Cambia inoltre la natura della relazione con i fornitori e devono
mutare, di conseguenza, i processi di sourcing, i modelli di
relazione con i fornitori, e le modalità di negoziazione e
gestione dei contratti. Infine il CIO deve essere pronto ad
anticipare e mitigare i rischi derivanti dalla caduta delle
performance o dall’indisponibilità delle risorse ICT, e
sviluppare metriche di monitoraggio e previsione
dell’utilizzo di queste ultime e, più in generale,
possedere capacità di “architetto” dei Sistemi
Informativi, capace di tratteggiare nel modo migliore la loro
evoluzione.
Dalla ricerca empirica emerge come su queste competenze ci siano
ancora lacune e solo poche aziende, il 10%, possano definire la
propria funzione ICT completamente “pronta”
all’utilizzo consapevole del Cloud, mentre il 47% presenta
ancora notevoli lacune in tutte e tre le dimensioni analizzate.
L’ambito maggiormente critico, in particolare, risulta
essere quello relativo alla gestione delle relazioni con i
vendor, maturo solo nel 20% delle aziende. Al contrario di quanto
oggi spesso accade, quindi, il Cloud dovrebbe spingere le aziende
utenti a guardare “fuori dalla nuvola” e non dentro,
concentrandosi su come costruire nuove competenze che riguardano
la scelta e l’integrazione di servizi nel Sistema
Informativo e, soprattutto, il loro corretto utilizzo nei
processi di Business. Agendo in questo modo il Cloud potrà
costituire un’opportunità per costruire un’ICT più
capace di generare valore e vantaggio competitivo per il
Business.