Sull’onda della crescente popolarità nella sfera privata,
strumenti web 2.0 come blog, wiki, social network e instant
messaging si stanno sempre più diffondendo nelle imprese. Anche
la crisi economica non sembra aver fermato il fenomeno, ma anzi
averne accelerato la dinamica. Spesso infatti, sono proprio
esigenze congiunturali, come quelle di ridurre i costi di
trasferta e telefonia, a spingere le imprese ad investire in
nuovi strumenti di collaborazione e comunicazione unificata.
Quando però dal guardare alla semplice “presenza” di
strumenti 2.0, si passi ad analizzarne il reale utilizzo e
soprattutto l’impatto concreto sui processi di business, il
quadro cambia: in molte aziende, infatti, le iniziative faticano
a superare la fase sperimentale e ad entrare nel cuore dei
processi di business. È quanto emerge dalla ricerca Enterprise
2.0 della School of Management del Politecnico di Milano,
presentata lo scorso aprile, che ha coinvolto oltre 160 CIO e HR
manager di imprese e Pubbliche Amministrazioni.
Soprattuto per alcuni strumenti, non sempre la diffusione procede
di pari passo con un reale livello di “maturità” di
utilizzo all’interno delle imprese: a fronte di strumenti
come Unified Communication, Project Centric Collaboration e Live
Collaboration che sono spesso utilizzati in modo sistematico e in
più processi, ve ne sono molti altri come blog, forum, wiki,
podcasting, videosharing e social networking che, pur presentando
interessanti tassi di diffusione, hanno un livello medio di
maturità molto inferiore, a testimonianza della loro difficoltà
a uscire da fasi di sperimentazione e di utilizzo sporadico nelle
quali la loro presenza non si traduce in un reale cambiamento,
né tanto meno in benefici concreti e misurabili sui processi di
business. I processi nei quali si trovano applicazioni più
mature sono la gestione dei Sistemi Informativi, il Marketing, la
gestione delle Risorse Umane e la Comunicazione Interna. Meno
rilevanti, sia come numero che come impatto, sono invece le
iniziative a supporto del Commerciale, del Customer Service e
della Ricerca e Sviluppo.
L’enfasi posta sugli strumenti e sui loro benefici
immediati rischia però di far dimenticare che l’Enterprise
2.0 è un fenomeno innanzitutto organizzativo: le nuove
tecnologie non fanno che abilitare o facilitare approcci e
modelli organizzativi che sono però il risultato di una
progressiva evoluzione “sociale” dei bisogni delle
persone e delle loro modalità di relazione dentro e fuori le
imprese. L’analisi delle trasformazioni in atto nelle
organizzazioni permette di identificare sei trend organizzativi
sottesi alle iniziative di maggior successo: la ricerca di
flessibilità nel cambiamento di ruoli e processi; la
collaborazione emergente tra le persone, indipendentemente da
gerarchie e schemi organizzativi predefiniti; l’apertura
dei confini dell’organizzazione per coinvolgere attori
esterni quali clienti, partner e fornitori; la virtualità
nell’accesso a strumenti, informazioni e relazioni,
indipendentemente dalla localizzazione fisica e dagli orari di
lavoro; la spinta alla creazione diffusa e partecipativa di
contenuti e conoscenza (co-creation) e, da ultimo, la spinta alla
socialità e all’apertura nella comunicazione e nei
rapporti. Fra il perseguimento di questi trend di cambiamento e
l’applicazione di tecnologie e strumenti Enterprise 2.0
esiste un legame di mutuo rinforzo. Se da una parte questi trend
organizzativi rappresentano una spinta a investire in strumenti
2.0, dall’altra, queste applicazioni, una volta
implementate, inducono dal basso cambiamenti nei comportamenti e
nelle relazioni tra le persone che assecondano e accelerano la
trasformazione organizzativa. Viceversa, in
un’organizzazione che non possiede come prerequisito un
certo livello di orientamento a questi trend, anche gli strumenti
più innovativi sono destinati a essere rifiutati o relegati ad
utilizzi banali che finiscono per non incidere affatto sul
modello organizzativo. Quando inserite nel quadro di trend
organizzativi e culturali organici, logiche e strumenti 2.0 si
diffondono velocemente dentro e fuori l’impresa, plasmando
l’organizzazione e creando un tessuto connettivo morbido e
adattabile che rende superflui meccanismi di governance
gerarchici, stratificati e rigidi.
La transizione verso i principi dell’Organizzazione 2.0 non
può però essere imposta o governata secondo una logica
tradizionale di tipo top down: il cambiamento va piuttosto
indotto e incoraggiato grazie a una leadership che trasmetta
motivazione e senso di direzione e a un coinvolgimento diffuso
che generi dinamiche sociali di imitazione e mutuo
incoraggiamento. La stessa governance degli strumenti 2.0 deve
essere caratterizzata da un forte commitment da parte del
management che può prendere parte, incoraggiare e promuovere
l’utilizzo di strumenti 2.0, senza mai però esercitare
forme eccessive di controllo, ma cercando di orientarne gli
obiettivi e il funzionamento attraverso l’esempio e la
comunicazione. Emerge spesso, al contrario, una sostanziale
incapacità di gran parte delle organizzazioni di comprendere e
disciplinare efficacemente l’uso di strumenti 2.0,
incapacità che si traduce in un’acritica mancanza di
regole o nella definizione indiscriminata di divieti che
risultano poi di difficile attuazione. Attori fondamentali
nell’introduzione e gestione degli strumenti 2.0 devono
diventare, in particolare, i Responsabili delle diverse Funzioni
e Line of Business che, attraverso la promozione e
l’orientamento dell’applicazione di nuovi strumenti,
devono interpretare il ruolo di catalizzatori e driver del
cambiamento verso nuovi modelli di organizzazione e servizio. A
fronte del mutamento in atto nell’organizzazione, nei
processi e negli strumenti utilizzati dalle persone anche i
Sistemi Informativi aziendali devono evolvere. L’Enterprise
2.0 pone alle Direzioni ICT nuove e pressanti richieste: maggiore
flessibilità e adattabilità dei sistemi, tempi di risposta
sempre più stretti al business, capacità di supportare processi
organizzativi spesso variabili e destrutturati. La semplice
adozione di strumenti Enterprise 2.0, da questo punto di vista,
non è certo sufficiente: dovendo fare i conti con infrastrutture
e sistemi rigidi e non integrati, troppo spesso le Direzioni ICT
si trovano costrette a rincorrere o frustrare le richieste del
business, finendo con l’essere considerate un vincolo al
cambiamento, oltre che un pesante centro di costo.
L’evoluzione delle tecnologie e delle architetture dei
Sistemi Informativi, con l’emergere delle architetture
orientate ai servizi, di paradigmi quali il Cloud Computing e di
modelli di offerta “as a Service”, offrono oggi
l’opportunità di andare verso un Sistema Informativo
realmente diverso, nel quale è possibile integrare e ricombinare
velocemente servizi e applicazioni, offrendo la possibilità di
creare ambienti dinamici e personalizzati. Ma la transizione
verso un “Sistema Informativo 2.0” non è né facile
né naturale, perché richiede la gestione di
un’architettura composita, in grado di integrare e
sfruttare in modo opportuno le nuove tecnologie e i nuovi modelli
di offerta senza perdere coerenza interna. Innanzitutto occorre
intraprendere un percorso di scomposizione delle applicazioni
interne, di modo da poterle integrare in modo flessibile
all’interno di architetture orientate ai servizi. Occorre
poi valutare la possibilità di ricorrere a risorse e applicativi
esterni, secondo le logiche “as a Service”, per dare
risposte rapide ed efficaci alle Line of Business.
L’architettura interna deve diventare non uno schema rigido
e vincolante, ma un collante in grado di integrare a vari livelli
e rendere coerenti dinamicamente l’evoluzione delle
applicazioni interne ed esterne. Seguendo una logica di
governance 2.0 del Sistema Informativo, la Direzione ICT deve
definire l’architettura e le regole generali di utilizzo,
sviluppare infrastrutture, proporre servizi e applicazioni, siano
esse interne o esterne, lasciando però libere le diverse line of
business, ed entro certi vincoli gli utenti stessi, di creare
ambienti personalizzati. La visione è quindi quella di un CIO
“urbanista”, in grado di porre le basi di una
crescita organica e coerente, sviluppando un’infrastruttura
abilitante e definendo un insieme di regole e di standard che
possano fungere da “piano regolatore” per il corretto
sviluppo di iniziative autonome e diffuse in tutta
l’organizzazione.
Generali: una community per sviluppare una cultura più
collaborativa
Fondata a Trieste nel 1831, Generali è una delle più importanti
realtà assicurative e finanziarie internazionali, con una
presenza diretta in 65 Paesi, oltre 476 compagnie consolidate,
84.000 dipendenti nel mondo (15.706 in Italia) e 60 milioni di
clienti. L’azienda ha iniziato nel 2009 un percorso
orientato allo sviluppo organizzativo e alla formazione sia
manageriale che tecnico-professionale dedicato alla famiglia
professionale Risorse Umane e Organizzazione Gruppo Italia, con
l’obiettivo di creare una cultura collaborativa aperta al
confronto interno. Il progetto si inserisce all’interno di
una più ampia iniziativa di cambiamento aziendale che punta al
raggiungimento di una forte integrazione tra le diverse aziende
del Gruppo in Italia e all’estero per sfruttare al meglio
le sinergie derivanti dalla diversificazione nei mercati e
presentarsi con un’unica identità agli occhi del cliente.
L’iniziativa, sviluppata in diverse fasi con il supporto di
Linneo Consulting, ha visto il coinvolgimento di oltre 50
persone, alcune provenienti dalle diverse società del Gruppo
Italia e altre dalle funzioni di Corporate. Inizialmente è stata
svolta una Organizational Network Analysis per indagare e mappare
la rete di conoscenza e di relazioni tra le persone: questo primo
passo ha subito messo in luce la necessità di migliorare ed
intensificare la comunicazione e lo scambio tra le diverse
società del Gruppo. Si sono poi susseguiti diversi incontri in
cui i partecipanti hanno condiviso esperienze e lavorato assieme,
allo scopo di favorire una conoscenza diretta, fattore abilitante
per lo sviluppo di una cultura più collaborativa. Parallelamente
a questi incontri, si è iniziato a dotare le postazioni di
lavoro dei partecipanti di strumenti di comunicazione a distanza
ed è stata realizzata una community per perseguire tre obiettivi
fondamentali: la conoscenza reciproca, la condivisione di best
practice e la realizzazione di progetti di collaborazione. La
community prevede l’utilizzo di una piattaforma (teamsite)
che contiene una “banca di profili” in cui ogni
persona può inserire le proprie competenze, capacità ed
esperienze passate; contiene anche la descrizione aggiornata dei
progetti in corso all’interno dell’organizzazione. È
presente, inoltre, un secondo repository contenente la
descrizione delle best practice aziendali che ha
l’obiettivo di condividere e diffondere la conoscenza
sviluppata in azienda. È stata infine prevista la realizzazione
di una seconda fase di Organizational Network Analisys per
mettere in luce e misurare gli impatti positivi dell’intera
iniziativa realizzata. Il percorso di adozione
dell’iniziativa ha messo in moto un processo di cambiamento
progressivo, senza forzature, seguendo un percorso di
accompagnamento nel quale la visibilità dei risultati raggiunti
ha portato a un graduale aumento del livello di coinvolgimento e
motivazione delle persone durante le diverse fasi del progetto.
La miglior conoscenza reciproca sviluppata durante gli incontri
ha poi permesso di facilitare la creazione di circoli virtuosi
nell’utilizzo di forme di comunicazione e collaborazione a
distanza durante le attività lavorative quotidiane.
TSF: un progetto di rivisitazione della Intranet secondo
logiche Enterprise 2.0
Information e Communication Technology per l’industria del
trasporto e della logistica. Nasce nel 1997 come spin-off della
divisione ICT del Gruppo Ferrovie dello Stato, di cui cura in
outsourcing tutti i sistemi informativi. Ha sedi in tutta Italia,
tra cui Roma, Firenze, Bologna, Genova e Torino, conta 800
dipendenti e ha un fatturato di 140 milioni di euro (dati gennaio
– settembre 2009). La prima iniziativa 2.0 realizzata in
TSF ha riguardato la rivisitazione della Intranet secondo logiche
Enterprise 2.0, progetto che è stato guidato sia da obiettivi di
business sia da specifiche esigenze organizzative.
L’iniziativa ha contribuito ad ottenere alla certificazione
CMMI (uno standard dei requisiti di processo aziendali
nell'ingegneria del software, indispensabile per partecipare
alle gare internazionali e non), facilitando la condivisione
della documentazione operativa e abbattendo il costo di
produzione e redazione dei contenuti. La creazione di spazi
collaborativi ha permesso inoltre di diffondere esperienze e
conoscenze tecnico-applicative, con un impatto positivo sulle
frequenti interazioni con le sedi distaccate dell’azienda.
Ponendo una particolare attenzione sia sugli aspetti di
comunicazione sia su quelli relativi all’operatività, sono
stati attivati, oltre ai siti tipici della intranet
(Comunicazione, HR,…) dei siti a carattere più
“istituzionale” dedicati alle unità di produzione e
finalizzati alla pubblicazione dei risultati conseguiti e alla
comunicazione all’interno del mondo aziendale. A questi
sono poi affiancati i siti “operativi” che contengono
la versione finale degli asset informativi prodotti dai processi
caratteristici, per la produzione dei quali i gruppi di lavoro
hanno a disposizione dei “workspace” riservati dove i
membri di ogni gruppo di lavoro possono condividere i materiali
in corso di elaborazione. Infine ogni individuo può avere un suo
sito che funge da dashboard delle attività e dei documenti che
ha in carico. L’elemento fondamentale di collegamento e
integrazione tra i contenuti dei diversi siti è dato dalla
presenza dei tag che è possibile assegnare a ogni tipo di
contenuto. Per semplificare agli utenti la produzione e la
gestione dei contenuti, si sono adottati sistematicamente
standard internet (peraltro disponibili nativamente nella
piattaforma). Ad esempio: per la comunicazione si adottano
esclusivamente blog che consentono, se lo si desidera, una
comunicazione bidirezionale grazie alla possibilità di inserire
commenti. Per pubblicare manuali e guide utili per i dipendenti
si è passati a pagine wiki, di cui i responsabili stessi delle
funzioni hanno il presidio e la possibilità di pubblicazione.
Sono inoltre disponibili anche funzionalità di pubblicazione e
streaming video, usate ad esempio per diffondere presentazioni e
demo di applicazioni. I video presentano ampie possibilità di
integrazione con tutti gli altri contenuti grazie a logiche tipo
“embedded code” (“à la Youtube”). Oltre
ai servizi di comunicazione e collaborazione off-line, la
Intranet mette a disposizione del personale anche funzionalità
di collaborazione on-line quali instant messaging,
videoconference e presence, essendo integrata con la piattaforma
aziendale di Unified Communication & Collaboration. Per
supportare e autoalimentare questo nuovo modello di Intranet, è
stata rivista la struttura di governance. Per la gestione dei
contenuti istituzionali delle unità di produzione, ad esempio,
la redazione Intranet centralizzata è stata sostituita da una
“redazione distribuita”: ogni unità di produzione
esprime il responsabile del proprio sito, il quale può delegare
a sua volta la responsabilità di eventuali siti (di
sottostruttura). In questo modo la responsabilità del contenuto
e la redazione (del singolo sottosito) vengono a coincidere,
eliminando alcuni passaggi del processo di approvazione talvolta
costosi e lenti, e riducendo in ultima analisi i tempi di
pubblicazione.