Approfondimenti

Osservatorio – Il nuovo mondo dell’informazione fra paure ed entusiasmi

Giornalisti e comunicatori abitano oggi territori presidiatissimi. Cadono le barriere linguistiche, lasciando spazio a codici di linguaggio inaspettati, mentre la tecnologia corre veloce e proliferano dispositivi innovativi, che disorientano le scelte d’acquisto. I social network esplodono, e non si può davvero ignorarli. Una riflessione, attraverso dieci parole chiave, sui grandi cambiamenti in atto.

Pubblicato il 20 Ott 2010

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Le mani ben curate svitano con eleganza la parte superiore del
bastone che fino a pochi istanti prima aveva accompagnato
l’incedere sicuro di una figura, distinta e vestita con
ricercatezza, ora seduta a un tranquillo tavolino del caffè a
pochi passi dai palazzi del potere. L’oggetto è la
variante professionale di quell’indispensabile accessorio
dell’abbigliamento di ogni gentiluomo. E sembra quasi di
entrare in quella scena con le tinte di una pellicola seppiata di
un film muto: ecco il nostro sconosciuto che estrae
dall’anima del bastone un minuscolo calamaio, un foglio di
pergamena, una penna d’oca e inizia a scrivere sfiorato
solo da un commento quasi distratto di due signore sedute poco
distante: “Deve essere un giornalista”. Nulla di
strano, siamo alla fine dell’Ottocento e il nostro amico,
impegnato a scrivere magari qualche avvincente storia, sta
utilizzando al meglio quello che la tecnologia gli può mettere a
disposizione. Sfumiamo e utilizziamo ancora la macchina del tempo
per catapultarci a oggi, nel mondo dell’always on dove da
quel bastone, trasformato dagli Harry Potter tecnologici in un
iPad, potrebbero uscire delle “app” da scaricare,
magari in grado di aiutarci a decrittare come e cosa sta
cambiando il mondo dell’informazione. Troppo sofisticato?
Prendiamo allora un oggetto che usano tutti, ma proprio tutti: il
telefono cellulare facendoci aiutare dalle parole di Steven
Schwartz del Media Lab del Mit di Boston riportate dal Sole 24
Ore all’inizio del nuovo secolo in una pubblicazione che
parlava di futuro digitale.

“L’idea che la gente comune ha del futuro telefono
cellulare è fondamentalmente sbagliata. Un apparecchio che si
mette a trillare senza verificare se è il momento o il luogo
opportuno non può certo essere definito funzionale. Ciò che si
servirà per comunicare e connetterci alla rete dovrà essere
“tecnologia indossabile” che si adatti a noi e
all’ambiente dove ci troviamo”. Reduci dal passaggio
1999-2000, che molti avevano annunciato come la tempesta perfetta
dei pc poi risoltasi in un bicchiere d’acqua ma tra i più
costosi della storia (con interi parchi macchine ed architettute
sostituite da terrorizzate aziende e istituzioni), stavamo
vivendo ancora inconsapevoli qualcosa che avrebbe segnato
definitivamente il nuovo mondo dell’informazione. E allora
entriamo nel territorio dell’infocomunicazione fatto di
giornalisti e comunicatori, sempre più abitato da tribù pronte
a muoversi con rapidità e con codici di linguaggio inaspettati.
Territori presidiatissimi dove si scatenano reazioni che vanno
dalla paura più cupa all’entusiasmo. Uniti dalla grande
piattaforma del web, c’è chi il giornale lo legge solo
online, chi vive dentro l’Ipad, chi comunica esclusivamente
con Twitter o Facebook, chi stravede per le mail sul Blackberry
ma non può fare a meno dell’iPhone, chi videoriprende con
micromacchine e si emoziona divorando un romanzo su Kindle. Chi
ha tre smartphone però telefona con un cellulare da poche decine
di euro. Infine chi, eseguito il giro completo, si rituffa nella
carta dell’edicola e della libreria. Sembra quasi si faccia
apposta per portare sull’orlo della follia le divisioni di
ricerca, sviluppo e applicazioni delle società impegnate nelle
tecnologie legate alla comunicazione tradizional-multimediale e
internettara. I canali verticali sono stati smontati pezzo per
pezzo da una serie di linee discontinue dove solo i due punti
iniziale e finale sono chiari: chi produce informazione e chi la
deve ricevere. In mezzo le tecnologie abilitanti. Così da quella
lunga notte di fine secolo, dieci anni dopo, costruiamo dieci
file-chiave collegati tra loro e che ci possono aiutare a
capire.

DIVISIONE – La spettacolare diffusione del
Web, predetta da tutti ma da pochi all’inizio creduta
appieno, ha creato un digital divide materiale e culturale che
ancora oggi stiamo pagando a caro prezzo. Mentre da una parte il
mondo dell’infocomunicazione potenzialmente può dotarsi
degli strumenti più avanzati, chi deve ricevere e consumare il
suo “prodotto” ancora oggi si muove nell’eterna
incertezza ad esempio di aspettare il nuovo modello di pc,
finendo poi abbagliato da offerte mirate da un marketing attento
alle dinamiche del richiamo dell’immagine e del prezzo. Il
risultato? Strumenti magari anche eccellenti, ma certo non
indicati all’utilizzo di una famiglia o un’impresa
che vogliono sempre più…


MEMORIA
– Tutti hanno poco tempo, le informazioni
sfrecciano in superficie, servono memorie in grado di
immagazzinare il più possibile dati, numeri, parole e capaci di
farli emergere in pochi istanti e in modo ordinato. Il vecchio
“mi hanno detto che sul giornale c’era la tale
notizia, devo recuperarlo” oggi è sostituito da
“devo cercare su Internet quella cosa che mi hanno referito
e che mi interessa”. Vogliamo farci trovare subito o no?
Anche perché si stanno creando tanti piccoli Google personali
dai quali è fondamentale venire agganciati se si vuole avere
visibilità. La più bella e costosa forma di comunicazione ha
una vita di pochi istanti se non è possibile localizzarla e
utilizzarla subito; per questo è necessaria la…

CONOSCENZA – Da una serie di
incontri con i CIO (Chief Information Officer) è emersa in modo
ancora marcato la distanza che esiste tra queste figure
fondamentali e i vertici delle aziende. La tecnologia viene vista
come applicativo tattico e non strategico, perdendo
l’obiettivo di capire anticipatamente le esigenze e agire
proattivamente. Chi l’ha capito sta invece accumulando
vantaggi competitivi enormi, come la capacità di razionalizzare
le architetture, i processi di lavoro, la connessione informativa
e le linee di prodotti. Quasi nessuna azienda che opera sulle
nuove frontiere delle applicazioni si confronta in fase
progettuale con chi è impegnato nella infocomunicazione. Nascono
così prodotti talmente ibridi che quando arriva una specifica
applicazione (vedi il Blackberry con mail ed allegati) diventa
una killer app facendo accettare anche un telefono che non è
certo il massimo per ergonomia ed efficienza, mentre
la…

PORTABILITA’ – Nei primi
anni 80 un oggetto di culto nei giornali era un piccolo pc
portatile con collegati due alloggiamenti per una cornetta
telefonica. Si poteva scrivere un articolo, poi da un telefono
pubblico o privato si inseriva la cornetta nelle due nicchie e si
trasmetteva l’articolo. Sembrava – ed era – qualcosa di
miracoloso anche perché a ricevere quei caratteri spacchettati
provvedevano enormi elaboratori, mentre se la trasmissione cadeva
si doveva ricominciare da capo. Quello, però, era un altro
messaggio dal futuro poco percepito: sono impensabili
un’informazione e una comunicazione senza portabilità,
oggi in grado di dialogare con tutto quello che ci viene offerto
attraverso la…

MULTIMEDIALITA’ – I mass
media sono impegnati in una strenua battaglia per diventare
multimediali davvero. Il lettore tradizionale deve trovare la
motivazione per: 1) acquistare il suo quotidiano preferito; 2) il
giornale deve contenere una serie di agganci e approfondimenti
che rinviano al web e agli altri nuovi supporti; 3) a loro volta
queste piattaforme devono creare l’interesse a riacquistare
il giorno dopo il quotidiano. Un loop che si muove su piani e
codici diversi dove le parole devono scambiarsi e interagire con
immagini, suoni e dati. Chi produce contenuti non può sfuggire a
questo o è destinato a morire. Il successo delle applicazioni
dei quotidiani per iPhone e iPad rappresenta un sonar immerso in
un mare ancora da scoprire. Tutti i competitors di Apple hanno
scatenato gli evangelists per convincere le aziende delle
potenzialità dei loro prodotti. Uno scontro globale che va
pensato prima di essere combattuto per non finire stritolati da
mille sollecitazioni di implementazioni. Ma serve
tanta…

FATICA – Le migliori piattaforme
di trading permettono ai giganteschi fondi e alle banche mondiali
transizioni in frazioni di secondi. È la punta di una tecnologia
esasperata in grado di far rientrare l’investimento con
altissimi margini e di una nicchia che vede pochissime aziende in
grado di svilupparla, riducendo e semplificando la scelta per chi
necessita di queste piattaforme all’èlite produttiva. Lo
sguardo diventa invece più cupo quando entriamo nel mondo della
infocomunicazione. Testare un nuovo device, verificare se davvero
potrebbero servire all’utilizzo del professionista del
settore cercando di dribblare le mode, impone strutture IT sempre
più aggiornate. Bisogna sempre essere avanti, non subire
l’arrivo delle novità, ma averle già sotto controllo con
la…

SENSORIALITA’ – La
tecnologia non è più una giungla, bensì un’autostrada
senza limiti di velocità. Chi entra deve possedere prima di
tutto il mezzo adeguato e poi servono capacità di guida,
controllo, resistenza alla fatica, flessibilità e inventiva.
Bisogna sapersi fermare quando è il momento di effettuare un
controllo, non accettare sfide pericolose ma seguire il percorso
indicato dal navigatore o saperlo cambiare in poco tempo. E chi
governa l’autostrada dell’infocomunicazione deve far
fluire in modo continuo le informazioni, avvertire dei pericoli,
suggerire soluzioni. Per farlo serve però un grande…

SISTEMA NERVOSO – La penosa
vicenda del piano sulla banda larga, con quegli 800 milioni mai
effettivamente impegnati nella realizzazione di un sistema
nervoso hi-tech vero, ci lasciano tra le nazioni industrializzate
più arretrate da questo punto di vista. Arrivando
all’assurdo che nel cuore delle grandi città, in un
aeroporto o in una stazione – senza wi-fi aperti – per
connettersi si deve utilizzare una chiavetta o creare una piccola
rete wireless con il telefonino. Le miserie della politica
quotidiana mettono in secondo ordine quello che altrove è
primario. Valga per tutti la Finlandia dove la connessione ad
alta velocità è entrata nei diritti dei cittadini.
L’Italia, invece, è la Disneyland dei telefoni cellulari,
almeno quello, ma ci sono anche aziende che vorrebbero lavorare
in tempo reale con gli altri paesi, magari da zone del sud dove
costa meno avviare e gestire un’attività. Forse non si
riesce a farsi capire, sarà un problema di…

LINGUAGGIO – “Io non capisco
niente di computer”: era la frase classica di alcuni anni
fa, poi declinata in “niente di internet” e oggi,
“non so cosa siano i blog, Facebook o Twitter”. No,
non si può non saperlo perché è lì che, come in un
laboratorio di genetica, nascono, muoiono magari subito, si
sviluppano, diventano campioni i nuovi linguaggi che ricadono sul
nostro mondo. Non c’è infocomunicatore, programmatore,
ricercatore, inventore, che non debba cercare di capirli. Che non
significa diventare un assatanato dei social network, ma sapere
di cosa si parla in essi, con che strumenti, con che critiche
alle piattaforme già esistenti. È come avere a disposizione in
tempo reale giganteschi focus group e gratis. Paura? La paura si
vince con il …

CORAGGIO – In un recentissimo
sondaggio svolto da IPR Marketing sull’atteggiamento degli
italiani verso le nuove tecnologie, l’87 per cento ha
risposto che pc, cellulari, internet, fotocamere ecc. hanno
semplificato la vita di tutti i giorni, ma il dato più
importante è che il 95% li ritiene essenziali per lo svolgimento
di alcune attività. Il target di infocomunicazione e tecnolgia
è questo. Il business va diritto sul rispondere alle esigenze
lavorative e personali: tra chi si collega a internet più volte
al giorno con diversi mezzi il 55% lo fa dal lavoro e il 58% da
casa. E cosa cercano? Il 99% informazioni che interessano, il 95%
consultare la posta, il 90% consultare mappe e l’82%
consultare i siti di quotidiani e agenzie online. E poi la
valanga di social network. Pochi numeri, ma lapidari. Il
“consumatore” le sue scelte le sta facendo ed è il
momento di entrare nel gioco con tutta la forza disponibile,
mettendo in conto cadute, infortuni, autogol. La partita non può
essere lasciata ad altri perché le barriere linguistiche a poco
a poco si stanno sgretolando con il rischio di farci rimanere
isolati nel nostro piccolo orticello orientato al tramonto. Ora
chiudiamo i dieci file-chiave e, tirando il fiato, allunghiamo lo
sguardo. La tecnologia vincente in fondo siamo noi, il più
potente chip è nella nostra testa. Siamo passati dal piombo,
dalle macchine per scrivere e dalla carta carbone a un presidente
(quello dell’Ecuador) asserragliato in un ospedale per un
tentativo di golpe, che comunica con Twitter e diventa
inconsapevolmente inviato speciale, subito surclassato dalle
immagini in diretta del blitz delle forze speciali per liberarlo.
Noi ci siamo, la tecnologia anche. È il momento di aprire un
nuovo file: la tecnologia che ci fa vincere insieme.

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