“Di fronte alle sfide epocali ed emergenti del settore agroalimentare, le startup agrifood propongono soluzioni innovative che puntano a migliorare la sicurezza alimentare e favorire la transizione a modelli di produzione e consumo più sostenibili e inclusivi” ad affermarlo è Paola Garrone, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability commentando i dati del rapporto annuale da poco reso noto. Secondo le ultime previsioni della FAO, il livello di insicurezza alimentare globale è destinato a peggiorare ulteriormente a causa degli effetti della pandemia, degli eventi climatici estremi e della guerra in Ucraina. Nel 2021 nel mondo si è toccato il record di 828 milioni di persone che soffrono la fame – e altri 2,3 miliardi di persone in stato di moderata o severa insicurezza alimentare. In Italia nel triennio 2019-21 il 6,3% della popolazione ha avuto problemi di accesso al cibo e la situazione si è aggravata negli ultimi mesi. Ma se è vero che il potere di dare un drastico cambio di tendenza ai numeri della crisi alimentare è in mano ai grandi decisori politici, è altrettanto vero che anche le imprese, sino ad arrivare al singolo cittadino, possono e devono collaborare per questo obiettivo. È così che, favorite da un’organizzazione snella e una mentalità aperta che non teme il cambiamento, “le giovani imprese – spiega al professoressa Garrone − sono le prime a farsi promotrici di tecnologie, servizi e modelli di business innovativi, che sono essenzialmente orientati alla sostenibilità, cogliendo nuove opportunità di mercato”.
Obiettivi di sviluppo sostenibile e lotta alla crisi alimentare
Dall’Osservatorio Food Sustainability 2022 della School of Management del Politecnico di Milano è possibile apprendere quali sono gli Obiettivi dell’Agenda 2030 dello Sviluppo Sostenibile più perseguiti dalle startup agrifood tra il 2017 e il 2021. In generale, di 7.337 startup agrifood censite nel quinquennio tra il 2017 e il 2021 a livello mondiale, il 34% (2.527 startup) persegue uno o più degli obiettivi di sviluppo sostenibile inclusi nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
Ottimizzare l’utilizzo delle risorse (SDG 12 target 12.2, 30%); promuovere la tutela degli ecosistemi terresti e d’acqua dolce (SDG 15 target 15.1, 21%); sensibilizzare e incentivare l’adozione di stili di vita e pratiche sostenibili (SDG 12 target 12.8, 17%). Sono questi tre i principali intenti che stanno spingendo le startup agrifood a sviluppare soluzioni innovative. A seguire, le startup investono su soluzioni per aumentare la produttività e la capacità di resilienza dei raccolti ai cambiamenti climatici (SDG 2 target 2.4, 17%) e favorire il turismo sostenibile e le produzioni locali (SDG 8 target 8.9, 16%). In misura più modesta, le giovani imprese puntano a tutelare i piccoli produttori (SDG 2 target 2.3, 12%), ridurre eccedenze e sprechi alimentari lungo la filiera (SDG 12 target 12.3, 11%), assicurare il lavoro a tutti e una remunerazione equa (SDG 8 target 8.5, 8%) e promuovere l’uso efficiente e accesso equo alle risorse idriche (SDG 6 target 6.4, 7%).
Startup agrifood in Italia, si può fare di più
Volendo fare una classifica sulla concentrazione nazionale delle startup agrifood orientate alla sostenibilità nei diversi Paesi del mondo, al primo posto si colloca la Norvegia (25 startup agrifood, di cui il 60% sostenibili), seguita da Israele (119 startup, di cui il 58% sostenibili). In terza posizione si classifica la Nigeria (64 startup, di cui il 50% sostenibili), seguita dalla Polonia (20 startup, di cui il 50% sostenibili). L’Italia si trova al ventitreesimo posto (85 startup agrifood, di cui il 35% sostenibili).
Sul fronte dei finanziamenti, invece, considerando le sole startup agrifood con chiara indicazione geografica e che hanno ricevuto almeno un finanziamento, il 40% è rappresentato da startup sostenibili. Queste ultime hanno raccolto complessivamente 6,4 miliardi di dollari dal 2017 al 2021, con una media pari a 7,3 milioni di dollari per azienda. Al primo posto, sul fronte della raccolta di investimenti, ci sono le startup sostenibili statunitensi (per un totale di 3,2 miliardi di dollari e 8,7 milioni di dollari a startup), seguite da quelle operative in Asia, che hanno raccolto 2 miliardi di dollari, con un capitale medio di 10,9 milioni di dollari ad azienda. Seguono le startup europee, che hanno raccolto finanziamenti per 911 milioni di dollari (il 14% degli investimenti totali in startup sostenibili), con una media di 4,1 milioni di dollari per startup.
Il finanziamento complessivo ottenuto dalle startup agrifood nel nostro Paese è di 16 milioni di dollari, con un capitale medio per startup di 1,6 milioni di dollari.
4 modelli di collaborazione contro la crisi alimentare
La crescente urbanizzazione e l’aggravarsi delle condizioni di povertà delle persone più vulnerabili sono le principali cause della difficoltà a garantire accesso al cibo a tutte le fasce della popolazione che le città si trovano ad affrontare oggi. Dall’analisi di 39 iniziative di distribuzione alimentare a fini sociali in vari contesti urbani a livello nazionale e internazionale, l’Osservatorio ha identificato 4 diversi modelli di collaborazione cross-settoriale ricorrenti, che possono anche ibridarsi tra loro: recupero e ridistribuzione di eccedenze alimentari tramite donazione, spesa sospesa, trasformazione dell’eccedenza in altro prodotto a più lunga vita residuale o in pasto cucinato e supermercato sociale.
“Emerge il ruolo fondamentale delle collaborazioni cross-settoriali per il recupero e la distribuzione di alimenti a fini sociali. Queste esperienze coinvolgono enti pubblici locali e privati, profit e non profit, aggregando risorse e competenze strategiche sul territorio per fornire una risposta congiunta al fabbisogno crescente di cibo sano e nutriente da parte delle fasce più vulnerabili della popolazione urbana”, spiega Giulia Bartezzaghi, Direttrice dell’Osservatorio Food Sustainability.
Soluzioni per bloccare gli sprechi della catena del freddo
L’Osservatorio ha analizzato inoltre più di 79 soluzioni innovative introdotte dalle startup agrifood, operative nel quinquennio 2017-2021, orientate a ridurre gli sprechi nella catena del freddo. Le soluzioni mirano ad ottimizzare la produzione in risposta all’andamento della domanda e a diminuire le scorte in magazzino tramite un migliore allineamento di domanda e offerta (11% del campione) e l’accorciamento della supply chain (6%). Puntano a migliorare la conservazione dei prodotti attraverso l’estensione della shelf life (10%) e il monitoraggio della temperatura e di altri parametri critici (9%). Infine, per valorizzare le eccedenze di prodotti freschi, le startup propongono piattaforme digitali per la ridistribuzione dei prodotti tramite vendita a prezzo scontato o donazione (28%), o in alternativa varie soluzioni tecnologiche di upcycling per trasformare l’eccedenza in altro prodotto edibile a più lunga vita residuale o per recuperarne parte del valore per fini di alimentazione animale, riciclo o recupero energetico (36%).
Come misurare la sostenibilità: l’impatto del packaging
L’Osservatorio Food Sustainability, infine, ha sviluppato un sistema di misurazione delle performance di sostenibilità di filiera, basato su diversi step, che consistono in un’analisi di dettaglio sempre crescente degli aspetti di sostenibilità e circolarità rilevanti per la filiera, fino ad arrivare a definire degli indicatori di prestazione.
“I sistemi di misurazione delle performance di sostenibilità e circolarità trovano sviluppo e applicazione anche nel campo del packaging alimentare. In particolare, l’impatto ambientale di questo ambito risulta ad oggi essere l’aspetto su cui si concentra la maggior parte degli sforzi portati avanti dalle aziende e dagli operatori del settore, spinti anche da Direttive Europee”, spiegato Barbara Del Curto, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability. Tra i numerosi strumenti esistenti, il Life Cycle Assessment (LCA) è ormai ampiamente utilizzato anche nel campo del packaging alimentare, per quantificare gli impatti di ogni fase del ciclo di vita del prodotto. Esistono tuttavia numerosi eco-tools, software, linee guida, checklist, che consentono di misurare l’eco-sostenibilità del packaging. L’Osservatorio ne ha mappati 35, con l’obiettivo di comprenderne i tratti distintivi e i vantaggi di applicazione. L’analisi ha consentito di approfondire 17 software; 12 linee guida di tipo generale per la sostenibilità del packaging specificatamente orientate alla riciclabilità e circolarità; 6 checklist, classificate in base alla funzione di fornire un’analisi di prestazioni di sostenibilità, un’analisi della riciclabilità e/o circolarità.