Una recente indagine condotta dall’ ISM (Institute for Supply Management) su diverse migliaia di CPO di aziende internazionali evidenzia come priorità – per oltre il 60% del campione – l’incremento del saving. Le aziende sono dunque focalizzate sulla riduzione dei costi ma, talvolta, le azioni intraprese per generare saving non si traducono in impatto “vero” sul risultato economico.
Per evitare questo rischio è opportuno, innanzitutto, definire chiaramente e condividere a livello aziendale le basi di riferimento per il calcolo del saving. Si parte dai prezzi storici o dalle offerte raccolte a valle di una RDO? Da indici di riferimento, da stime basate sull’esperienza o da listini? La chiarezza è essenziale…
Inoltre conviene porre l’attenzione su alcune “aree di rischio” per la dispersione del saving, verificando ad esempio:
- che il saving sia misurato tramite indicatori oggettivi e validato secondo procedure condivise
- che le metodologie di consuntivazione siano condivise con la Direzione Finance
- che i clienti interni siano informati e soddisfatti dei contratti negoziati dalla funzione acquisti, utilizzandoli sistematicamente
- che le performance dei fornitori riflettano quanto concordato contrattualmente
- lo scenario di business durante il contratto sia immutato rispetto a quanto ipotizzato in fase negoziale
Come accertarsi che sussistano queste condizioni?
Tracciabilità dei processi, verifica della compliance, valutazione dei fornitori, saving tracking sono alcuni dei capisaldi a cui fare riferimento, e la tecnologia offre gli strumenti per metterli in pratica con successo, a supporto dei processi di procurement.
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