Mike Gregoire, CEO di CA Tecnologies, ha aperto l’edizione di quest’anno del CA World, la kermesse che ha riunito a Las Vegas oltre 4mila clienti e partner della società, sottolineando l’importanza del software come elemento centrale della digital transformation. “Built to change” è il leit motiv, citato a più riprese dal manager, a indicare che il nuovo paradigma della digital innovation, ormai sempre più votata all’app economy, è proprio la predisposizione – d’animo, tecnologica e organizzativa – al cambiamento. Le imprese fondate per durare nel tempo così come le abbiamo conosciute finora sono un «modello anacronistico nell’era del digitale», ha esordito Gregoire. Nella trasformazione abilitata dall’economia digitale, che infonde energia a tutti i settori, il software assume il ruolo chiave di abilitatore del business nel suo complesso.
Siamo al centro di una rivoluzione globale in cui l’effetto economico delle tecnologie IT sempre più disposable (“a perdere”, come i vuoti delle bottiglie) e la commoditizzazione dell’hardware è sotto gli occhi di tutti. «Indipendentemente dall’industry in cui operano – ha spiegato il CEO di CA Technologies – tutte le aziende sono ormai delle software company». Come insegna Domino’s Pizza, che utilizza la tecnologia di CA Technologies per sviluppare in modo rapido e “agile”, sulla base delle esigenze del momento, nuovi software che entrano rapidamente in produzione. Il colosso della ristorazione “fast”, nel 2008 ha intrapreso un vero e proprio “digital shift”, stravolgendo completamente il proprio business. Ha investito in modo cospicuo nella tecnologia che permette di ordinare online, da PC e notebook, smartwatch e mobile, la propria pizza, personalizzandola e avendo chiaro in ogni momento – attraverso l’app Domino’s Tracker – lo stato dell’ordine, cosa questa che ha spinto al rialzo i ricavi del gruppo e ha impresso un’accelerazione alle strategie di internazionalizzazione. Il passo successivo è stato Dom, un assistente personale ad attivazione vocale (sulla scorta della tecnologia Siri di Apple), che permette di guidare i clienti nella scelta del proprio mix di basi e gusti – peperoni, salamino piccante, olive… E si tratta di una scelta non proprio facile, visto che le possibili combinazioni del menu sono circa 34 milioni! Domino’s Pizza, sull’orlo della bancarotta nel 2008, non solo si è rialzata ma oggi il fatturato cresce a due cifre di anno in anno. Il dipartimento IT della società è, di fatto, un vulcano di idee, tanto che da qualche mese, grazie a una partnership siglata con il colosso dell’automotive Ford, è possibile ordinare la pizza anche dal cruscotto intelligente della propria smart car. Anche le strategie di marketing sono fortemente influenzate dalle componenti tecnologiche, con offerte generate istantaneamente e personalizzate attraverso una combinazione sapiente di software CRM, Big Data e algoritmi sofisticatissimi sulle abitudini di consumo. In fase di testing c’è anche il DomiCopter, il drone che consegna la pizza a casa. «Il futuro è in mano alle aziende come questa – spiega Gregoire –, che non hanno paura della concorrenza, che non passano tempo a guardare a quello che fanno i loro competitor ma lavorano quotidianamente per migliorare il rapporto con il cliente».
Ridurre il gap tra idee e obiettivi
All’interno delle realtà “built to change”, l’offerta di elementi di differenziazione rispetto alla concorrenza è, secondo il manager, «live, completamente integrata e always on». Questo impone un cambiamento a 360° in azienda, con strategie nuove e un nuovo assetto organizzativo e di management. Gli obiettivi del board non sono più, come in passato, un “quid” in più rispetto all’anno precedente ma goal ben più impegnativi, che impongono una rivisitazione completa dei processi operativi. E anche le strategie organizzative, giocoforza, devono cambiare: l’attenzione del management, spiega Gregoire, non è più sul singolo individuo ma sugli obiettivi del team. Questo cambio di mentalità richiede un sostegno tecnologico rapido ed efficace e l’unico modo per ottenerlo è investire sul software. Un software sempre più “agile”, che richiede tempi ridottissimi per la messa in produzione e che permette di raggiungere risultati tangibili nel giro di qualche giorno, al più poche settimane. Impensabili, quindi, i progetti faraonici del passato, che richiedevano anni per mostrare il ritorno sugli investimenti sostenuti. «Il nostro obiettivo – spiega Marco Comastri, President e General Manager EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa – ndr) di CA Technologies – è rompere le barriere tra le idee che possono nascere in azienda e i risultati ottenibili, per far sì che le applicazioni siano in grado di generare velocemente del valore per il cliente su tutte le piattaforme, dal mainframe alle piattaforme distribuite, dal cloud al mobile». Questo si riflette non solo nell’evoluzione delle architetture – dal tradizionale mainframe ai microservizi -, ma anche dei modelli di delivery – dove predomina l’as-a-Service – e dei modelli di consumo – fortemente influenzati dall’open source. Ecco perché anche l’approccio alla sicurezza deve cambiare. In passato relegata alla fase finale del processo di sviluppo delle applicazioni, la sicurezza è, oggi, built in, nativamente inclusa nell’applicazione sin dalla sua progettazione.