Le parole «nativo digitale» e «millennial» nelle imprese suscitano sensazioni contrastanti.
Quando vengono pronunciate, spesso si percepisce ottimismo, legato all’energia che i giovani possono trasmettere sul luogo di lavoro con la propria voglia di fare, ma anche un latente senso di inadeguatezza da parte delle imprese che trovano difficile attrarre giovani talenti.
Nella vecchia Europa, gestire la presenza di nativi digitali e di millennial all’interno della forza lavoro rappresenta una sfida.
I millennial, infatti, sono una parte minoritaria della popolazione (in Italia sono meno del19%, il valore più basso tra i principali
paesi UE). L’età pensionabile in aumento e un numero di lavoratori sostanzialmente stabile (circa 23 milioni di persone in Italia da ormai 15 anni) completano il quadro di un mercato del lavoro in cui per i millenial è difficile sia entrare sia ritagliarsi uno spazio di crescita personale.
Le imprese che oggi affrontano un percorso di digital transformation spesso percepiscono l’importanza di inserire forze fresche, millennial o nativi digitali, perché portano entusiasmo, hanno dimestichezza con le tecnologie e aiutano a crescere i colleghi più esperti, che devono così esercitare le proprie doti di mentoring.
Per questo motivo, la sfida è spesso quella di diventare attrattive come laboratorio di innovazione (anche rispetto alle technology company americane).
Ma se il problema non fosse solo inserire forze fresche e competenze nuove in azienda reclutando i nativi digitali? Se il problema fosse quello di diffondere un “mindset digitale” tra i dipendenti che aiuti l’impresa nel proprio percorso di digital transformation? Se fosse davvero possibile costruire una cultura digitale che aiuti l’azienda a diventare più attrattiva per i giovani talenti?
La strada che le imprese oggi stanno percorrendo è la creazione di digital community. Ogni impresa agisce in modo leggermente diverso, ma tutte le iniziative nascono dall’impegno del senior management e da un gruppo di collaboratori che rendono la community una realtà.
Tutti i percorsi seguiti hanno alcuni tratti simili.
In primo luogo, vengono individuati e ingaggiati i dipendenti che hanno più capacità creativa e imprenditoriale all’ interno dell’impresa.
I membri della community dovrebbero provenire da tutti i livelli aziendali, e tutte le business unit dovrebbero essere rappresentate.
Successivamente si dovrebbero creare momenti focalizzati di collaborazione interfunzionale (digital workshop, hackathoninterni, innovation lab) in cui i dipendenti sono chiamati a risolvere problemi di business in modo creativo, con un orizzonte temporale definito, sperimentando metodologie come design thinking e lean startup, potenzialmente adottabili anche nel day-by-day.
Infine è indispensabile coinvolgere tutti, trovando per ciascuno un ruolo nel percorso di cambiamento che l’impresa sta affrontando.
Il coinvolgimento deve riguardare anche i colleghi più esperti, la cui conoscenza del business, del mercato e delle procedure è indispensabile per innovare senza perdere di vista i risultati aziendali.
Anzichè pensare alla propria forza lavoro come gruppi generazionali separati, si dovrebbe quindi pensare a ogni collaboratore come un protagonista della digital transformation, con le sue peculiari aspettative, preferenze e abitudini.
Who's Who
Marco Planzi
Associate Partner, P4I-Partners4Innovation