Portare la rivoluzione digitale nei processi di produzione, per automatizzare tutta la catena di montaggio, dalla progettazione all’esecuzione, e mettere in comunicazione oltre 50 miliardi di macchine intelligenti. È quanto auspicano molti manager di diversi settori industriali, riuniti intorno al progetto del Digital Manufacturing e Design Innovation Institute (DMDII).
Molti in Europa la chiamano “Industria 4.0” oppure “Internet industriale” (secondo la definizione di General Electric), indicando l’insieme di tecnologie digitali, di tool per dati e analisi che si ritrovano in tutta la filiera della produzione: dalla stampa 3D, robotica, fresatrici di ultima generazione (CNC Mills 1), ai prodotti completi dotati di intelligenza artificiale, come le automobili connesse e gli altri oggetti dell’Internet of Things.
Si tratta di tecnologie che stanno cambiando il modo di progettare, realizzare e distribuire qualsiasi prodotto in tutto il mondo e possono creare un nuovo “filo digitale” in tutta la catena industriale che permette di organizzare e gestire in modo automatico grandi quantità di informazioni. Un cambiamento rivoluzionario, proprio come in passato è avvenuto con l’e-commerce. Nel 2010, quando oltre due miliardi di persone erano connesse online, internet ha contribuito per circa 1,7 miliardi di dollari al PIL globale. Oggi la manifattura è uno dei driver principali dell’economia globale, pari a circa il 16 per cento del PIL mondiale, perciò anche piccoli margini di miglioramento possono portare significanti incrementi.
L’anno scorso, oltre 200 organizzazioni industriali, governative e accademiche si sono riunite per sostenere Digital Manufacturing e Design Innovation Institute (DMDII) nella sfida di portare l’integrazione digitale nell’economia manifatturiera. Oltre 200 milioni di dollari sono stati raccolti per il DMDII e il Governo federale degli Stati Uniti ha contribuito con altri 70 milioni di dollari. Aziende come Caterpillar, GE e P&G sono partner del progetto. La strada, però, è piena d’insidie.
La via verso il digitale è ancora lunga
McKinsey ha condotto un’indagine tra i dirigenti delle società partecipanti al DMDII, dalla quale emerge che sebbene l’80 per cento consideri la produzione digitalizzata come un driver importante di competitività, soltanto il 13 per cento degli intervistati ritiene che la propria azienda abbia un alto tasso di digitalizzazione. Molti, inoltre, credono che nelle loro imprese manchino gli standard, le procedure di data sharing e funzionalità di sicurezza informatica necessarie per arrivare alla rivoluzione digitale.
I manager lamentano anche la difficoltà di usare alcuni dei software più diffusi nella produzione: i programmi CAD (progettazione), ERP (pianificazione delle risorse aziendali), MES (Manufacturing Execution Systems), ad esempio, hanno applicazioni spesso troppo complesse, troppo lente per adattarsi al contesto lavorativo e a volte troppo costose, specie per le piccole e medie imprese. Per raggiungere l’auspicata produzione digitalizzata sono necessari sistemi operativi aperti, multifunzionali e facili da utilizzare.
Un flusso continuo di dati
Il successo dell’implementazione delle tecnologie digitali nella produzione dipenderà dalla costruzione di una comunicazione fluida tra tutti gli anelli della catena industriale, trasformando il flusso continuo di dati in “filo digitale”. Per questo motivo i leader aziendali auspicano di ritrovare nei programmi informatici per la produzione quelle caratteristiche delle applicazioni consumer-based e dei software cloud-based che li rendono aggiornabili, intuitivi da utilizzare e abbastanza accessibili nel prezzo.
In prezzo in gioco è alto perché la digitalizzazione della filiera non solo renderebbe possibile la comunicazione tra individui e macchine, con un netto vantaggio sui costi-benefici, ma potrebbe facilitare anche l’innovazione e la competitività. Innanzitutto, l’aggregazione immediata e l’analisi di grandi quantità di dati che provengono da tutto il ciclo di vita del prodotto consente di migliorare il funzionamento dei macchinari, ridurre il time to market e comprendere meglio le esigenze dei consumatori. Questo renderebbe l’innovazione del prodotto meno casuale, ma più legata a un’attività di analisi, test e simulazioni.
I leader intervistati da McKinsey, in conclusione, sono fiduciosi sui futuri risvolti delle tecnologie digitali nella catena di progettazione e produzione e, dovendo indicare un’area che potrebbe maggiormente beneficiare di questo vantaggio, hanno segnalato la progettazione come settore chiave di applicazione. In particolare, ritengono che la digitalizzazione possa migliorare il confronto tra “come deve essere fatto” il prodotto e “come viene fatto”, in modo da poter apportare correttivi in tempo reale.