I dati sono la bussola per navigare le acque agitate del presente. Crisi energetica, riscaldamento globale, carenza delle materie prime, instabilità economica e geopolitica, spinte contrastanti alla globalizzazione e alla localizzazione.
La conoscenza estratta dai dati con gli Analytics e l’intelligenza artificiale aiuta le organizzazioni a trovare risposte affidabili in uno scenario poco prevedibile. Quelle che lo fanno con successo sono Data Leader – capaci di usare i dati per far evolvere e crescere l’impresa e addirittura generare un cambiamento positivo per la società. Quelle che devono perfezionare la loro data strategy sono i Follower: sono in cammino, guardano alle best practice dei leader e investono. L’indicazione arriva dallo studio di Lenovo “Data for Humanity” realizzato intervistando 600 dirigenti di aziende presenti in cinque paesi (Italia, Francia, Germania, Uk e Usa) e che operano in 10 diversi segmenti di mercato.
Il concetto alla base dello studio va oltre le implicazioni di business, come dimostra il titolo. Quel riferimento all’essere umano è la prima chiave di lettura, spiega Alessandro de Bartolo, Country General Manager & AD di Lenovo Infrastructure Solutions Group.
«La tecnologia e i dati possono aiutare l’umanità? La nostra risposta è sì. Eleviamo il ruolo della tecnologia, che non è solo un eccezionale strumento per fare impresa in modo sostenibile, ma aiuta a risolvere le grandi sfide dell’umanità. Per questo Lenovo ha intervistato le aziende globali su grandi temi come l’analisi dei dati ma anche la condivisione collaborativa, che è la base per il progresso».
Who's Who
Alessandro de Bartolo
Country General Manager & AD di Lenovo Infrastructure Solutions Group
Chi sono i Data Leader e come si colloca l’Italia
Le aziende Data Leader si caratterizzano per la loro superiore capacità di utilizzare i dati per raggiungere gli obiettivi di business. Queste realtà registrano prestazioni di business migliori e adottano politiche di ESG più avanzate rispetto ad altre aziende simili. Sono il 16% del totale degli intervistati. La percentuale maggiore è presente in Francia (20%), seguita dagli Stati Uniti (17%), dalla Germania (17%), dall’Italia (15%) e, infine, dal Regno Unito (11%).
Le organizzazioni intervistate prevedono che gli investimenti in tecnologie e iniziative basate sui dati consentiranno un incremento medio dei propri ricavi di quasi il 50% nei prossimi cinque anni. Sulla base dei ricavi medi annui delle prime 100 società quotate in ciascun Paese preso in esame, ciò equivale, secondo lo studio, a ulteriori 8,5 miliardi di dollari di fatturato a livello globale in cinque anni, di cu 370 milioni di dollari appannaggio delle aziende italiane.
Le sfide da affrontare
Nel nostro Paese, il 66% delle aziende considera la crisi energetica come la sfida più grande, che avrà presumibilmente un impatto moderato o importante sulla propria attività nei prossimi tre anni, anche se solo il 36% sta agendo con progetti a livello triennale.
Il cambiamento climatico è il secondo maggior elemento di preoccupazione: il 59% lo considera una minaccia per la propria attività e il 57% una minaccia per la stabilità globale. Ma se ne sta occupando solo il 34% degli intervistati. La disoccupazione è un’altra questione chiave identificata dal 57%, su cui però sta intervenendo solo il 18% del campione.
La difficoltà di reperire le competenze e di definire le strategie sui dati potrebbe essere la ragione principale della carenza di Data Leader in Italia. Il 51% delle aziende italiane dichiara di non possedere le competenze informatiche e, più in particolare, le competenze legate ai dati necessarie per condividere i dati con partner/organizzazioni esterne, rispetto al 46% delle aziende globali prese in esame dal report. Sempre il 51% afferma che la dirigenza non ha ancora messo in atto strategie per la condivisione dei dati, rispetto al 37% delle aziende globali.
Lenovo, come si diventa Data Leader
L’83% dei Data Leader a livello globale afferma che le proprie soluzioni per i dati sono altamente automatizzate (rispetto al 57% delle aziende italiane). L’81% utilizza piattaforme in grado di condividere facilmente i dati con i partner (54% in Italia), il 78% archivia la maggior parte dei propri dati nel Cloud (52% in Italia). il 79% è convinto che i propri dati siano al sicuro (rispetto al 51% delle aziende italiane).
Le aziende italiane stanno seguendo l’esempio dei Data Leader potenziando la spesa in tecnologia: oltre il 90% prevede di investire almeno 1 milione di dollari in tecnologie e in iniziative data-driven nei prossimi 12 mesi.
Tuttavia, la tecnologia non basta. «Per diventare Data Leader ci vuole anche la cultura del dato. Più è forte e più saranno efficaci gli investimenti tecnologici – osserva De Bartolo – Sono, però, fondamentali anche le competenze. La loro mancanza è un ostacolo importante alla data leadership. Infine, bisogna disegnare i processi mettendo al centro il dato. E non dimentichiamo l’importanza di avere dirigenti preparati e svolgere un’attività di Change Management.
Partire da un cambio di mentalità
Tutti questi elementi possono aiutare le imprese italiane a far leva sui loro dati e diventare Data Leader». Anche nel budget è necessario un cambio di mentalità, prosegue De Bartolo: «Occorre più dialogo con le line of business interne, che sanno meglio quali dati servono, e più cooperazione tra l’IT e gli altri dipartimenti, non solo tra l’IT e il fornitore tecnologico».
In concreto, che cosa significa avere una strategia sui dati? «Pensiamo alle aziende manifatturiere – indica De Bartolo -. Si parte chiedendosi se ci sono disposizione i dati che servono e, se non ci sono, occorre decidere quali sono necessari per raggiungere gli obiettivi e come estrarli in base agli specifici processi produttivi e aziendali».
Per generare i dati utili il manufacturing può, per esempio, dotare i processi di sensori, con applicazioni come il riconoscimento dei difetti di produzione. Il dato va rilevato non solo alla fine del processo produttivo, ma ripensando il processo in funzione del dato in modo da individuare l’errore a monte e prevenirlo. Poi, ci vogliono le tecnologie per raccogliere ed elaborare il dato laddove viene generato: non solo nel data center, ma anche localmente con l’Edge Computing.
Lenovo, le best practice e la condivisione collaborativa dei dati
Condividere le best practice tra imprese è un altro modo per migliorare la capacità delle imprese italiane di usare i dati a loro vantaggio. «I protagonisti dell’ecosistema digitale, come i fornitori, devono fare la loro parte nel diffondere esempi di successo e anche di errori da evitare. Case study da condividere, in collaborazione con le associazioni di settore e forti del sostegno del PNRR, che è un grande stimolo», afferma De Bortolo.
Oltre alle case study, esiste anche la possibilità di condividere dei dati. «Ci sono settori che beneficiano altamente della condivisione della conoscenza. Pensiamo alla ricerca sul virus del Covid 19». In questo caso c’è stata condivisione di capacità elaborativa, di dati e competenze e questo mix virtuoso porta a risultati concreti.
Per questo il titolo della ricerca di Lenovo parla di Data for Humanity: «Mettere a fattor comune i dati e la conoscenza può risolvere più velocemente ed efficacemente i grandi problemi dell’umanità, dalle malattie alla crisi climatica. Nelle imprese commerciali è chiaro che si tende a proteggere le informazioni dalla concorrenza, ma non tutti i dati sono sensibili e comunque è sufficiente anche condividere solo la modalità e i metodi con cui si procede verso la data leadership, adottando il modello della co-petition di cui in Italia ci sono diversi esempi, anche nella media impresa».
Nella ricerca Data for Humanity più del 60% delle aziende italiane ha detto che un approccio collaborativo ai dati potrà supportarle nell’affrontare la crisi energetica, il cambiamento climatico e le altre grandi sfide del presente e del prossimo futuro.
Mancano le competenze per sbloccare il vero valore dei dati
Rispetto alla media globale, le imprese italiane sono più propense a utilizzare i dati per migliorare parametri relativi al business: costruire Smart Workplace (63% contro la media del 55%) e prevedere le future prestazioni di business (61% contro la media del 56%). Siamo allineati alla media (60%) sul miglioramento della Customer Experience e fidelizzazione dei clienti. Poco sotto la media (60% contro 61%) sull’uso dei dati per i progressi sugli obiettivi ESG, di nuovo sopra sull’uso dei dati per la partecipazione all’ecosistema di partner (59% contro la media del 56%) e sull’uso dei dati per risolvere la carenza dei talenti (57% contro 53%).
Meno di un terzo (32%) delle aziende italiane possiede le competenze e le capacità necessarie per realizzare strategie relative ai dati (rispetto al 35% in generale). Poco più di un quarto (26%) è convinto di riuscire a realizzare iniziative strategiche legate ai dati nel corso del prossimo anno. Il 52% afferma che il reclutamento dei talenti giusti sarà importante per sbloccare il valore dei propri dati.
Inoltre, solo il 21% delle aziende italiane può contare su dipartimenti IT in grado di fornire regolarmente consulenza alla C-suite su iniziative strategiche basate sui dati, una percentuale che ci colloca ultimi tra i cinque paesi analizzati.
Quattro priorità strategiche per le imprese italiane
Da Lenovo arriva alle aziende italiane un piccolo vademecum sulle linee guida da mettere in pratica per guadagnare la Data Leadership:
- Incoraggiare la collaborazione tra il team IT e il resto dell’azienda per realizzare iniziative basate sui dati;
- Assicurarsi che la piattaforma aziendale supporti la condivisione dei dati con i partner;
- Creare processi e linee guida chiare ed efficaci per la protezione dei dati, prerequisito essenziale per avviare partnership tra organizzazioni di diversi settori;
- Migliorare l’alfabetizzazione sui dati a tutti i livelli aziendali: molte aziende italiane sono in ritardo nel percorso di trasformazione digitale perché mancano le competenze e le capacità necessarie.
Non è solo questione di data leadership ma di culture leadership, un cambio di prospettiva che rappresenta il vero salto di qualità nella creazione di conoscenza. Per il business e per l’umanità.